Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48440 del 17/09/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48440 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

Data Udienza: 17/09/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
ZANGARO Piero Andrea n. Corigliano Calabro il 24 gennaio 1981
avverso l’ordinanza emessa il 28 novembre 2012 dal Tribunale di Cosenza

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Maria Giuseppina Fodaroni,
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito il difensore, avv. Andrea Antonio Salcina del foro di Rossano, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
osserva:

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Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 28 novembre 2012 il Tribunale di Cosenza ha rigettato la
richiesta di riesame presentata nell’interesse di Zangaro Piero Andrea -sottoposto ad indagini
in ordine ai reati di associazione per delinquere (capo 1) e di truffa aggravata consumata (capo
10) e tentata (capo 16) in relazione alla sua partecipazione all’organizzazione di false
assunzioni di braccianti agricoli tramite cooperative, a due delle quali (Santa Pamela e Santa
Caterina) risultava interessato- e avente ad oggetto il decreto di sequestro per equivalente

2. Avverso la predetta ordinanza l’indagato propone, tramite il difensore, ricorso per
cassazione.

2.1 Con il primo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in
relazione agli artt.309 comma 8, 178 lett.c) e 180 cod.proc.pen. quanto all’omessa notifica al
codifensore avv. Fabio Salcina, nominato unitamente all’avv. Andrea Salcina sin dall’esecuzione
della misura cautelare, dell’avviso di fissazione per l’udienza del 28 novembre 2012 dinanzi al
tribunale del riesame; l’eccezione era stata formulata con la memoria depositata dall’avv.
Andrea Salcina e allegata al verbale di udienza, che era già stato chiuso quando il difensore si
era presentato; si trattava di una nullità a regime intermedio tempestivamente dedotta, ai
sensi dell’art.180 cod.proc.pen., entro il termine di delibazione della decisione, intervenuta nel
caso di specie dopo il deposito della memoria difensiva; a nulla rileverebbe il deposito della
memoria dopo la chiusura dell’udienza camerale in quanto evidentemente il tribunale, come si
desumeva dalla motivazione dell’ordinanza impugnata, aveva avuto modo di esaminare la
memoria prima della delibazione.

2.2 Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in
relazione agli artt.309, commi 5 e 8, e 325 (rectius, 324), comma 5, cod.proc.pen. per la
mancata dichiarazione di perdita di efficacia della misura cautelare reale essendo la decisione
intervenuta il 29 novembre 2012, oltre il termine complessivo di quindici giorni dalla

emesso 1’8 ottobre 2012 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rossano.

presentazione della richiesta di riesame avvenuta il 26 ottobre 2012; il pubblico ministero non
aveva infatti rispettato il termine di cinque giorni disposto dall’art.309, comma 5,
cod.proc.pen.; il tribunale del riesame non aveva tenuto conto dell’orientamento espresso dalla
terza sezione penale di questa Corte che, nella sentenza n.24163 del 16 giugno 2011, aveva
sostenuto la tesi della perentorietà del termine di cinque giorni, per la trasmissione degli atti al
tribunale da parte dell’autorità giudiziaria procedente, nei giudizi di riesame dei sequestri; il
contrasto giurisprudenziale con altre pronunce della Corte era stato portato all’attenzione delle
Sezioni unite penali, che non erano tuttavia entrate nel merito.

2.3 Con il terzo motivo si deduce la mancanza assoluta di motivazione o l’illogicità della
stessa circa il ruolo svolto dal ricorrente nella vicenda in esame, in quanto nelle conversazioni
intercettate si faceva il nome di tale Zangaro Pietro Andrea (mentre l’indagato non ha il

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secondo nome di Andrea), e circa il sequestro di tre unità immobiliari di cui il ricorrente era
solo usufruttuario essendone nudo proprietario il figlio minorenne Zangaro Francesco; nel
ricorso si rileva che, se il diritto di usufrutto è astrattamente confiscabile (e quindi
sequestrabile), non possono tuttavia essere confiscati, né tanto meno essere sequestrati, beni
appartenenti a terzi (art.322

ter cod.pen.); sul punto la motivazione del provvedimento

impugnato sarebbe del tutto superficiale, non essendosi tenuto conto che la nuda proprietà dei
beni immobili in questione era di un soggetto estraneo al reato (il figlio minorenne

Considerato in diritto
3. Il ricorso va rigettato.
3.1 II primo motivo è infondato.
Il Tribunale correttamente ha ritenuto sanata la nullità dedotta dal difensore dopo la
chiusura dell’udienza camerale fissata per la trattazione della richiesta di riesame. Infatti
l’eccezione relativa al mancato avviso della fissazione dell’udienza camerale al codifensore avv.
Fabio Salcina (la cui nomina, peraltro, non è allegata al ricorso, né risulta dagli atti trasmessi a
questa Corte) è stata proposta nella memoria depositata dall’avv. Andrea Salcina solo dopo la
chiusura del verbale, e non nel corso dell’udienza. A questo riguardo si osserva che le Sezioni
Unite di questa Corte con la sentenza n.39060 del 16 luglio 2009, ric. Aprea, (v. anche Sez.Un
n.6 del 25 giugno 1997, imp. Gattellaro, e n. 33540 del 27/06/2001, imp. Di Sarno) hanno
affermato il principio che la nullità di ordine generale a regime intermedio derivante
dall’omesso avviso ad uno dei due difensori di fiducia deve essere eccepita, ad opera dell’altro
difensore, al più tardi immediatamente dopo gli atti preliminari, prima delle conclusioni qualora
il procedimento non importi altri atti, in quanto il suo svolgersi (in udienza preliminare,
riesame cautelare o giudizio) presume la rinuncia all’eccezione (in motivazione la Corte ha
affermato che non è possibile far valere successivamente l’interesse dell’imputato non
comparso ad essere assistito anche dal difensore non avvisato, in quanto tale interesse non è

dell’indagato).

riconoscibile in sede di impugnazione del provvedimento conclusivo del giudice). Le Sezioni
Unite, inoltre, con la sentenza n.22242 del 27 gennaio 2011, ric. Scibè, hanno enunciato il
principio che il termine ultimo di deducibilità della nullità a regime intermedio, derivante
dall’omessa notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale di appello ad uno dei
due difensori dell’imputato, è quello della deliberazione della sentenza nello stesso grado,
anche in caso di assenza in udienza sia dell’imputato che dell’altro difensore, ritualmente
avvisati (fattispecie relativa a giudizio abbreviato in grado di appello). Le Sezioni Unite nella
medesima sentenza hanno puntualizzato, peraltro, che nell’udienza camerale, in cui i difensori
sono sentiti solo se compaiono (art. 127, comma 3, cod.proc.pen.), l’omesso avviso della data
dell’udienza ad uno dei due difensori di fiducia non determina l’assenza della difesa, poiché il
difensore avvisato, anche se non compare in udienza, “formalmente è come se fosse presente”

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(principio già affermato in Cass. Sez. Un. 25 giugno 1997 n. 6, Statella e altri). Correttamente,
pertanto, nell’ordinanza impugnata si è ritenuto che la nullità a regime intermedio, deducibile
entro il termine dell’udienza, dovesse considerarsi sanata.
2. Il secondo motivo è parimenti infondato.
Recentemente le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.26268 del 28 marzo
2013, ric. Cavalli, hanno stabilito, nell’affrontare il problema del coordinamento tra gli artt.324

