Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48444 del 17/09/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48444 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
GOGOVA Albena Mikova n. Vidin (Bulgaria) il 26 novembre 1979
avverso l’ordinanza emessa il 28 novembre 2012 dal Tribunale di Cosenza

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Maria Giuseppina Fodaroni,
che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
sentito l’ avv. Pietro Asta del foro di Roma, in sostituzione del difensore di fiducia avv. Giovanni
Brandi Cordasco Salmena del foro di Castrovillari, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 17/09/2013

z

,

Ritenuto in fatto
1.

Con ordinanza in data 29 novembre 2012 il Tribunale di Cosenza ha rigettato la

richiesta di riesame presentata nell’interesse di Gogova Albena Milkova -sottoposta ad indagini,
quale legale rappresentante della società cooperativa Santa Monica in ordine al reato di tentata
truffa aggravata (capo 28) ai danni dell’INPS in relazione al coinvolgimento nella gestione di
una cooperativa tramite la quale era stata realizzata una serie di false assunzioni di braccianti
agricoli- avverso il decreto di sequestro per equivalente emesso 1’8 ottobre 2012 dal giudice

Avverso la predetta ordinanza l’indagata ha proposto, personalmente, ricorso per

2.
cassazione.

2.1 Con il primo motivo si deduce la nullità del provvedimento impugnato, in relazione
agli artt.3 e 111 Cost., per non aver avuto il difensore

“la possibilità di esaminare

integralmente e dall’originale le prove poste a base dell’atto custodiale”;
2.2

Con il secondo motivo si deduce l’assenza di motivazione quanto al fumus boni

iuris e alla strumentalità del bene sequestrato rispetto al reato, non risultando “alcun rapporto
tra la cooperativa dell’indagato ed i fatti oggetto dell’indagato”

né “l’esigenza cautelare del

sequestro del bene ai fini di prova”; si fa rilevare, inoltre, che l’indagato” è incensurato e che
il giudice per le indagini preliminari aveva “dovuto escludere” il reato associativo limitandosi a
disporre l’applicazione della misura cautelare dell’obbligo di firma; si conclude, rilevando
l’omissione di motivazione “su più di un punto” e chiedendo l’annullamento del “provvedimento

di rigetto della richiesta di riesame avverso il decreto di convalida di sequestro pronunciato dal
Tribunale di Cosenza”.
Considerato in diritto
3.

Il ricorso è inammissibile perché del tutto generico.

Le censure sono infatti formulate in modo stereotipato, senza riferimenti alla fattispecie
concreta e senza alcun collegamento con i passaggi della motivazione dell’ordinanza
impugnata, risolvendosi in una serie di doglianze prive di contenuto specifico che non
consentono il controllo di legittimità. La genericità e scarsa coerenza dei ripetuti riferimenti
alla ricorrente come persona di sesso maschile e alla misura cautelare personale applicata e,
inoltre, l’astrattezza delle doglianze specificamente riguardanti il

“decreto di convalida di

sequestro” rendono superflua una compiuta motivazione.
4.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna della

ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle
ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

per le indagini preliminari del Tribunale di Rossano.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma 17 settembre 2013

il cons. est.

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