Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48434 del 18/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48434 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

Data Udienza: 18/11/2015

SENTENZA

su ricor9 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
nei confronti di:
CETRONI VALTER N. IL 14/05/1963
inoltre:
CETRONI VALTER N. IL 14/05/1963
avverso l’ordinanza n. 111/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
30/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI;
lette/seyite le conclusioni del PG Dott.
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RITENUTO IN FATTO

1.-

Il Sig. Cetroni Walter veniva indagato nel procedimento penale n.

702/06 RGNR e n. 597/06 RGGIP, pendente davanti al Tribunale di Velletri, per i
reati di cui agli artt. 81, 110 e 628 comma 3 numero 1, perché, con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso con altre persone non
identificate, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, mediante violenza alla
persona e minaccia, si impossessava di cose mobili altrui; e in particolare perché

scacciacani mod. ME8 cal. 8 priva di tappo rosso ed a puntarla all’indirizzo del
cassiere del supermercato Sídís di Marno, si impossessava di una somma di
denaro in contanti pari ad euro 2927, 64 asportandola dalle casse; e in data 21
gennaio 2006, mediante violenza consistita nel colpire a calci e pugni Ciardi
Sandro si impossessava del telefono cellulare Motorola e di un portafogli
contenente la somma di circa 1000 euro; nonché per il reato di cui agli artt. 582585 cp perché, al fine di commettere il reato di rapina nei confronti del Ciardi,
cagionava al medesimo lesioni guaribili in giorni sette.

2.- A seguito di fermo operato dai Carabinieri di Santa Maria delle Mole in
data 21 gennaio 2006 e a seguito di successiva convalida da parte del Gip con
ordinanza 24 gennaio 2006, il Sig. Cetroni veniva sottoposto dal 21 gennaio al 2
agosto 2006 alla misura della custodia cautelare in carcere e dal 3 agosto al 19
settembre 2006 alla misura custodiale degli arresti domiciliari.

3.- Il Gip del Tribunale di Velletri con decreto 9 settembre 2011 archiviava il
procedimento sul presupposto che il quadro indiziario fosse insufficiente per
l’esercizio dell’azione penale.

4.- In data 6 settembre 2013 il Sig. Cetroni presentava istanza ex art. 314
cpp per l’ingiusta detenzione complessivamente subita, chiedendo che gli fosse
riconosciuto un equo indennizzo pari ad euro 170 mila.

5.- La Corte di appello di Roma con ordinanza n. 561/14, emessa in data 2
ottobre 2014, ritenuta la sussistenza dei presupposti normativi, accoglieva il
ricorso del Cetroní, condannando il Ministero dell’Economia e della Finanza al
pagamento in suo favore della somma di euro 44.600, oltre alle spese di lite.

2

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in data 18 gennaio 2006 mediante minaccia consistita nell’impugnare una pistola

6.- Avverso la suddetta ordinanza proponeva ricorso il Ministero, deducendo
violazione dell’art. 314

1 vizio di motivazione in punto di sussistenza dei

presupposti normativi per il riconoscimento dell’indennizzo.
Secondo l’assunto del Ministero, invero, una serie di circostanze
evidenziavano che il ricorrente con la propria condotta gravemente colpevole
aveva determinato l’adozione della misura cautelare. Tali circostanze
consisterebbero: nel domicilio del Cetroni, in sede di perquisizione a seguito della
denuncia del Ciardi, è stata rinvenuta una pistola semiautomatica del tipo a

comunque percosso il Cíardi provocandogli lesioni, anche se non perseguibili in
mancanza di querela; il Cetroni ha minacciato in udienza di convalida due
testimoni che lo hanno accusato; il Cetroni ha precedenti per rapina.
Lamenta il ricorrente che la Corte si è limitata ad affermare che il
comportamento del Cetroni è qualificabile come colpa lieve senza indicarne le
ragioni.

7.-

Veniva quindi proposto ricorso incidentale nell’interesse del Cetroni,

deducendo vizio di motivazione in ordine alla determinazione del quantum
liquidato e violazione di legge.
Deduceva il ricorrente che la Corte territoriale, dopo aver correttamente
valutato che non emergevano dagli atti comportamenti dell’indagato tali da
contribuire all’adozione o al mantenimento della custodia cautelare e dopo aver
escluso la sussistenza di ipotesi ostative alla liquidazione dell’indennizzo, ha
senza motivazione attenuato l’entità dello stesso rispetto al criterio matematico
applicabile, sull’errato presupposto di una colpa lieve dell’imputato nell’adozione
della misura e di una sua personalità negativa per essere già stato condannato
per rapina. Ha poi escluso l’esistenza nel caso specifico di un maggior danno
conseguente alle vicissitudini familiari patite dal Cetroni ed alla perdita di lavoro
subita in quanto non provate.
Nel ricorso incidentale veniva chiesto che il ricorso principale fosse
dichiarato inammissibile e comunque rigettato nel merito.