citata nel ricorso (Cass. sez.III 3 maggio 2011 n.24163, Wang Zuojiong: v. ordinanza di
rimessione n.5658/2013 della V sezione penale), che nel procedimento di riesame delle misure
cautelari reali non trova applicazione il termine perentorio di cinque giorni entro cui devono
essere trasmessi gli atti al tribunale, previsto dall’art. 309 comma 5 cod.proc.pen., con
conseguente perdita di efficacia della misura cautelare impugnata in caso di trasmissione
tardiva, ma il diverso termine indicato dall’art. 324 cod.proc.pen. che ha natura ordinatoria.
Del resto la precedente giurisprudenza di legittimità sul punto era consolidata nel senso che,
anche dopo le modifiche dell’art.309 cod.proc.pen. introdotte dalla legge 8 agosto 1995 n.332,
art.16, il termine meramente ordinatorio di un giorno per la trasmissione degli atti per il
riesame delle misure cautelari reali continuasse a trovare applicazione, non potendo ritenersi
esteso alla procedura ex art.324 cod.proc.pen. il nuovo dettato dei commi 5 e 10 dell’art.309
e, dunque, non dovendosi applicare il termine massimo di cinque giorni, con la relativa
sanzione processuale della decadenza della misura in caso di sua inosservanza (Cass. Sez.Un.
29 maggio 2008 n.25932, Ivanov e, tra le tante emesse dalle sezioni semplici, sez.I 29 marzo
2011 n.34544, Gallace; sez.VI 21 gennaio 2009 n.7475, Andreacchio; sez.II 16 febbraio 2006
n.6597, Pietropaoli; sez.III 8 ottobre 2002 n.42508, Scarpa; sez. I 4 marzo 1999 n.1836,
Rocca; sez-V 8 febbraio 1999 n.698, Zamponi; sez.VI 6 ottobre 1998 n.2882, Calcaterra; sez.I
9 giugno 1998 n.3392, Voltolini; sez.III 9 febbraio 1996 n.639, D’Angiolella).
3. Quanto al terzo motivo, la Corte rileva che le doglianze riguardano in parte la pretesa
carenza o illogicità della motivazione. Secondo quanto affermato più volte da questa Corte,
anche a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. 29 maggio 2008 n.25932, Ivanov; 28 gennaio 2004
n.5876, p.c.Ferrazzi in proc. Bevilacqua; 28 maggio 2003 n.25080, Pellegrino), il ricorso per
cassazione avverso le ordinanze emesse a norma degli artt.322 bis e 324 cod.proc.pen. in
materia di sequestro preventivo e di sequestro probatorio (in quest’ultimo caso per effetto del
rinvio operato dall’art.257 del codice di rito all’art.324 dello stesso codice) può essere proposto
esclusivamente per il vizio di violazione di legge, comprendente sia l’inosservanza o erronea
applicazione della legge penale sostanziale e processuale (art.606 co.1 lett.b e c
cod.proc.pen.), sia il difetto di motivazione che si traduca, a sua volta, in una violazione della
legge processuale (art.125 co.3 cod.proc.pen.) perché l’apparato argomentativo manchi
completamente o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di ragionevolezza

e 309 del codice di rito anche a seguito della sentenza della III sezione penale di questa corte

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che consentano di rendere comprensibile l’iter logico posto a fondamento del provvedimento
impugnato (motivazione meramente apparente). La Corte rileva che l’ordinanza impugnata non
risulta carente di motivazione, avendo il giudice di merito ritenuto, con puntuali richiami alle
risultanze investigative, che dalle intercettazioni emergesse come lo Zangaro fosse
concretamente interessato alle sorti delle cooperative gestite dai coindagati Linardi e Berardi
con i quali aveva rapporti finalizzati a procurarsi buste paga e CUD da commercialisti della zona
al fine di formare i pacchetti di braccianti agricoli falsamente assunti.

ordine alle unità immobiliari di cui è nudo proprietario il figlio minorenne Zangaro Francesco e
di cui il ricorrente è solo usufruttuario, la Corte osserva che nel ricorso non si contesta che il
diritto di usufrutto possa essere astrattamente confiscabile, e quindi sequestrabile, ma solo che
nel caso di specie sono stati sequestrati beni di cui è nudo proprietario il figlio minorenne dello
Zangaro. A questo riguardo la Corte osserva che è il terzo intestatario del bene, quindi il figlio
minorenne del ricorrente rappresentato nelle forme previste dalla legge, interessato e quindi
legittimato a far valere il suo diritto di proprietà sui beni sequestrati e la sua estraneità al
reato. Pur non potendosi in astratto profilare un contrasto di interessi tra nudo proprietario e
usufruttuario del bene sequestrato con riferimento al sequestro e alla confisca, essendo le due
posizioni giuridiche complementari e rivolte univocamente a contrastare il provvedimento
ablativo (Cass. sez.VI 16 maggio 2005 n.22477, Mione), nel caso in esame la doglianza è stata
tuttavia formulata dal ricorrente nell’ambito di un ricorso presentato esclusivamente nel suo
interesse (come risulta dall’intestazione) e non anche nell’interesse del figlio, le cui ragioni di
terzo interessato titolare di un autonomo diritto avrebbero dovuto esser fatte valere nel
rispetto delle forme previste dalla legge anche in considerazione della sua minore età.
4. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 17 settembre 2013

il cons. est.

Quanto alla violazione di legge riguardante il sequestro per equivalente disposto in

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