Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48462 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 48462 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– MANCINI AUGUSTO, n. 11/02/1950 a Roma

avverso la sentenza del tribunale di VELLETRI, sez. dist. FRASCATI in data
2/07/2014;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.ssa P. Filippi, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. F. Taglialatela, che ha chiesto
accogliersi il ricorso;

Data Udienza: 25/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 2/07/2014, depositata in pari data, il tribunale
di VELLETRI, sez. dist. FRASCATI, condannava MANCINI AUGUSTO alla pena di
500 euro di ammenda per i reati di cui all’art. 674 c.p. ed all’art. 30, comma
primo e terzo, legge n. 394 del 1991, con il concorso di attenuanti generiche,

28/01/2012).

2. Ha proposto appello MANCINI AUGUSTO a mezzo del difensore fiduciario,
trasmesso ex art. 593, ultimo comma, cod. proc. pen., impugnando la sentenza
predetta con cui si doleva, per l’irrilevanza penale dell’attestazione di scarico di
materiale di risulta sub art. 674 c.p.; in sintesi, sostiene l’appellante che non
risultava essersi concretizzata la fattispecie in esame, in quanto i sacchi che
erano stati posti a terra dall’imputato sarebbero stati poi ricaricati dal medesimo
a bordo del veicolo con cui erano stati trasportati, quindi nel caso di specie la
condotta era rimasta allo stadio di tentativo che, non essendo applicabile alle
contravvenzioni, rende del tutto illegittima la sentenza di condanna impugnata.
L’appello peraltro contiene una lunga digressione sulla contravvenzione dell’art.
674 c.p. in cui viene illustrata l’interpretazione giurisprudenziale e dottrinaria
della fattispecie contravvenzionale in esame, sulla cui base viene formulata la
richiesta assolutoria per insussistenza del fatto o, in via subordinata, previa
riqualificazione, rideterminarsi la pena in senso favorevole, riconoscendo le
attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

4. Premessa la qualificazione dell’impugnazione come ricorso per cassazione,
erroneamente proposta come appello, attesa la proposizione della stessa da
parte del difensore iscritto all’Albo dei patrocinanti presso questa Corte, deve
rilevarsi, l’inammissibilità dei profili di doglianza mossi in quanto implicanti, per
lo stesso tenore dell’impugnazione, lo svolgimento di apprezzamenti di fatto,
coerentemente richiesti alla Corte d’appello (ove si fosse trattato di sentenza
appellabile), ma non deducibili invece davanti a questa Corte di legittimità,

2

ritenuta la continuazione tra i predetti (fatti contestati come accertati in data

attesa l’inappellabilità della sentenza di condanna ex art. 593, ultimo comma,
cod. proc. pen.
Ed invero, richiedere a questa Corte di valutare gli elementi dedotti (in
particolare, la circostanza che i sacchi che vennero posti a terra dall’imputato
furono poi ricaricati dal medesimo a bordo del veicolo che li trasportò) equivale
chiedere al giudice di legittimità di esercitare un sindacato di merito sui fatti che
costituiscono il presupposto sulla cui base il giudice di merito ha fondato la

medesimo per i reati contestati, operazione com’è noto inibita in questa sede di
legittimità.
Ed invero, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il principio della
conservazione del mezzo di impugnazione impropriamente proposto può operare
soltanto quando abbia tutti i requisiti sostanziali e formali del mezzo che si
sarebbe dovuto correttamente proporre. Ne consegue che qualora avverso
sentenza di condanna a pena dell’ammenda venga proposto appello con
l’esclusiva deduzione di censure di merito, come nel caso in esame, il ricorso per
cassazione che si sarebbe dovuto ritualmente proporre in suo luogo va dichiarato
inammissibile (Sez. 1, n. 11186 del 06/07/1994 – dep. 09/11/1994, Molinaro,
Rv. 199610).

5. Non miglior sorte merita peraltro la censura ove si ritenga comunque di
doverla valutare in diritto.
Ed invero, il difensore del ricorrente, pur dilungandosi apprezzabilmente su una
ricostruzione esegetica sul tema della contravvenzione di cui all’art. 674 c.p.,
svolge tuttavia censure prive di pregio con riferimento alla pretesa erroneità
dell’impugnata sentenza nel ritenere configurabile, sotto il profilo oggettivo
soggettivo, in particolare il reato di cui all’art. 674 c.p.
Ed infatti, dalla lettura della sentenza impugnata emerge che l’imputato pose in
essere lo scarico di rifiuti speciali in luogo di pubblico transito, con conseguente
configurabilità del reato di getto pericoloso di cose; analogamente risulta
configurabile l’altra contravvenzione, in quanto il luogo ove venne eseguito lo
scarico rientra nel Parco regionale dei Castelli Romani, con conseguente
configurabilità del reato di cui all’art. 30 della legge n. 394 del 1991, trattandosi
di area naturale protetta nella quale l’attività di scarico è vietata in assenza di
nulla osta dell’Ente Parco.
Peraltro, e conclusivamente, poiché è configurabile il concorso formale tra il
reato di cui all’art. 674 cod. pen. e le norme speciali in materia ambientale
(norma tra cui rientra ovviamente la legge n. 394 del 1991), non sussiste
3

valutazione che lo ha condotto ad affermare la responsabilità dell’imputato

rapporto di specialità tra la predetta fattispecie penale e la fattispecie
sanzionatoria di cui all’art. 30, legge citata, in quanto si tratta di norme poste a
tutela di beni giuridici diversi e fondate su diversi presupposti, esulando da tale
ultima fattispecie il fatto di aver cagionato offesa o molestia alle persone (v., per
un’appficazione di tale principio con riferimento alla materia ambientale: Sez. 3,
n. 6419 del 07/11/2007 – dep. 11/02/2008, Costanza e altri, Rv. 239059). E,
nella specie, è evidente che il consistente scarico di rifiuti derivanti dall’attività di

di cose – atteso che la condotta dell’agente era evidentemente atta a provocare,
per la natura e la quantità di ciò che era stato scaricato, molestie alle persone
esposte alle conseguenze dello scarico, in particolare a coloro che percorrevano
la strada pubblica su cui i 40 sacchi erano stati scaricati così rappresentando
anche un pericolo per la circolazione.

6. Il ricorso dev’essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima
equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).
Solo per completezza, si osserva, il termine quinquennale di prescrizione non è
ancora maturato, avuto riguardo alla data del commesso reato (28/01/2012).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 25/11/2015

demolizione integrava la fattispecie di cui all’art. 674 cod. pen. – getto pericoloso

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