Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48489 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48489 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FUMUSO SALVATORE N. IL 15/01/1958
avverso la sentenza n. 526/2012 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
20/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 13/11/2013

20675/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 marzo 2013 la Corte d’appello di Trieste ha respinto l’appello
proposto da Fumuso Salvatore avverso sentenza del 6 dicembre 2011 con cui il Tribunale di
Udine, sezione distaccata Cividale del Friuli, lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di
arresto ed C 1800 di ammenda per il reato di cui agli articoli 110 c.p. e 256, comma 2, d.lgs.
152/2006, perché, in concorso con altri due soggetti e in qualità di titolare di una ditta edile
proprietaria di un terreno, effettuava su di esso gestione non autorizzata di rifiuti pericolosi

2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo tre motivi. Il primo motivo denuncia
motivazione apparente, che violerebbe la necessità del confronto col primo giudice punto per
punto e analiticamente„ senza possibilità di rimandare alle sue valutazioni pedissequamente e

per relationem. Il secondo motivo denuncia violazione delle norme sulla valutazione delle
prove, con particolare riguardo all’articolo 192, c.p.p., e in ispecie ai suoi commi terzo e
quarto: sarebbero stati travisati, perché omessi o trascurati, i contributi probatori difensivi e
anche le testimonianze dei confinanti Fabbro Giovanni, Fabbro Luca e Fabbro Walter
confermerebbero il travisamento. Il terzo motivo denuncia estinzione per prescrizione del
reato, in quanto avvenuto nella primavera del 2007.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1 II primo motivo non ha consistenza sia sotto il profilo giuridico – è noto, infatti, che il
giudice di secondo grado può avvalersi della motivazione del giudice di primo grado, secondo il
principio della integrazione reciproca tra le motivazioni dei due gradi di merito, quando sono
accomunate sul piano strutturale e argomentativo, come in questo caso è avvenuto, per
ricostruire il fatto (di recente v.Cass. sez. III, 1 dicembre 2011-12 aprile 2012 n. 13926, che
evidenzia come “Le sentenze di primo e di secondo grado si saldano tra loro e formano un

unico complesso motivazionale, qualora i giudici di appello abbiano esaminato le censure

(materiale da costruzione contenente amianto) e non pericolosi, provenienti da demolizione.

proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti
riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai fondamentali passaggi logico-giuridici della
decisione”),

il percorso analitico di confronto essendo necessario soltanto ai fini della

confutazione qualora il giudice di secondo grado riformi una sentenza assolutoria, in tal caso
dovendosi dimostrarne l’insostenibilità sul piano logico e giuridico quantomeno sugli argomenti
più rilevanti tramite una motivazione che si sovrapponga a tutto campo su quella del primo
giudice (Cass. sez. VI, 29 aprile 2009 n. 22120;Cass. sez. V, 5 maggio 2008 n. 35762) – sia in
termini strettamente motivazionali. La doglianza che il giudice di secondo grado abbia
pedissequamente seguito il primo giudice, infatti, non corrisponde al contenuto della sentenza
impugnata. Avendo l’appello lamentato l’erronea valutazione delle risultanze processuali, la

C)

corte territoriale, dopo aver sunteggiato il contenuto della prima sentenza, a ciò non
limitandosi ha riesaminato puntualmente gli esiti testimoniali, e cioè le dichiarazioni del tecnico
dell’ARPA (che aveva trovato i rifiuti sul terreno), del confinante Fabbro Walter (che aveva
visto nel 2008 due persone che scaricavano detriti sul terreno, le quali gli avevano detto di
essere state mandate dall’imputato, e altresì nel giugno 2009 aveva visto l’imputato che con
suo figlio scaricava materiale bituminoso), del confinante Fabbro Giovanni (che aveva visto
operai, “presumibilmente del Fumuso”, smantellare una tettoia di eternit accatastandone le
lastre sul terreno nella primavera del 2007), del confinante Fabbro Luca (che pure aveva visto

dell’imputato, che negava fosse stato depositato eternit nel terreno, affermando di avervi
conferito solo materiale di risulta su incarico dell’imputato e un paio di carriole di detriti);
altresì la corte territoriale ha considerato espressamente le dichiarazioni rese dall’imputato
nell’esame, con cui aveva ammesso di avere conservato la disponibilità del terreno dopo averlo
ceduto ad altro soggetto (REI Srl) per modesti conferimenti temporanei di materiale di risulta,
negando di avervi ammassato eternit. Dopo questo accurato

screening del compendio

probatorio, la corte territoriale ha dunque dedotto che l’imputato era stato proprietario fino a
settembre del 2007 del terreno in questione, che nella primavera del 2007 i suoi operai
avevano smantellato la tettoia lasciando sul posto le lastre di eternit e che il materiale edile di
risulta era stato accumulato prima e dopo la cessione del terreno a REI Srl, anche dagli operai
dell’imputato. È evidente, pertanto, che la corte ha adempiuto in modo completo e adeguato al
suo obbligo motivazionale.
3.2 Il secondo motivo sostiene, in sintesi, che la corte territoriale abbia travisato le
risultanze istruttorie, per non avere considerato, soprattutto, quanto dichiarato dal Fumuso e
dal suo dipendente, e avere male interpretato le dichiarazioni dei confinanti Fabbri. Quanto
appena riportato a proposito del primo motivo evidenzia la manifesta infondatezza di questa
doglianza, non avendo la corte né omesso né trascurato alcuna delle risultanze componenti il
compendio probatorio, e non essendo comunque incorsa in un travisamento del loro
significato.
3.3 D terzo motivo assume la maturata prescrizione del reato sulla base del fatto che
sarebbe stata accertata la sua commissione nella primavera del 2007. La questione è, in buona
parte, fattuale; peraltro, la corte territoriale aveva già chiarito che, da un lato, l’abbandono di
rifiuti sul terreno perdurava fino al 2009 (“risulta che i rifiuti si trovavano in loco quantomeno
dal 2007 e fino al 2009, per cui appare destituita di fondamento la tesi difensiva secondo cui si
sarebbe trattato di una collocazione temporanea”: motivazione, ultima pagina), e che,
dall’altro, trattasi di reato permanente, la cui consumazione perdura fino allo smaltimento o al
recupero. Invero, il reato di deposito incontrollato di rifiuti è permanente, nel senso che dà
luogo ad una forma di gestione dei rifiuti preventiva rispetto al loro recupero e smaltimento;
tale strumentalità prodromica commisura la consumazione del reato, in modo che questa
perdura proprio fino al recupero e allo smaltimento dei rifiuti stessi (cfr. da ultimo Cass. sez.

smantellare tale tettoia nella primavera del 2007), del teste di difesa Ancu Petru, (dipendente

III, 26 maggio 2011 n. 25216). Non è configurabile, dunque, l’estinzione del reato per
prescrizione come prospettato dal ricorrente.
Essendo risultati manifestamente infondati i motivi in esso adotti, il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p.,
al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza
della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è
ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 13 novembre 2013

Il Consigliere Estens

Il Presidente

determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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