Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48442 del 17/09/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48442 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
CARAVETTA Antonio n. Corigliano Calabro il 16 marzo 1961
avverso l’ordinanza emessa il 29 novembre 2012 dal Tribunale di Cosenza

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Maria Giuseppina Fodaroni,
che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
sentito l’avv. Pietro Asta del foro di Roma, in sostituzione del difensore di fiducia avv. Giovanni
Brandi Cordasco Salmena del foro di Castrovillari, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 17/09/2013

a
Ritenuto in fatto
1.

Con ordinanza in data 29 novembre 2012 il Tribunale di Cosenza ha rigettato la

richiesta di riesame presentata avverso il decreto di sequestro per equivalente emesso 1’8
ottobre 2012 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rossano nell’interesse di
Caravetta Antonio, socio della società cooperativa Santa Monica, sottoposto ad indagini in
ordine al reato di tentata truffa aggravata (capo 28) ai danni dell’INPS in relazione al
coinvolgimento nella gestione di una cooperativa tramite la quale era stata realizzata una serie
di false assunzioni di braccianti agricoli.
Avverso la predetta ordinanza l’indagata ha proposto, personalmente, ricorso per

cassazione.

2.1 Con il primo motivo si deduce la nullità del provvedimento impugnato, in relazione
agli artt.3 e 111 Cost., per non aver avuto il difensore

“la possibilità di esaminare

integralmente e dall’originale le prove poste a base dell’atto custodia/e”;
Con il secondo motivo si deduce l’assenza di motivazione quanto al fumus boni

2.2

iuris e alla strumentalità del bene sequestrato rispetto al reato, non risultando alcun rapporto
tra la cooperativa dell’indagato ed i fatti oggetto dell’indagato, né “l’esigenza cautelare del

sequestro del bene ai fini di prova”; si fa rilevare, inoltre, che l’indagato è incensurato e che il
giudice per le indagini preliminari aveva “dovuto escludere” il reato associativo, limitandosi a
disporre l’applicazione della misura cautelare dell’obbligo di firma; il ricorrente conclude,
rilevando l’omissione di motivazione

“su più di un punto”, dolendosi della condanna al

pagamento delle spese processuali e chiedendo l’annullamento del “provvedimento di rigetto

della richiesta di riesame avverso il decreto di convalida di sequestro pronunciato dal Tribunale
di Cosenza”.
Considerato in diritto
3.

Il ricorso è inammissibile perché del tutto generico.

Le censure sono infatti formulate in modo stereotipato, senza riferimenti alla fattispecie
concreta e senza alcun collegamento con i passaggi della motivazione dell’ordinanza
impugnata, risolvendosi in una serie di doglianze prive di contenuto specifico che non
consentono il controllo di legittimità. La genericità e scarsa coerenza dei ripetuti riferimenti
alla misura cautelare personale applicata e, inoltre, l’astrattezza delle doglianze specificamente
riguardanti il “decreto di convalida di sequestro” rendono superflua una compiuta motivazione.
4. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende
che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

2.

3

dichiara inammissibile il ricorso e condanna li ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma 17 settembre 2013

il cons. est.

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