Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48460 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 48460 Anno 2013
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Campagna Orazio, nato a Catania il 23/10/1988

avverso la sentenza del 03/04/2012 della Corte di appello di Catania;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Alfredo
P. Viola, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata limitatamente alle statuizioni relative alla parte civile ed il rigetto nel
resto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catania confermava la
pronuncia di primo grado del 28/06/2010 con la quale il Tribunale della stessa
città aveva condannato Orazio Campagna alla pena di giustizia in relazione al
reato di cui all’art. 322, comma 2, cod. pen., per avere, il 10/09/2009, mentre

Data Udienza: 28/11/2013

era detenuto nella casa circondariale di Catania, offerto la somma di 300 euro
all’assistente capo della polizia penitenziaria Rocco Valenti, in servizio in
quell’istituto, per indurlo a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio,
chiedendo di consegnargli un lettore cd-rom del tipo non consentito dai
regolamenti.
Rilevava la Corte di appello come le emergenze processuali avessero
dimostrato la colpevolezza dell’imputato in ordine al delitto ascrittogli, posto che
il prevenuto non aveva negato la storicità dei fatti e non fosse plausibile, come il

di polizia; e come i fatti accertati avessero integrato il reato contestato, tenuto
conto che la somma di denaro era stata chiaramente offerta per indurre il
pubblico ufficiale al compimento di un atto contrario ai suoi doveri, con una
condotta idonea a turbarne psicologicamente il destinatario.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Campagna, con due distinti
atti, uno sottoscritto personalmente ed altro firmato dal suo difensore avv.
Giuseppe Russo, il quale ha dedotto i seguenti tre motivi (di cui il primo comune
ad entrambi i ricorsi).
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello
confermato la sentenza di condanna di primo grado omettendo di pronunciarsi
sulla doglianza concernente l’asserita inattendibilità del teste d’accusa Valenti, il
quale era stato animato da risentimento per essere stato fatto oggetto di un
precedente atteggiamento di scherno da parte dell’imputato e, comunque, era
risultato inattendibile per non avere riferito immediatamente l’accaduto ai suoi
superiori.
2.2. Vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale risposto alla
doglianza formulata con l’appello relativa alla mancanza di prova in ordine alla
contrarietà ai doveri di ufficio dell’atto richiesto, non essendo stato dimostrato
che fosse vietato l’ingresso nell’istituto penitenziario del lettore di cd oggetto
della richiesta.
2.3. Violazione di legge, per avere la Corte distrettuale condannato l’imputato
alla rifusione delle spese di difesa sostenute da una parte civile inesistente, non
essendosi costituito in giudizio, come parte privata, alcun danneggiato.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato nei limiti di seguito precisati.

3.1. Il primo motivo del ricorso (che, al di là del dato enunciativo, si è
sostanziato in una lamentata inosservanza di disposizioni di diritto processuale
penale) è inammissibile perché avente ad oggetto un’asserita violazione di legge
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prevenuto aveva cercato di far credere, che egli avesse scherzato con l’assistente

non dedotta con l’atto di appello, con il quale l’imputato si era doluto solamente
del fatto che le frasi rivolte all’assistente della polizia penitenziaria dal Campagna
fossero state da questi pronunciate solo per scherno, senza mettere in
discussione la violazione delle regole di valutazione dell’attendibilità delle
indicazioni provenienti dal teste d’accusa Valenti (indicazioni la cui obiettiva
corrispondenza al vero, peraltro, era stata sostanzialmente riconosciuta anche
dall’imputato).
L’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. prevede, infatti, espressamente come

questioni non prospettate nei motivi di appello: situazione, questa, con la quale
si è inteso evitare il rischio di un annullamento, in sede di cassazione, del
provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto
alla cognizione del giudice di appello.

3.2. Il secondo motivo del ricorso è manifestamente infondato, avendo la Corte
di merito, con apparato argomentativo sintetico ma congruo, in forma che deve
andare esente da qualsivoglia censura di illogicità, sottolineato come l’offerta,
fatta dall’imputato all’agente Valenti, di quella somma di denaro avesse fatto
seguito ad una battuta sulla scarso valore dell’orologio indossato dal pubblico
ufficiale, in maniera tale da turbare psicologicamente il destinatario, facendogli
intendere che vi era il modo facile per migliorare le sue condizioni economiche; e
fosse stata accompagnata dalla richiesta di consegna di un lettore di cd-rom,
evidentemente di genere vietato, posto che quella profferta aveva avuto un
senso solo se riferita al sollecitato compimento di un atto contrario ai doveri
dell’ufficio (v. pag. 2 sent. impugn.). Né è stata ritenuta rilevante dai Giudici di
merito l’entità della somma offerta, e ciò conformemente all’orientamento della
giurisprudenza di legittimità per il quale, per la configurabilità del delitto di
istigazione alla corruzione, la condotta si realizza anche in presenza di offerta o
promessa di donativi di modesta entità, non essendo richiesto dalla norma
incriminatrice che il denaro o l’altra utilità, offerta o promessa, costituisca
retribuzione per il pubblico ufficiale e che sia proporzionale alla prestazione
illecita richiesta (Sez. 6, n. 48205 del 30/05/2012, Chen, Rv. 254121).
Al riguardo, oltre a non essere configurabile alcuna violazione di legge, non è
neppure ravvisabile un vizio di mancanza di motivazione, in quanto, secondo la
consolidata giurisprudenza di questa Corte, il provvedimento impugnato non è
tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti ed a
prendere in esame dettagliatamente le risultanze processuali, essendo sufficiente
che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze,
spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando

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causa speciale di inammissibilità la deduzione con il ricorso per cassazione di

che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare
implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (così Sez. 4,
n. 26660 del 13/05/2011, Caruso, Rv. 250900; Sez. 2, n. 13151 del
10/11/2000, Gianfreda, Rv. 218590).

3.3. Il terzo motivo del ricorso è, invece, fondato, in quanto dal verbale
dell’udienza del 03/04/2012 svoltasi dinanzi alla Corte di Appello si evince che il

conduce a differenti conclusioni la circostanze che nel fascicolo sia presente una
nota contenente le conclusioni di quel difensore, in quanto priva dell’attestazione
di deposito.
La sentenza gravata deve essere, dunque, annullata senza rinvio con la
eliminazione della statuizione relativa alla rifusione delle spese sostenute dalla
parte civile (indicata al singolare nel dispositivo del provvedimento impugnato).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alle statuizioni in
favore della parte civile.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 28/11/2013

difensore delle parti civili non era presente né aveva formulato conclusioni; non

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