Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48432 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48432 Anno 2013
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Lauria Antonio, nato a Jesi il 4/11/1982
avverso la sentenza 6/7/2012 della Corte d’appello di Ancona, sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Carmine Stabile, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 6/7/2012, la Corte di appello di Ancona,

confermava la sentenza del Tribunale di Ancona, Sezione distaccata di Jesi,
in data 27/7/2011, che aveva condannato Lauria Antonio alla pena di mesi
sei di reclusione ed C. 200,00 di multa per il reato di appropriazione
indebita.

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello

1

Data Udienza: 21/11/2013

e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale
responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena
inflitta

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame con i quali deduce
3.1

Violazione dell’art. 646. Al riguardo eccepisce che nella fattispecie

Corte territoriale abbia ritenuto integrato il reato di appropriazione indebita
dal semplice inadempimento dell’obbligo di restituire alla persona offesa la
somma di denaro incassata dalla vendita dell’autovettura di costei.
3.2.

Vizio della motivazione in ordine alla sproporzione fra la pena inflitta

e la gravità del fatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti

nel giudizio di legittimità in quanto manifestamente infondati.

2.

Per quanto riguarda la censura relativa alla sussistenza del requisito

dell’interversione del possesso, la questione è stata compiutamente trattata
nella sentenza di primo grado, che ha rilevato come emerge dagli atti che,
a precisa richiesta della querelante, il Lauria rispose che “non le avrebbe
reso quanto le spettava”.

3.

Ugualmente inammissibili sono le censure in merito al trattamento

sanzionatorio in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti
eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo
motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi
espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero
si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’
stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione
in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o

2

non ricorre il requisito dell’interversione del possesso e si duole che la

aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”,
come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009)
Rv. 245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della

mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata.

4.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2013

Il Consigliere estensore

misura media di quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere

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