Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48437 del 21/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 48437 Anno 2013
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Allard Giuseppe, nato a Napoli il 4/2/1958
Grandelli Vincenzo, nato a Napoli il 8/4/1967
Esposito Raffaele, nato a Napoli il 26/6/1966
Perrucci Mario, nato a Napoli il 1/5/1982
avverso la sentenza 26/2/2013 della Corte d’appello di Napoli, IV sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità di tutti i ricorsi;
Udito per Perrucci Mario, l’avv. Roberto Moroni, in sostituzione dell’avv.
Santini Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 26/2/2013, la Corte di appello di Napoli, in

parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di Napoli, in data

Data Udienza: 21/11/2013

21/6/2011, riconosciute a tutti gli imputati le attenuanti generiche
equivalenti alle contestate aggravanti ed alla recidiva, rideterminava in anni
cinque di reclusione ed €. 4.000,00 di multa la pena inflitta a Allard
Giuseppe, Grandelli Vincenzo, Esposito Raffaele e Perrucci Mario per i reati di
rapina, lesioni personali e porto e detenzione di armi da sparo.

3.

Avverso tale sentenza propongono ricorso tutti e quattro gli imputati

mancanza di motivazione sull’insussistenza di cause di proscioglimento, ex
art. 129 cod. proc. pen.; Grandelli Vincenzo si duole di mancanza di
motivazione sulla responsabilità dell’imputato per la rapina a lui ascritta e
contesta la sussistenza dell’aggravante e del reato relativo all’utilizzo di una
pistola, potendo trattarsi di arma giocattolo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Tutti i ricorsi sono inammissibili in quanto basati su motivi non

consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

2.

Per quanto riguarda le doglianze in punto di responsabilità, dalla

sentenza impugnata emerge che, nel corso del dibattimento in appello, tutti
gli imputati hanno dichiarato di rinunziare a coltivare i motivi di merito,
insistendo esclusivamente nella richiesta di temperamento della pena. Di
conseguenza, per il principio devolutivo dell’appello, sono inammissibili tutte
le censure sollevate con i motivi di ricorso che non attengono alla
determinazione della pena.

3.

Ugualmente inammissibili sono le censure in merito al trattamento

sanzionatorio in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti
eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo
motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi
espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero
si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’
stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione

dolendosi del trattamento sanzionatorio. Inoltre Perrucci Mario si duole di

in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o
aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”,
come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009)

misura media di quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere
mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata.

4.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00)
ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presi nte

Rv. 245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA