Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48409 del 20/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48409 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KAYS SABRI N. IL 18/01/1960
avverso la sentenza n. 7026/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
29/01/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI
o
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per Q

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Udito, per la p e civile, l’Avv
Uditi IdifensorhAvv.

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Data Udienza: 20/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale di Milano con sentenza 05/05/2014 assolveva per non aver
commesso il fatto Adili Arsen e Kays Sabri dal reato di detenzione di 3 kg di
cocaina, in concorso tra loro e con altri soggetti giudicati separatamente, a fini di
spaccio, detenzione contestata come commessa in Cuggiono in data 20 luglio
2006.
Secondo quanto si legge nel capo di imputazione, ad Adili Arsen

Gabriella e a Pozzini Giovanni (giudicati separatamente, si ribadisce) la sostanza
stupefacente, mentre all’odierno ricorrente Kays veniva contestato di aver
ceduto, su indicazione di tale Hima Redi e nella piena consapevolezza dell’intera
operazione, sostanza da taglio da utilizzare unitamente alla sostanza
stupefacente di cui sopra.

2. Il Pubblico Ministero non impugnava la sentenza di assoluzione nei
confronti di Adili Arsen, mentre la impugnava nei confronti di Kays Sabri, odierno
ricorrente.

3. La Corte di appello di Milano, in accoglimento dell’appello presentato
dal Pubblico Ministero,con sentenza 29/01/2015 condannava il Kays alla pena di
giustizia in relazione all’imputazione di reato sopra indicata.

4. Avverso la suddetta sentenza di condanna proponeva ricorso il kays a
mezzo del suo difensore lamentando la violazione di cui all’art. 606 lett. E) in
relazione all’art. 192 cod. proc. pen.
Secondo la prospettazione del ricorrente – avuto riguardo al capo di
imputazione ed alla circostanza che il Procuratore generale non aveva impugnato
la sentenza di assoluzione di Adili Arsen, che era nelle more passata in giudicato
– è dato da ritenersi ormai storico che Adili Arsen non aveva fornito i 3 kg di
cocaina di cui all’imputazione ai detentori materiali Piedi Gabriella e Pozzini
Giovanni (giudicati separatamente), con la conseguenza che: lo stupefacente
rinvenuto ai predetti Piedi e Pozzini era già dagli stessi detenuto ed era stato
oggetto di compravendita da parte loro separatamente e precedentemente
rispetto alla transazione che aveva avuto ad oggetto la sola sostanza da taglio e
che sarebbe l’unica condotta imputabile al ricorrente.
Invero, aggiunge il ricorrente, tutto il materiale probatorio rappresentato
da intercettazioni telefoniche e di messaggi di testo inerirebbe esclusivamente
alla cessione della sostanza da taglio e mancherebbe nel corpo motivazionale
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(coimputato dell’odierno ricorrente) veniva contestato di aver fornito a Piedi

della sentenza impugnata l’indicazione di elementi diretti a provare, per
riprendere le parole del capo di imputazione, la “piena consapevolezza dell’intera
operazione “da parte del Kays o, quanto meno, la di lui consapevolezza della
detenzione di tre kg di eroina da parte di Piedi e Pozzini. In definitiva, senza
l’individuazione della specifica sostanza stupefacente già esistente e disponibile
per il taglio, la mera fornitura di sostanza da taglio (sia pure costituita da 3 kg di
caffeina e di paracetannolo) non assurgerebbe alla soglia di condotta penalmente

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- Il ricorso non è fondato.

2.- Preliminarmente occorre rilevare che la giurisprudenza di legittimità
ha ripetutamente affermato che dall’attuale assetto interpretativo dell’art. 533,
comma 1, cod. proc. pen., discende una specifica modalità argomentativa della
sentenza di appello che riformi la decisione assolutoria di primo grado. In tale
ipotesi, il giudice del gravame non deve soltanto effettuare una logica
ricostruzione dei fatti e darne adeguatamente conto nella motivazione ma deve
necessariamente confrontarsi, in modo esplicito, con la decisione di primo grado.
Tanto si è verificato nel caso di specie, nel quale la Corte territoriale non
si è limitata ad una valutazione alternativa del medesimo materiale probatorio,
ma ha individuato i punti che rendevano insostenibile la decisione di primo
grado, per errore di valutazione della prova, per snodi illogici del ragionamento,
nonché per omissione di valutazione di elementi fondamentali.

3. Più precisamente, la Corte di appello di Milano, nella impugnata
sentenza:
– dapprima, ha premesso che all’udienza 8 luglio 2010 il teste Romano
Giuseppe, in servizio presso la Guardia di Finanza di Novara, aveva riferito di una
indagine in corso nei confronti di soggetti di etnia albanese implicati in traffici di
stupefacenti nella zona ed aveva aggiunto che da dette indagini era emersa la
figura di tale Hima Redi, che, nel marzo 2006 aveva finanziato ed organizzato
l’importazione di un panetto di kg. 1,27 di cocaina, che era stato sequestrato su
un autoarticolato targato CN 665 NC alla cui guida si trovava tale Vetrone
Arturo;
-poi, ha precisato che le successive indagini, svolte mediante
intercettazioni telefoniche ed appostamenti di polizia, avevano permesso di
stabilire i contatti esistenti tra il predetto Hima Redi, il turco Kays Sabri ed altri
3

rilevante.

