Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48447 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48447 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Cerrato Ciro, nato a Massa di Somma il 16/10/1988
avverso la ordinanza 17/4/2013 del Tribunale per il riesame di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Luigi Riello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza in data 17/4/2013, Il Tribunale di Napoli, a seguito di

istanza di riesame avanzata nell’interesse di Cerrato Ciro, indagato per il
reato di estorsione, confermava l’ordinanza del Gip di Napoli, emessa in
data 6/4/2013, con la quale era stata applicata al prevenuto la misura
cautelare della custodia in carcere.

2.

Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria fondato

sulle circostanze che avevano portato all’arresto del prevenuto in flagranza

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Data Udienza: 13/11/2013

di reato e sulle stesse ammissioni dell’indagato. Quanto alle esigenze
cautelari, il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di reiterazione del reato,
considerando che la custodia cautelare in carcere appariva l’unica misura
adeguata.

3.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, personalmente

deducendo vizio della motivazione, in relazione agli artt. 275, comma 3 e

valutazione in concreto del pericolo di reiterazione del reato e
dell’adeguatezza della sola misura custodiale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è infondato.

2.

È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di

questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
“l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di
revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice
cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del
tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e
l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità:
1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato;
2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento”. (Cass. Sez. 6A sent. n.
2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).
Inoltre “Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di
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274, lett. c) cod. proc. pen. e dolendosi che il Tribunale non abbia fatto una

riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a
verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato
argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio
ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del

esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità,
quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato,
restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità
della motivazione sulle questioni di fatto”. (Cass. Sez. lA sent. n. 1700 del
20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

3.

Tanto premesso, per quanto riguarda le censure in punto di

fondatezza delle esigenze cautelari, va ricordato che il parametro della
concretezza cui si richiama l’art. 274 cod. proc. pen., lett. c) non si
identifica con quello di attualità del pericolo, derivante dalla riconosciuta
esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati,
dovendo, al contrario, il predetto requisito essere riconosciuto alla sola
condizione necessaria e sufficiente che esistano elementi concreti (cioè non
meramente congetturali) sulla base dei quali possa affermarsi che
l’imputato possa, verificandosene l’occasione, commettere reati della stessa
specie di quello per cui si procede, ossia che offendono lo stesso bene
giuridico (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 28618 del 05/04/2013 Cc. (dep.
03/07/2013 ) Rv. 255857; Sez. 4, Sentenza n. 18851 del 10/04/2012 Cc.
(dep. 16/05/2012 ) Rv. 253864; Sez. 1, 3 giugno 2009, n. 25214,
Pallucchini, riv. 244829; Sez. 1, 20 gennaio 2004, n. 10347, Catanzaro, rv.
227227). Nel caso di specie il Tribunale ha effettuato una valutazione in
concreto della sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, osservando
che la tecnica utilizzata del c.d. “cavallo di ritorno” è «di solito posta in
essere da persone spregiudicate e aduse a condotte criminali» ed a tale
motivazione è conseguente la valutazione di adeguatezza della sola misura
di custodia in carcere. Pertanto risultano destituite di fondamento le censure
sollevate dal ricorrente.

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materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed

4.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

5.

Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione

in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1

copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Si provveda a norma dell’art. 94 Disp. Att. Cod. proc. pen.
Così deciso, il 13 novembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che

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