Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48408 del 20/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48408 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIROVANO MARCO N. IL 12/10/1969
avverso la sentenza n. 5409/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
10/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CCCUCej0 R01/1/1 a (A-0
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 20/11/2015

Considerato in fatto
1. Con sentenza 10.12.2014 la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza
di condanna resa dal Tribunale monocratico nei confronti di Pirovano Marco, vice
presidente del Consiglio di Amministrazione della T.T.N. s.p.a., per il reato di lesioni
colpose, aggravate dalla violazione delle norme in materia di sicurezza ed igiene del
lavoro, ai danni del dipendente Zaffino Antonio Domenico.
2. All’imputato era stata contestata la violazione degli artt, 81 comma 1 c.p., 77

(nel testo così sostituito dall’art.56 comma 1 del D.Igs.3.8.2009, n.106), per avere, in
tempi diversi, fornito dispositivi di protezione individuale non conformi ai requisiti previsti
dall’art.76 – perché inadeguati al rischio da prevenire (avendo nella specie dotato i
lavoratori di cappotti o grembiali di conformazione tale da non coprire interamente gli arti
inferiori) – e per non aver reso disponibile nell’unità produttiva informazioni adeguate
circa gli altri dispositivi di protezione individuale (nella specie i guanti a manopola),
perché corredati di note informative non corrispondenti ai dispositivi presenti in azienda cosicché lo Zaffino, impegnato nel processo di lavorazione della c.d. “tempra in spina”,
per inserire la chiave meccanica necessaria a calare un anello rovente che usciva dal
forno nella adiacente vasca di olio freddo, si sporgeva in avanti verso il pezzo rovente, lo
scavalcava con una gamba senza collocare l’apposita passerella, così appoggiando il
bordo inferiore del cappotto sul pezzo che prendeva fuoco, cagionandogli lesioni personali
gravi, consistite in una ustione di terzo grado alla gamba destra, dalla quale derivava una
malattia di durata superiore a quaranta giorni.
L’imputazione indicava un ulteriore profilo di colpa, consistita in negligenza,
imprudenza e imperizia, nell’inosservanza dell’art.2087 cod.civ. (e specificatamente
dell’obbligo per il datore di lavoro di adottare nell’esercizio dell’impresa quelle misure
che, sostanzialmente e in concreto, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la
tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore)
nonché delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
3. Nel confermare la pronuncia di condanna del Tribunale di Milano, la Corte
territoriale, pur riconoscendo che i lavoratori avevano avuto una utile e indispensabile
formazione in ordine al ciclo operativo a cui venivano addetti e che l’evento si era
verificato anche per una inottemperanza del lavoratore alle istruzioni ricevute, non
avendo lo Zaffino utilizzato la pedana meccanica che aveva a disposizione e che quella
stessa mattina aveva invece adoperato per una simulazione della prova di lavorazione,
individuava uno specifico profilo di colpa dell’imputato per non aver fornito pantaloni
coibenti e ignifughi (peraltro espressamente previsti nel DVR della società), che, se
indossati, avrebbero senza dubbio evitato l’infortunio e che erano oltremodo necessari
dato che gli arti inferiori si avvicinavano comunque a dei pezzi lavorati ad altissima
temperatura.

comma 3 e comma 4 lett.f) in relazione all’art.87 comma 2 lett.d) D.Lgs.9.4.2008 n.81

4. Con l’odierno ricorso il difensore del Pirovano Marco propone tre distinti motivi
di censura.
4.1. In primo luogo deduce erronea applicazione dei principi in materia di
responsabilità del datore di lavoro e vizio di motivazione (art.606 lett. b e lett.e c.p.p.),
laddove la Corte di merito – pur evidenziando che l’operaio avrebbe dovuto utilizzare la
passerella appositamente approntata per evitare ogni rischio e da lui stesso utilizzata
nelle prove a freddo relative a quella specifica lavorazione – da un lato non era pervenuta