soggetti di origine albanese (Baia Iliy e Bejtaga Clirim) e due italiani abitanti a
Cuggiono (Piedi Gabriella e Pozzini Giovanni);
-quindi, ha ripercorso analiticamente gli esiti delle conversazioni
telefoniche intercettate tra il 5 luglio 2006 ed il 20 luglio 2006, giungendo alla
conclusione che detti esiti dimostravano il pieno inserimento dell’odierno
ricorrente nel traffico di stupefacenti che vedeva coinvolti Hima Redi, Baia Iliy
(detto Giulio) e Bejtaga Clirim, da un lato, ed i due italiani di Cuggiono dall’altro;
questi ultimi, proprio sulla scorta di dette conversazioni telefoniche, in data 20

stata rinvenuta sostanza stupefacente costituita da caffeina e da paracetamol°,
mentre, nel corso della perquisizione effettuata presso la loro abitazione subito
dopo, erano stati rinvenuti kg. 3,5 di eroina;
-ed infine ha ripercorso le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio 24
agosto 2007 da Hinna Redi e, in data 11 gennaio 2008, dall’odierno ricorrente
(che, dopo aver negato ogni addebito e dopo aver affermato di non conoscere
neppure i propri coimputati in precedente interrogatorio, aveva in quell’occasione
ammesso di aver ricevuto la sostanza da taglio da fornitori ai quali aveva dovuto
sottolineare la serietà professionale e la solvibilità della persona che gliela aveva
chiesta, cioè, dice la Corte, quel Bala Iliy che ben conosceva da tempo per
comuni traffici nel settore).
Sulla base di una puntuale lettura delle suddette risultanze processuali, la
Corte è arrivata alla conclusione che il ruolo dell’odierno ricorrente non era quello
(tratteggiato invece nella sentenza di primo grado) di un soggetto che
consegnava a terzi un innocente quantitativo di sostanza da taglio e che solo
ipoteticamente avrebbe potuto immaginarne la destinazione, ma quello di un
soggetto – peraltro da lungo tempo e profondamente inserito in traffici di
sostanza stupefacente (come desumeva dal certificato penale dal quale risultava
una sentenza di condanna, divenuta irrevocabile il 20 aprile 2001, alla pena di
anni undici e mesi sei di reclusione e 200 milioni delle vecchie lire di multa) che aveva pienamente agito in concorso con i detentori dello stupefacente (che
necessariamente avevano bisogno di un congruo quantitativo di sostanza da
taglio per poter diluire il principio attivo e così confezionare un maggior numero
di dosi).
La Corte territoriale si è anche anche sul tentativo dell’imputato di far
passare la sostanza come materiale inutile per il confezionamento della miscela,
osservando che detta circostanza era da ritenersi smentita sulla base degli esiti
dell’espletata attività captativa, e, in particolare: sia dal duro rimprovero che lo
stesso Kays aveva rivolto a Baia Iliy quando, nell’incontro con Piedi e Pozzini in
via Lomellina nel pomeriggio del 17 luglio 2006 si era accorto che essi nulla gli
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luglio 2006, erano stati controllati e sulla vettura sulla quale si trovavano era

avevano portato; sia dall’allarme lanciato a Hima Redi quando si era accorto che
l’incontro era stato seguito dalle forze dell’ordine; sia dal fatto di aver preteso un
nuovo appuntamento con gli stessi Piedi e Pozzini alle ore 23 dello stesso giorno
al casello autostradale di Boffalora (appuntamento, questa volta, andato a buon
fine, come si rileva dalle conversazioni intrattenute da Piedi Gabriella con Hima
Redi il successivo 18 luglio).
La lettura che delle suddette risultanze viene fatta dalla Corte non forma
oggetto di contestazione nel ricorso, tutto imperniato sul fatto che, a seguito del

Adili Arsen non aveva fornito i 3 kg di cocaina di cui all’imputazione ai detentori
materiali Piedi Gabriella e Pozzini Giovanni (giudicati separatamente).
Senonchè, come risulta dalla sentenza impugnata, la Corte territoriale ha
“agganciato” la condotta del ricorrente (non già a quella di Adili Arsen, ma) a
quella tenuta dai due italiani abitanti a Cuggiono (Piedi Gabriella e Pozzini
Giovanni), ai quali è stata sequestrata, nello stesso contesto spazio temporale,
sia il notevole quantitativo di sostanza da taglio (consegnata dal ricorrente ai
due) sia il notevole quantitativo di eroina (in vista del cui taglio il ricorrente
aveva consegnato la caffeina e il paracetamolo).
La motivazione della Corte – laddove ha escluso che l’odierno ricorrente
non era consapevole della destinazione che avrebbe avuto il notevole
quantitativo di sostanza da taglio da lui consegnato – in quanto non
contraddittoria e logicamente ineccepibile, è esente da censura in questa sede.

4. Ne consegue che il ricorso deve essere respinto LOA” k..3AMA- \AMA
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P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Ckidwiso in Roma, il 20 novembre 2015.

passaggio in giudicato della relativa sentenza assolutoria, si deve ritenere che

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