Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48443 del 20/11/2015
Penale Sent. Sez. 4 Num. 48443 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GIANNITI PASQUALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCUDERI ROSARIA N. IL 07/11/1964
avverso l’ordinanza n. 39/2015 CORTE APPELLO di CATANIA, del
24/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consi gliere Dott. PASQUALE GIANNITI ;
lette/selgfte le conclusioni del PG Dott.
a
t\_,e_ L.<7_ e-52 C tiLk e"à..) C.0(4.X.CL,t/S 0,u, 0..ee_eo
e ce.<_ Q
(atee_ Lreo 0,0 Uditi difensor Avv. ; c;te_e_ it4...a4/1-"- AA.A.^‹5 LCD z,4 deci r clizee
ckp_ Lo_ atee'(vtek--0 e„-t-ià. Q t-a-zA Data Udienza: 20/11/2015 RITENUTO IN FATTO 1.Scuderi Rosaria veniva in arresto in flagranza e giudicata con rito
direttissimo per il reato di coltivazione di stupefacenti in concorso con il coniuge
Greco Nunzio. Per tale ragione veniva sottoposta alla misura degli arresti
donniciliari dal 30 luglio 2013 al 10 settembre 2014.
Occorre aggiungere che la misura degli arresti domiciliari, disposta in
sede di convalida di arresto, veniva confermata dal Tribunale del riesame e, di cassazione, che annullava l'ordinanza con rinvio limitatamente alle esigenze
cautelari. 2.11 Tribunale di Catania pronunciava sentenza di condanna della Scuderi,
ma la Corte di appello, investita del gravame, ravvisando il carattere meramente
passivo del comportamento della donna, pur consapevole dell'attività illecita
posta in essere dal marito - riteneva che si trattasse (non già di una ipotesi di
concorso, ma) di una ipotesi di connivenza non punibile, per cui assolveva
l'imputata. 3.In data 27 gennaio 2015 Scuderi Rosaria, tramite il proprio difensore,
proponeva istanza di riparazione per ingiusta detenzione. 4.La Corte di appello di Catania, con ordinanza 24 marzo 2015,
respingeva l'istanza. 5.Avverso la suddetta ordinanza reiettiva proponeva ricorso la Scuderi,
eccependo violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione. 6.11 Procuratore generale con requisitoria scritta chiedeva dichiararsi
l'inammissibilità del ricorso. 7.- Il Ministero si costituiva a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato
chiedendo dichiararsi l'inammissibilità e comunque respingersi il ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere respinto 2 sotto il profilo della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, anche dalla Corte 2.Le Sezioni Unite di questa Corte, già con l'ormai lontana sentenza n. 43
del 13/12/1995, 1996, Sarnataro, Rv. 203638, hanno avuto modo di ribadire
l'esigenza di mantenere su piani l'operazione logica, propria del giudice del
processo penale, ai fini della individuazione o esclusione della sussistenza di una
reato e della commissione da parte dell'imputato, e quella che spetta al giudice
della riparazione, il quale, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso
materiale, deve seguire un iter logico-motivazionale del tutto autonomo, perché
deve stabilire, non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se alla produzione dell'evento "detenzione".
D'altronde questa Sezione ha di recente precisato che, in tema di
riparazione per l'ingiusta detenzione, la colpa grave, ostativa al riconoscimento
dell'indennità, può ravvisarsi anche in relazione ad un atteggiamento di
connivenza passiva quando, alternativamente, detto atteggiamento: 1) sia indice
del venir meno di elementari doveri di solidarietà sociale per impedire il
verificarsi di gravi danni alle persone o alle cose; 2) si concretizzi non già in un
mero comportamento passivo dell'agente riguardo alla consumazione del reato
ma nel tollerare che tale reato sia consumato, sennpreché l'agente sia in grado di
impedire la consumazione o la prosecuzione dell'attività criminosa in ragione
della sua posizione di garanzia; 3) risulti aver oggettivamente rafforzato la
volontà criminosa dell'agente, benché il connivente non intendesse perseguire
tale effetto e vi sia la prova positiva che egli fosse a conoscenza dell'attività
criminosa dell'agente (Sez. 4, sent. n. 15745 del 19/02/2015, Di Spirito,
Rv. 263139) 3. Alla luce dei suddetti principi, occorre riportarsi al 30 luglio 2013,
allorquando personale della Stazione CC di Acireale si recava in un terreno di
Contrada Mangano, ove era presente la Scuderi, che riferiva che il marito si
trovava intento ad innaffiare le piante.
Sul fondo vi era una coltivazione di circa 80 piante di marjivana,
dell'altezza di due o tre metri, con istallazione di un sistema di irrigazione.
Nell'immediatezza del fatto la Scuderi dichiarava di essere consapevole
della illiceità della coltivazione, ma di aver assecondato il marito in quanto la
famiglia stava attraversando un difficile momento economico. Precisava che le
piante dovevano essere vendute, ma di non conoscere il nome del futuro
acquirente.
Orbene, il giudice della riparazione ha ritenuto che la condotta, posta in
essere dall'odierna ricorrente nell'immediatezza dell'accesso dei militi, si pose
come fattore condizionante (anche nel concorso dell'altrui errore) alla produzione
3 esse si posero come fattore condizionante (anche nel concorso dell'altrui errore) dell'evento "detenzione": le 80 piante di marjivana erano coltivate su terreno
appartenente ad entrambi i coniugi e la donna era consapevole della illecita della
coltivazione praticata dal marito, ma, per sua espressa ammissione, la
accettava, in considerazione dell'interesse dell'intera famiglia a percepire
vantaggi economici dall'attività, con ciò rafforzando oggettivamente la volontà
del marito a continuare nella sua illecita attività.
La motivazione che precede, in quanto coerente con i principi affermati 4.- Ne consegue che il ricorso deve essere respinto e che il ricorrente
deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
Nonostante il rigetto del ricorso, le spese sostenute dal Ministero vanno
interamente compensate, apparendo la memoria dell'Avvocatura caratterizzata
da argomentazioni generiche e comunque meramente enunciative di principi di
diritto. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Spese tra le parti compensate.
Così d so in Roma, il 20 novembre 2015. dalla giurisprudenza di legittimità sopra ricordati, è incensurabile in questa sede.