Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48453 del 21/11/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 48453 Anno 2013
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Gurnari Giovanni, nato a Reggio Calabria il 10/08/1970, in qualità di parte
offesa avverso il decreto di archiviazione emesso dal Gip del Tribunale di
Reggio Calabria, in data 23 marzo 2013 nel procedimento penale a carico
di Marino Celestina Fortunata;
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Domenico Gallo;
Letta la requisitoria del sostituto procuratore generale, dr.ssa Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.
Con decreto del 23 marzo 2013 il GIP presso il Tribunale di Reggio
Calabria disponeva de plano l’archiviazione del procedimento penale a
carico di Marino Celestina Fortunata, indagato per appropriazione indebita
in danno di Gurnari Giovanni, nonostante che la parte offesa avesse
proposto opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dal RM.
2.
Contro detto decreto ricorre la persona offesa lamentando violazione
di legge e vizio della motivazione poiché il GIP, a fronte della richiesta di
1
Data Udienza: 21/11/2013
archiviazione del PM e dell’opposizione ad essa proposta dalla parte offesa
aveva de plano disposto l’archiviazione, senza previamente fissare l’udienza
camera le.
1.
Il ricorso è inammissibile.
2.
In punto di diritto deve essere osservato che per consolidata
giurisprudenza di questa Corte Suprema esiste un diritto d’intervento della
parte offesa, che abbia adempiuto l’onere di dichiarazione di cui all’art. 408
c.p.p., comma 2, a prendere visione degli atti, ad interloquire nel
procedimento con la forma specifica dell’opposizione, a fornire materiale
probatorio da sottoporre al giudice e a partecipare all’udienza camerale
fissata a norma degli artt. 409 e 410 c.p.p., qualora – s’intende l’opposizione sia ammissibile (v. Cass. Sez. 3, n. 5202 dell’11.11.2003,
dep. 10.2.2004; Cass. Sez. 5, n. 1206 del 12.3.96, dep. 1.4.96; Cass. Sez.
5, n. 155 del 15.1.93, dep. 1.4.93).
3.
In proposito va ricordato che l’inammissibilità dell’opposizione della
persona offesa dal reato alla richiesta di archiviazione può derivare
esclusivamente dalla mancanza delle condizioni previste dall’art. 410 c.p.p.,
comma 1 e non da altre ragioni.
4.
In particolare è stato statuito che nell’archiviare “de plano” gli atti
nonostante l’opposizione proposta dal denunciante, ai sensi del secondo
comma dell’art. 410 cod. proc. pen., il giudice delle indagini preliminari
deve motivare specificamente in ordine sia alla infondatezza della notizia di
reato che alle cause della inammissibilità (omessa indicazione dell’oggetto
delle investigazioni suppletive e\o dei relativi elementi di prova); in difetto,
si produce una violazione del contraddittorio che è, prima di tutto e in ogni
caso, diritto all’ascolto” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16505 del 21/04/2006
Cc. (dep. 15/05/2006) Rv. 234453).
5.
Pertanto è pacifico che: “L’archiviazione può essere pronunciata “de
plano”, in presenza di opposizione della persona offesa alla richiesta, ove
ricorrano due condizioni, delle quali si deve dare atto con adeguata
2
CONSIDERATO IN DIRITTO
motivazione, e cioè l’inammissibilità dell’opposizione, per l’omessa
indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva, e l’infondatezza della
notizia di reato” (Cass.Sez. 4, Sentenza n. 167 del 24/11/2010 Cc. (dep.
04/01/2011 ) Rv. 249236).
6.
Nel caso di specie il Gip legittimamente ha ritenuto l’opposizione
inammissibile, motivando sull’improcedibilità dell’azione penale per querela
pen. E’ proprio la ricorrenza della circostanza esimente di cui all’art. 649
cod. pen. che rende inammissibile l’opposizione in quanto la persona offesa
non avrebbe mai potuto proporre indagini suppletive idonee ad eliderne
l’incidenza.
Pertanto nessuna censura può essere mossa al provvedimento impugnato
che correttamente ha disposto l’archiviazione “de plano”, essendo
inammissibile l’opposizione proposta dalla parte offesa.
7.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di €.1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2013
Il Consigliere estensore
tardiva e sulla ricorrenza della circostanza esimente di cui all’art. 649 cod.