Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48487 del 05/11/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 48487 Anno 2015
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CAPOZZI ANGELO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PIVA STEFANO N. IL 14/08/1962
avverso la sentenza n. 3803/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
23/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
Data Udienza: 05/11/2015
12591/15
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
– Vizio della motivazione e mancata/erronea valutazione della prova ex art. 192 c.p.p.
con riferimento alla deposizione della persona offesa, della quale è stata data per
scontata la veridicità.
Vizio della motivazione con riferimento alla prova di reità in relazione al ritrovamento
del coltello ed alle macchie circolari di sangue rinvenute nel corridoio.
– Vizio della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato, desunto dalla
falsità delle accuse.
Vizio della motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche
avvenuta senza indicare quali fossero gli elementi assenti a tal riguardo.
Il ricorso si rivela inammissibile.
Il primo e secondo motivo sono in fatto, sostanzialmente riproduttivi dei rispettivi motivi di
appello, che sono volti ad una rivalutazione degli elementi probatori considerati dalla Corte
senza vizi logici e giuridici.
Il terzo motivo è manifestamente infondato in relazione alle peculiari e significative
circostanze della accusa calunniosa.
Il quarto motivo è generico rispetto al corretto giudizio di immeritevolezza espresso dalla
sentenza.
All’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle
ammende, che stimasi equo quantificare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.
Roma, 5.11.2015
L’imputato PIVA Stefano ricorre, a mezzo del difensore, contro l’indicata sentenza della Corte
d’Appello di Firenze che ha confermato quella emessa dal Tribunale di Arezzo in data
30.1.2013, appellata dallo stesso imputato, riconosciuto responsabile in ordine al reato di cui
all’art. 368 c.p. e condannato a pena di giustizia.