Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48430 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48430 Anno 2013
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Gaeta Francesco, nato a San Giovanni Rotondo il 7/8/1976
avverso la sentenza 4/5/2012 della Corte d’appello di Ancona, sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Carmine Stabile, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Giovanni Aricò, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATUI)

1.

Con sentenza in data 4/5/2012, la Corte di appello di Ancona, in

parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di Fermo, in data
3/2/2006, dichiarati prescritti i reati satelliti, rideterminava in anni due,
mesi otto di reclusione ed €.666,00 di multa la pena inflitta a Gaeta
Francesco per il reato di rapina aggravata in concorso.

Data Udienza: 21/11/2013

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato personalmente,

sollevando un tre motivi di gravame con i quali deduce:
1) nullità dell’ordinanza 4/5/2012 con la quale veniva rigettata la richiesta
di rinvio per legittimo impedimento del difensore;
2) assenza di motivazione con riferimento alla memoria prodotta dalla

3)

omessa e contraddittoria motivazione in ordine alla richiesta di

assoluzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è infondato.

2.

Il primo motivo è infondato. Infatti, secondo l’insegnamento di

questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6907 del 24/11/2011 Ud. (dep.
22/02/2012 ) Rv. 252401), al procedimento camerale del giudizio
abbreviato di appello non si applica l’art. 420-ter, comma quinto, cod. proc.
pen., che impone il rinvio del procedimento in caso di impedimento del
difensore. Al riguardo la S. C. ha chiarito che, nella menzionata udienza
camerale, la presenza delle parti è facoltativa e solo per l’imputato è
espressamente previsto, dall’art. 599 comma secondo, cod. proc. pen., che,
ove abbia manifestato la volontà di presenziare alla udienza, questa deve
essere rinviata in caso di suo legittimo impedimento.

3.

Per quanto riguarda il secondo ed il terzo motivo con i quali vengono

dedotti vizi della motivazione, in punto di diritto occorre rilevare che la
sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sulle
conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto
organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre
fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Pertanto, il
giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può
limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del
fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 4827 del 28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. 198613, Lo Parco;
Sez. 6, Sentenza n. 11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv. 203073,
Baldini). Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non
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difesa in data 6/2/2012 con allegati;

possano giustificare l’annullamento minime incongruenze argomentative o
l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte,
avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, sempreché tali
elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di
decisività e non risultino, di per sè, obiettivamente e intrinsecamente idonei
a determinare una diversa decisione. In argomento, si è spiegato che non
costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi

può essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma
devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento
che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di
verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se
risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto
argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente
confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000),
Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud.
23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999
(ud. 22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis). Le posizioni della giurisprudenza di
legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di
annullamento la motivazione incompleta ne’ quella implicita quando
l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca
diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno
che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria,
tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da
ribaltare gli esiti della valutazione delle prove.

4.

In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di

secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo
grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni
aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della
difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi
sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che
avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice. In
particolare la sentenza precisa che la prova del DNA certifica la presenza
dell’imputato in Porto Sant’Elpidio la sera precedente la rapina
nell’abitazione di Via Alfieri, con ciò deducendosi che egli accompagnò a
Porto Sant’Elpidio gli autori materiali della rapina, Chiango Gerardo e

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di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non

Lagioia Pasquale, per poi fare rapidamente ritorno in Puglia. Dovendosi
escludere che tale gravoso incombente sia stato sostenuto dal Gaeta per
mera cortesia, la Corte legittimamente ha dedotto da tali elementi indiziari
la prova del coinvolgimento del prevenuto nella rapina con funzioni
organizzative, essendo irrilevante il ruolo preciso dal medesimo svolto. Ne,
d’altro canto il Gaeta ha mai fornito una spiegazione alternativa del suo

5.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, il 21 novembre 2013

Il Consigliere estensore

comportamento.

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