necessari e nemmeno opportuni gli ulteriori dispositivi di protezione individuale, quali i
pantaloni ignifughi, e, sotto altro profilo, non aveva giustificato in alcun modo l’assunto
secondo cui l’uso di quei pantaloni avrebbe evitato le lesioni subite dal lavoratore.
Sostiene il ricorrente sul punto che lo Zaffino, avendo omesso di utilizzare, come doveva,
la passerella, si era sporto verso la spina scavalcando l’anello rovente e divaricando le
gambe verso l’alto per oltre un metro e mezzo (circostanza appurata nel corso della
istruttoria dibattimentale), compiendo così un movimento che anche con indosso un
pantalone ignifugo avrebbe lasciato scoperta la parte inferiore della gamba e non avrebbe
evitato l’esposizione al calore.
4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art.649 c.p.p.
per essere stato già giudicato per lo stesso fatto ed assolto in separato giudizio con
sentenza ormai irrevocabile e definitiva, circostanza che aveva formato oggetto di
specifico motivo di appello e su cui la Corte non si era pronunciata.
4.3. Come ultimo motivo si duole del fatto che la Corte di merito avesse disatteso,
senza alcuna motivazione, sia la richiesta di applicazione delle attenuanti generiche
prevalenti sulla contestata aggravante, con conseguente riduzione della pena, sia quella
di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria ex art.53 L.n.689/81.

Ritenuto in diritto
5. Il ricorso merita accoglimento per le seguenti considerazioni.
5.1. Richiamato in questa sede quanto esposto in narrativa in merito al capo di
imputazione, si osserva che a carico del Pirovano erano stati individuati vari profili di
colpa: una colpa generica, la violazione dell’art.2087 cod.civ. che attiene alla tutela delle
condizioni di lavoro ed impone al datore di lavoro un obbligo generico di prevenzione, ed
una violazione specifica consistita nell’aver fornito dispositivi di protezione individuale
inadeguati al rischio da prevenire (come meglio precisato al capo 2 dell’imputazione).
5.2. Nella sentenza del Tribunale di Milano, alla cui motivazione la Corte di merito
fa rinvio riportandone il testo, si legge che “a Pirovano Marco è ascrivibile la violazione
dell’obbligo, previsto dall’art.76 D.Lgs.81/2008, di dotare i lavoratori di dispositivi di
protezione adeguati…..(mentre) è emerso come Zaffino, al momento dell’infortunio,
indossasse pantaloni di cotone, dei guanti ignifughi e un grembiule ignifugo che lasci

alla conclusione conseguenziale che l’adozione della passerella avrebbe reso non

scoperte le gambe e riparava il petto solo parzialmente” e non i “pantaloni coibenti
ignifughi (peraltro espressamente previsti nel DVR della società) che avrebbero senza
dubbio totalmente evitato l’infortunio”.
Né il Tribunale né la Corte territoriale, benché investita con specifico motivo di
gravame, hanno però risposto al rilievo dell’imputato, costituente oggi il secondo motivo
di ricorso, che ha documentato con produzione effettuata alla udienza del 22.1.2014 e
riscontrata a verbale, di aver subito altro processo per gli stessi fatti contestati a titolo di

14.10.2013, n.11056).
La doglianza non è stata esaminata dai giudici di merito.
5.3. Nessuna argomentazione, del pari, è stata svolta sul profilo di colpa di cui
all’art.2087 cod.civ. che impone, come è noto, al datore di lavoro di adottare non solo le
particolari misure tassativamente imposte dalla legge in relazione al tipo di attività
esercitata, che rappresentano lo standard rninimale richiesto dal legislatore per la tutela
della sicurezza del lavoratore, ma anche tutte le altre misure che in concreto siano
richieste dalla specificità del rischio, e gli fa obbligo altresì di sorvegliare continuamente
sull’adozione effettiva di tali misure da parte dei lavoratori, atteso che la disposizione in
esame lo costituisce garante della incolumità fisica dei prestatori di lavoro (principi
ripetutamente affermati da questa Corte, da ultimo ex multis Sez.IV, 29.1.2015, n.4361;
27.1.2015, n.3787).
Ciò si evidenzia perché l’unico profilo di colpa esaminato dai giudici di merito è
appunto quello in relazione al quale si assume già intervenuta definitiva decisione in altra
sede.
5.4. Di qui l’annullamento della impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione
della Corte d’Appello di Milano per nuovo esame.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo
esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 novembre 2015

Il Consigl

tensore

Il Pre idente

colpa per l’avvenuto infortunio, definito con sentenza a lui favorevole (sent.Trib.MI

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