8.- Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, chiedeva accogliersi il
ricorso presentato nell’interesse del Ministero e dichiararsi inammissibile il
ricorso presentato nell’interesse del Cetroni.

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salve, che è copia assai fedele di quella utilizzata per la rapina; il Cetroni ha

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso incidentale proposto da Cetroni deve essere dichiarato
inammissibile (fermo restando che le considerazioni sul fondamento del ricorso
del Ministero possono essere prese in considerazione dovendosi equiparare l’atto
prodotto ad una memoria) ed, essendo tardiva (l’ordinanza impugnata risulta
notificata il 13 gennaio ed il ricorso incidentale risulta presentato il 27 febbraio
successivo) non può essere considerato ricorso principale; mentre il ricorso

2. L’inammissibilità del ricorso incidentale proposto nell’interesse di
Cetroni Walter discende dalle considerazioni che seguono.
La disciplina processuale dell’azione per la riparazione dell’ingiusta
detenzione subita deve infatti essere rinvenuta nel codice di procedura penale
nel quale il legislatore ha inteso collocare il procedimento per la sua stretta
connessione con il processo penale e con l’istituto della riparazione dell’errore
giudiziario.
Il problema dell’integrazione con le norme processuali civilistiche può
porsi soltanto nei casi in cui, in assenza di norme in un determinato settore nel
codice di rito penale, la materia resti del tutto priva di disciplina ovvero nei casi
nei quali la natura della controversia richieda l’applicazione dei principi a tale
natura connaturati (per es. ripartizione dell’onere della prova; successione nel
processo; corrispondenza tra chiesto e pronunciato ecc.).
Ma il tema delle impugnazioni è disciplinato interamente dal codice di
procedura penale sia per quanto riguarda il procedimento per la riparazione – che
prevede esclusivamente il ricorso ordinario in cassazione e non anche il ricorso
incidentale – sia per quanto riguarda la materia più generale delle impugnazioni;
e questa disciplina, nel prevedere espressamente, all’art. 595 c.p.p., il solo
appello incidentale, esclude che si tratti di istituto di applicazione generalizzata
avendolo inoltre disciplinato nel titolo relativo all’appello e non in quello relativo
alle impugnazioni in generale. Di ciò si ha conferma nel titolo che riguarda il
ricorso in cassazione che non contempla il ricorso incidentale.
Pertanto, nella suddetta materia, la giurisprudenza di legittimità non ha
mai ritenuto l’ammissibilità del ricorso incidentale in cassazione (cfr. Sez. 4,
sent. 5949 del 1371272002, 2003, Iuliani, Rv. 226151; Sez. 6, 31 gennaio 2001
n. 30597, Rastonig; sez. 3, 7 febbraio 1996 n. 569, Valtorta; sez. 5, 11 gennaio
1993 n. 3694, Diodati).

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presentato nell’interesse del Ministero è fondato e va accolto.

3.- Al contrario il ricorso presentato nell’interesse del Ministero è fondato
e deve essere accolto.
3.1. Al riguardo giova preliminarmente ricordare che le Sezioni Unite, con
sentenza n. 34559 del 26/06/2002, De Benedictis, Rv. 222263, hanno avuto
modo di statuire che: “In tema di equa riparazione per ingiusta detenzione il
giudice di merito, per valutare se colui che la ha patita vi abbia dato o concorso a
darvi causa con dolo o colpa grave, deve, in modo autonomo e completo,
apprezzare tutti gli elementi probatori a sua disposizione con particolare

riveli eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o
regolamenti, fornendo adeguata e congrua motivazione del convincimento
conseguito, che è incensurabile in sede dì legittimità, quando presenti i suddetti
caratteri. Nell’eseguire tale accertamento il giudice deve fondare la deliberazione
conclusiva su fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni, esaminando la
condotta tenuta dal richiedente sia prima sia dopo la perdita della libertà
personale, a prescindere dalla conoscenza da parte di quest’ultimo dell’inizio
dell’attività d’indagine, al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se detta
condotta abbia integrato estremi di reato ma soltanto se sia stata il presupposto,
che abbia ingenerato, pur se in presenza di errore dell’autorità procedente, la
falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla
detenzione con rapporto di causa ad effetto”.
In altra più recente sentenza, le Sezioni Unite, nell’esaminare funditus

l’istituto della riparazione per ingiusta detenzione, hanno pure evidenziato che
risulta legittima una disciplina normativa che preveda, come per l’appunto il
vigente art. 314 cod. proc. pen., l’esclusione dal beneficio in esame di chi,
avendo contribuito con la sua condotta a causare la restrizione, non possa
esserne considerato propriamente “vittima” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 32383
del 27.05.2010, Rv. 247663).
3.2.E questa Sezione ha da tempo avuto modo di precisare che:
-“Il Giudice – basandosi su fatti concreti – deve valutare non se la
condotta integri il reato, ma “solo se sia stato il presupposto che ha ingenerato,
ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della
sua configurazione come illecito penale, dando luogo alla detenzione con
rapporto di causa ad effetto”. Gli elementi di vantazione, quindi, non devono
essere diversi, mentre è differente l’oggetto di verifica: non più la responsabilità
dell’imputato (ragion per cui una sua eventuale assoluzione può non avere alcun
rilievo) ma se la sua condotta – seppur in presenza dell’errore altrui – sia stato
presupposto della falsa apparenza di integrazione dell’illecito penale, e sia legata

