Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48438 del 17/09/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48438 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

Data Udienza: 17/09/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
FILACCHIONE Arturo n. Rossano il 18 novembre 1961
avverso l’ordinanza emessa il 28 novembre 2012 dal Tribunale di Cosenza

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Maria Giuseppina Fodaroni,
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
osserva:

b

,

a

Ritenuto in fatto

1.

Con ordinanza in data 28 novembre 2012 il Tribunale di Cosenza ha rigettato la

richiesta di riesame presentata nell’interesse di Filacchione Arturo -sottoposto ad indagini in
ordine al reato di truffa aggravata consumata e tentata (capo 36) ai danni dell’INPS in
relazione alla sua gestione della cooperativa San Marco, coinvolta in una serie di false
assunzioni di braccianti agricoli tramite cooperative- avverso il decreto di sequestro per

Rossano.
2.

Avverso la predetta ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso

per cassazione.
Con il ricorso si deduce la violazione di legge in relazione agli artt.324, co.3 e 7,
cod.proc.pen. con riferimento all’art.309, commi 9 e 10, cod.proc.pen. e la violazione
dell’art.125 cod.proc.pen. per la mancata dichiarazione di perdita di efficacia della misura
cautelare reale essendo la decisione sulla richiesta di riesame, presentata il 30 ottobre 2012,
intervenuta solo il 28 novembre 2012, senza il rispetto da parte del pubblico ministero del
termine di cinque giorni disposto dall’art.309 comma 5 cod.proc.pen. per la trasmissione degli
atti da parte dell’autorità giudiziaria procedente al tribunale del riesame; il tribunale del
riesame non avrebbe tenuto conto dell’orientamento espresso dalla terza sezione penale di
questa Corte che, nella sentenza n.24163 del 16 giugno 2011, aveva sostenuto la tesi della
perentorietà del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti nei giudizi di riesame dei
sequestri; si deduce anche la violazione del termine decisionale di dieci giorni dalla ricezione
degli atti che si sarebbe dovuto far decorrere dal 7 novembre 2011, data in cui gli atti erano
effettivamente pervenuti nella cancelleria del tribunale del riesame a corredo di altro atto di
impugnazione proposto questa volta dal pubblico ministero (in cui si faceva riferimento,
tuttavia, agli atti depositati a seguito della richiesta di riesame proposta dagli indagati avverso
“l’ordinanza cautelare”), e non dalla data del 20 novembre 2012 risultante dal timbro di

equivalente emesso 1’8 ottobre 2012 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di

cancelleria.
All’odierna udienza si è data lettura della dichiarazione del difensore di fiducia, avv.
Giovanni Zagarese del foro di Rossano, di adesione all’astensione dalle udienze penali
deliberata in data 6 agosto 2013 dalla Giunta dell’Unione delle Camere penali. La Corte, su
conforme parere del Procuratore Generale, ha rigettato l’istanza adeguandosi
all’interpretazione dell’art.4 lett.a) del Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle
udienze degli avvocati data dalla Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. ord.30 maggio
2013, ric. Ucciero), secondo le quali l’astensione non è consentita in materia penale, tra l’altro,
in riferimento alle udienze “afferenti misure caute/ari”.

Considerato in diritto

ti,

3

3. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Recentemente le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.26268 del 28 marzo
2013, ric. Cavalli, hanno stabilito, nell’affrontare il problema del coordinamento tra gli artt.324
e 309 del codice di rito anche a seguito della sentenza della III sezione penale di questa corte
citata nel ricorso (Cass. sez.III 3 maggio 2011 n.24163, Wang Zuojiong: v. ordinanza di
rimessione n.5658/2013 della V sezione penale), che nel procedimento di riesame delle misure
cautelari reali non trova applicazione il termine perentorio di cinque giorni entro cui devono

essere trasmessi gli atti al tribunale, previsto dall’art. 309 comma 5 cod.proc.pen., con
conseguente perdita di efficacia della misura cautelare impugnata in caso di trasmissione
tardiva, ma il diverso termine indicato dall’art. 324 cod.proc.pen. che ha natura ordinatoria.
Del resto la precedente giurisprudenza di legittimità sul punto era consolidata nel senso che,
anche dopo le modifiche dell’art.309 cod.proc.pen. introdotte dalla legge 8 agosto 1995 n.332,
art.16, il termine meramente ordinatorio di un giorno per la trasmissione degli atti per il
riesame delle misure cautelari reali continuasse a trovare applicazione, non potendo ritenersi
esteso alla procedura ex art.324 cod.proc.pen. il nuovo dettato dei commi 5 e 10 dell’art.309
e, dunque, non dovendosi applicare il termine massimo di cinque giorni, con la relativa
sanzione processuale della decadenza della misura in caso di sua inosservanza (Cass. Sez.Un.
29 maggio 2008 n.25932, Ivanov e, tra le tate emesse dalle sezioni semplici, sez.I 29 marzo
2011 n.34544, Gallace; sez.VI 21 gennaio 2009 n.7475, Andreacchio; sez.II 16 febbraio 2006
n.6597, Pietropaoli; sez.III 8 ottobre 2002 n.42508, Scarpa; sez. I 4 marzo 1999 n.1836,
Rocca; sez-V 8 febbraio 1999 n.698, Zamponi; sez.VI 6 ottobre 1998 n.2882, Calcaterra; sez.I
9 giugno 1998 n.3392, Voltolini; sez.III 9 febbraio 1996 n.639, D’Angiolella).
Quanto alla mancata decisione nel termine di dieci giorni dalla trasmissione degli atti,
la Corte rileva l’infondatezza della doglianza difensiva. Nell’ordinanza impugnata si afferma,
infatti, che in relazione al procedimento di riesame relativo alla misura cautelare del sequestro
gli atti risultavano essere pervenuti in data 20 novembre 2012 “come da timbro della

cancelleria apposto sulla nota di trasmissione, in atti”. Il giudice di merito osserva inoltre, con
argomentazione logicamente coerente, che quanto alle “indicazioni contenute nella copia

dell’atto di appello dei PP.MM . allegato dalla difesa circa la trasmissione degli atti su supporto
informatico, la stessa, a ben guardare, è relativa al riesame dell’ordinanza cautelare e non al
decreto di sequestro che qui si impugna”. Tale conclusione, di per sé esaustiva, risulta peraltro
avvalorata dalla copia dell’attestazione in data 8 gennaio 2013 -trasmessa al tribunale del
riesame di Cosenza unitamente alla relativa documentazione dal dott. Vincenzo Quaranta,
sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rossano, e allegata agli atti- nella
quale si rappresenta che al tribunale del riesame di Cosenza, che avrebbe dovuto pronunciarsi
in ordine alle richieste di riesame riguardanti le misure cautelari reali, vi era stata un’unica
trasmissione degli atti in formato cartaceo in data 20 novembre 2012, mentre la trasmissione
in formato digitale in data anteriore al 7 novembre 2012 (cui si era fatto, per un refuso,

k

erroneo riferimento nell’atto di appello presentato dallo stesso pubblico ministero in data 7
novembre 2012 avverso l’ordinanza in data 30 dicembre 2012 di revoca delle misure cautelari
reali e personali nei confronti di altri tre coindagati) non riguardava le richieste di riesame
presentate al tribunale di Cosenza e aventi ad oggetto il provvedimento impositivo reale dell’8
ottobre 2012.
4. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 17 settembre 2013

il cons. est.

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Ilresidentern
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C._

pagamento delle spese processuali.

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