Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48476 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48476 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MICELI GAETANA N. IL 01/09/1936
avverso la sentenza n. 4481/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 18/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

,-…e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

AL evair-o■r-t Y

Data Udienza: 07/11/2013

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Agrigento, con sentenza del 30/6/2011, dichiarava Gaetana
Di Miceli responsabile dei reati di cui agli artt. 44, lett. b), 61 n. 2
cod.pen., 64 e 71, 65 e 72, 93 e 95 d.P.R. 380/01, e la condannava alla
subordinata alla demolizione del fabbricato abusivo entro giorni 90 dal
passaggio in giudicato della sentenza.
La Corte di Appello di Palermo, chiamata a pronunciarsi sull’appello
interposto nell’interesse della prevenuta, con sentenza del 18/1/2013, ha
confermato il decisum di prime cure.
Propone ricorso per cassazione la difesa della Di Miceli, con i seguenti
motivi:
-la responsabilità della prevenuta è stata affermata in difetto di prova,
solo richiamando l’errato principio “sei proprietario e, quindi, ne rispondi
penalmente”;
-ha errato il decidente nel ritenere che per la costruzione della piscina
interrata e del muro di cinta necessitasse il permesso di costruire. A tale
conclusione il giudice di merito è pervenuto non tenendo conto della L.R.
Siciliana 37/85, che prevede per i predetti interventi solamente una
autorizzazione; quanto, di poi, alla realizzazione della veranda bisognava
ricordarsi dell’art 20, L.R. 4/2003 e capire se l’opera rientrasse proprio in
quell’ambito;
-insussistenza delle contestate violazioni della normativa in materia di
edificazioni in c.a., in quanto, ad eccezione della piscina interrata,
nessuna opera in c.a. è stata realizzata;
-vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche;

i

pena di giorni 24 di arresto ed euro 16.000,00 di ammenda; pena sospesa

-vizio di motivazione in ordine alla subordinazione del beneficio ex art.
167 cod.pen. alla demolizione delle opere abusive;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.

permette di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione
motivazionale, adottata dal decidente.
Vale a delineare la compiutezza e la esaustività del discorso giustificativo,
sviluppato dalle curie di merito, quanto di seguito si va ad osservare:
-non v’è dubbio che il tipo di attività edificatoria che si stava svolgendo
sul fondo dell’imputata sia da qualificare come attività edilizia, in quanto
la realizzazione di un nuovo manufatto, delle dimensioni riscontrate,
incide in termini assai rilevanti, su tutti i parametri urbanistici ed edilizi,
quali volume, superficie, sagoma e prospetto. Peraltro, anche per la
costruzione di una piscina, se pure in parte interrata, e di un muro di
cinta, delle dimensioni rilevate, vale la stessa qualificazione, in quanto
dette opere, determinanti una evidente incidenza sui parametri edilizi,
necessitano il previo rilascio del titolo abilitativo ( Cass. 29/4/2003,
Agresti );
-i decidenti hanno evidenziato come dalla documentazione in atti emerga
che gli agenti di P.M. del Comune di Palma di Montechiaro, in sede di
sopralluogo, ebbero ad accertare la realizzazione, in difetto di titolo
abilitativo e in zona sismica, di un manufatto edilizio, con interventi in
cemento armato, composto da una elevazione fuori terra, di mq. 55 e di
altezza media di mt. 2,65, con struttura portante in conci di tufo e travi in
legno; nonché di una piscina, a forma irregolare, di superficie di mq.90 e,
infine una recinzione in conci di tufo, di lunghezza pari a mt. 90 e altezza,
variabile, tra 0,95 e 2,20;

Z,

x

Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta la impugnata pronuncia,

-sui luoghi i predetti agenti riscontravano la presenza della Di Miceli,
proprietaria dell’area su cui era stata impostata la edificazione predetta.
E’ evidente, come a giusta ragione ritenuto dal giudice di merito, che la
prevenuta, quale proprietaria del terreno in questione, era interessata
alla realizzazione su di esso del manufatto de quo; peraltro, non si può
opere de quibus, desumibile proprio dalla rinvenuta presenza di costei in
loco, che elimina ogni dubbio sulla possibile ignoranza della imputata in
ordine ai lavori in corso di edificazione.
Di poi, la Corte Territoriale ha ritenuto di confermare la tesi accusatoria in
relazione alle ulteriori violazioni contestate alla Di Miceli, attinenti al
mancato rispetto delle normative sulle edificazioni in c.a. e antisismica,
vista la mancanza di assolvimento da parte della interessata ad ogni
adempimento prescritto da dette disposizioni.
A fronte di quanto osservato in relazione al discorso giustificativo posto a
fondamento della pronuncia di condanna, va evidenziata l’assoluta
infondatezza delle censure mosse con i motivi di annullamento, formulati
in ricorso, che palesano, peraltro, una totale assenza di logica giuridica, in
quanto il dedotto si pone in contrasto evidente con i principi in materia
urbanistica-edilizia affermati, in maniera univoca da questa Corte.
Si ritiene, quindi, di riscontrare, in maniera puntuale, le censure mosse,
evidenziandone la assoluta mancanza di fondamento, col rilevare che:
-in ordine alla responsabilità della prevenuta, per i reati alla stessa
contestati, come ut supra evidenziato, la Corte distrettuale ha fornito una
giustificazione esente da vizi, richiamandosi alle emergenze istruttorie,
che hanno rappresentato la Di Miceli, unico soggetto interessato alla
edificazione dell’abuso, presente sui luoghi al momento
dell’accertamento e proprietaria del terreno su cui è stato edificato
l’immobile abusivo;

3

dubitare della consapevolezza della stessa in ordine realizzazione delle

-in relazione alla violazione delle disposizioni dettate sulle edificazioni in
zona sismica nessun adempimento risulta ottemperato dalla prevenuta;
-la doglianza in relazione alla realizzazione di opere in c.a. non può
trovare ingresso, in quanto sul punto nessuna censura risulta sollevata in
sede di merito, e ciò ne preclude la relativa proposizione in questa sede,
parte del giudice di merito;
-il diniego delle attenuanti generiche è stato compiutamente
argomentato dal giudice di merito, il quale ha indicato quale elemento
ostativo all’accoglimento della invocata istanza la gravità del fatto, vista la
considerevole dimensione dell’opera abusiva;
-corretta del pari è da ritenere la subordinazione del beneficio ex art. 163
cod.pen. alla demolizione dell’opera abusiva, al fine di indurre il
responsabile alla eliminazione di ogni conseguenza dannosa del reato
(28/4/2005, n. 33289; Cass. 28/5/2004, n. 38739; Cass. S.U. 20/11/1996,
n. 1685).
Inconferente, da ultimo, è da considerare il richiamo alla legislazione
regionale in materia edilizia, perché la stessa non può incidere sui limiti
posti dalla legislazione nazionale e sugli obblighi imposti dalla stessa in
relazione alla esecuzione di interventi che vanno a mutare il territorio in
maniera incisiva ed essenziale, quali quelli eseguiti nella fattispecie dalla
prevenuta.
Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte
Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la
Di Miceli abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, la stessa, a norma dell’art.
616 cod.proc.pen., deve, altresì, essere condannata al versamento di una
somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in
ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.

perché rappresenta un novum, non essendo stata oggetto di vaglio da

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro
1.000,00.

Così deciso in Roma il 7/11/2013.

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