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riferimento alla sussistenza, da parte di quest’ultimo, di un comportamento, che

in rapporto di causa-effetto con la detenzione” (Sez. 4, sent. n. 2895 del
13/02/2005, 2006,Mazzei, Rv. 232884);
– condotte sinergicamente rilevanti, rispetto alla cautela sofferta, possono
essere di tipo extraprocessuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere
determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale
(autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano
state escluse dal giudice della cognizione. A tal fine, nei reati contestati in
concorso, va apprezzata la condotta che si sia sostanziata nella consapevolezza

presti sul piano logico ad essere contigua a quella criminale (Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 4159 del 09/12/2008, 2009, Lafranceschina, Rv. 242760).
Ed è stato altresì chiarito che “il sindacato del giudice di legittimità
sull’ordinanza che definisce il procedimento per la riparazione dell’ingiusta
detenzione è limitato alla correttezza del procedimento logico giuridico con cui il
giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l’ottenimento del
beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito,
che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il suo convincimento, la
valutazione sull’esistenza e la gravità della colpa o sull’esistenza del dolo (Sez. 4,
sent. n. 15143 del 19/02/2003, Macrì, Rv. 224576).
3.3. Occorre in questa sede ribadirsi che il giudizio penale ed il giudizio
per l’equa riparazione sono tra di loro autonomi ed impegnano piani di indagine
diversi (quello della sentenza assolutoria di merito, nel quale il giudice penale
deve valutare la sussistenza o meno di una ipotesi di reato e la sua
riconducibilità all’imputato; e quello della riconsiderazione delle vicende
processuali al fine del riconoscimento del diritto all’equa riparazione, nel quale il
giudice, ponendosi in una prospettiva ex ante, deve indicare gli elementi della
condotta che hanno dato origine all’apparenza di illecito penale, ponendosi come
causa o come concausa della detenzione) e che possono portare a conclusioni del
tutto differenti (assoluzione nel processo, ma rigetto della richiesta riparatoria)
sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti (sottoposto nei due
giudizi ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione
differenti). In particolare, è consentita al giudice della riparazione la
rivalutazione dei fatti non nella loro valenza indiziaria o probante (smentita
dall’assoluzione), ma in quanto idonei a determinare, in ragione di una
macroscopica negligenza od imprudenza dell’imputato, l’adozione della misura,
traendo in inganno il giudice. Inoltre, quanto alla utilizzabilità del materiale
probatorio, va osservato che la procedura riparatoria presenta connotazioni di
natura civilistica.

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dell’attività criminale altrui e, nondimeno, nel porre in essere una attività che si

3.4. Tanto premesso e ribadito, nel caso di specie, si ravvisano i vizi
denunciati dall’Avvocatura dello Stato ricorrente.
Invero, la Corte territoriale, quale Giudice della riparazione, nell’ordinanza
impugnata – dopo aver ricordato la vicenda processuale penale (dal fermo
operato dai Carabinieri di Santa Maria delle Mole in data 21.1.2006 alla
ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, poi
sostituita con quella degli arresti domiciliari, fino al decreto di archiviazione) con motivazione non contraddittoria e logicamente ineccepibile ha affermato che

denuncia del Ciardi di una pistola semiautomatica del tipo a salve nel domicilio
del Cetroni in sede di perquisizione, che era copia fedele dell’originale ed era
priva di tappo rosso; minacce proferite dal Ciardi in sede di udienza di convalida
nei confronti dei suoi accusatori; percosse inferte dal Cetroni al Ciardi e lesioni
cagionate allo stesso, anche se non procedibili, per difetto di querela)
integrassero una condotta colpevole.
Senonché, la Corte territoriale non ha indicato le ragioni per le quali detta
colpa debba essere qualificata lieve (e, dunque, non ostativa alla liquidazione
dell’indennizzo) e non grave (e, dunque, ostativa alla liquidazione
dell’indennizzo); e, così operando, è indubbiamente incorsa nel denunciato vizio
di motivazione, di talché la ordinanza impugnata deve essere annullata.

P.Q.M.

Annulla la impugnata ordinanza in accoglimento del ricorso del Ministero
dell’economia e delle Finanze e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di
Roma cui rimette il regolamento delle spese tra le parti anche per il presente
giudizio.
Dichiara inammissibile l’impugnazione del Cetroni Valter e condanna lo stesso al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della
cassa delle ammende.
Roma, 1

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Il Consigliere

Il PresicVente

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Vincenz Romis tiut;

Pasquale Gian

OGRIE

CASSMIONE

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le condotte sospette poste in essere dal Cetroni (rinvenimento a seguito della

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