Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48391 del 05/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48391 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

Data Udienza: 05/11/2015

SENTENZA

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sul ricor9) propost* da:
ARMUZZI MAURO N. IL 10/11/1982
AUTERITANO DOMENICO N. IL 09/03/1983
DI VITO DANIELE N. IL 19/12/1979
BNA’ CARLO N. IL 16/11/1982
ARMUZZI STEFANO N. IL 21/09/1959
FALVO ANTONELLA N. IL 26/09/1961
BRAVETTI VERONICA N. IL 18/02/1989
avverso la sentenza n. 10665/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
29/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4″
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che ha concluso Or :

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L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO.
PER BNA E’ PRESENTE L’AVV. KROGH MASSIMO DEL FORO DI ROMA CHE SI RIPORTA
AI MOTIVI E NE CHIEDE L’ACCOGLIMENTO
PER BNA E’ PRESENTE L’AVV. PLACANICA CESARE DEL FORO DI ROMA CHE CHIEDE
L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO CON ANNULLAMENTO DELLA SENTENZA
IMPUGNATA.
PER BRAVETTI E’ PRESENTE L’AVV. GOLEMME TEMISTOCLE DEL FORO DI
GROTTAFERRATA CHE SI RIPORTA AI MOTIVI E NE CHIEDE L’ACCOGLIMENTO.
PER DI VITO E’ PRESENTE L’AVV. BIFFA MASSIMO CHE CHIEDE L’ACCOGLIMENTO
DEL RICORSO.

PER ARMUZZI STEFANO, MAURO, E FALVO E’ PRESENTE L AVV. STANISCIA ANGELO
DEL FORO DI ROMA CHE CHIEDE L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO. SI DA ATTO CHE
L’AVV. DEPOSITA SENTENZA DEL TRIB. DI ROMA.
PER AUTERITANO E’ PRESENTE L’AVV. BOCCI ARTURO DEL FORO DI ROMA CHE SI
RIPORTA AI MOTIVI E NE CHIEDE L’ACCOGLIMENTO.
PER AUTERIItt’ PRESENTE L’AVV. GAITO ALFREDO DEL FORO DI ROMA CHE CHIEDE

RITENUTO IN FATTO
1. – Con separati atti, ARMUZZI Stefano, ARMUZZI Mauro, AUTERITANO
Domenico, DI VITO Daniele, BNA’ Carlo, FALVO Antonella e BRAVETTI Veronica
ricorrono (personalmente e/o a mezzo dei rispettivi difensori) avverso la
sentenza della Corte di Appello di Roma -sezione I^ penale- in data 29 aprile
2014, con la quale, in riferimento a varie imputazioni ex art. 73 comma 1 D.P.R.
309/1990, nonché ad imputazione di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90 (contestata a
tutti gli imputati tranne che alla BRAVETTI):

regime di prevalenza sull’aggravante contestata, veniva rideterminata in anni
undici, mesi due e giorni venti di reclusione, la pena di anni quattordici di
reclusione a lui inflitta dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Roma in data 27 maggio 2013;
– quanto a BNA’ Carlo, la pena inflitta con la detta sentenza veniva
rideterminata in anni sette e giorni venti di reclusione (a fronte della condanna
ad anni sette e mesi quattro a lui inflitta in primo grado);
– quanto agli imputati DI VITO, ARMUZZI Mauro, AUTERITANO, BNA’,
ARMUZZI Stefano e FALVO veniva applicata la pena accessoria dell’interdizione
legale durante la pena;
– per il resto, veniva confermata la sentenza di condanna degli imputati
emessa in primo grado (quanto ad ARMUZZI Mauro e AUTERITANO ad anni 14 di
reclusione; quanto ad ARMUZZI Stefano e FALVO Antonella ad anni 6 e mesi 8 di
reclusione; quanto a BRAVETTI Veronica ad anni 4 di reclusione ed € 20.000 di
multa).
1.1. – La vicenda per cui è processo riguarda l’acquisto, l’importazione
dall’estero, la detenzione e la cessione a terzi di svariati quantitativi di
stupefacente (ecstasy, ketamina, cocaina) in una pluralità di episodi specificati ai
capi da B ad F della rubrica e occorsi a cavallo fra il 2011 e il 2012; al capo A è
invece contestato il reato associativo di cui all’art. 74 D.P.R. 309/1990 -di cui
rispondono, come si ripete, tutti gli imputati ad eccezione di BRAVETTI Veronicanell’assunto che fra i coimputati sussistesse un programma criminoso costituito
dal procacciamento di stupefacente prevalentemente dal mercato estero:
l’AUTERITANO, l’ARMUZZI Mauro e il DI VITO vengono indicati come
organizzatori del sodalizio, mentre gli altri imputati attinti dall’addebito vengono
indicati come semplici compartecipi all’associazione.
2. – I motivi dei ricorsi possono riassumersi nei termini che seguono.
3. – Quanto ad ARMUZZI Mauro e ARMUZZI Stefano:
3.1. – il primo motivo di ricorso denuncia l’insufficienza e/o illogicità della
motivazione, nonché l’erronea applicazione della legge penale in riferimento al

– quanto a DI VITO Daniele, previa concessione delle attenuanti generiche in

%

,

delitto di cui all’art. 74 D.P.R. 309/1990, nell’assunto che si verserebbe non già
nella detta fattispecie associativa, ma in un’ipotesi di concorso di persone nel
reato continuato: ciò in relazione al breve arco temporale in cui si sono verificati
gli episodi contestati e alla non comprovata indeterminatezza del programma
criminoso, elementi ritenuti ostativi al riconoscimento di un

pactum sceleris

stabile e durevole nel tempo finalizzato al compimento di una serie
indeterminata di delitti.
3.2. – Il secondo motivo di ricorso, riferito esclusivamente all’imputato

alla partecipazione del medesimo al sodalizio criminoso di cui al capo A: tanto
sulla base della mancata partecipazione dell’ARMUZZI Stefano ad alcuno dei
reati-scopo, nonché in relazione al fatto che egli manteneva rapporti con gli altri
imputati solo perché amici del figlio o suoi soci, al fatto che in una sola occasione
il medesimo avrebbe riscosso un credito per conto del figlio Mauro, ed al fatto
che non vi sarebbe alcun elemento per ritenere che egli fosse a conoscenza delle
attività illecite del figlio e all’assenza di elementi -desumibili dalle conversazioni
intercettate- da cui ricavare l’adesione dell’ARMUZZI Stefano al sodalizio
criminoso o la stessa conoscenza dell’esistenza di esso.
3.3. – Con il terzo motivo si lamenta l’insufficienza e/o illogicità della
motivazione, nonché l’erronea applicazione della legge penale e l’inosservanza di
norme processuali in relazione alla mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi
prevista dal comma 6 dell’art. 74 D.P.R. 309/90: a sostegno si denuncia che il
rigetto della richiesta difensiva in tal senso è riferito unicamente al fatto che le
offerte e richieste di droga “si riferivano sempre a quantitativi consistenti” come
ricavabile dalle “numerose intercettazioni telefoniche” e dai “sequestri effettuati”,
senza alcuna ulteriore indicazione circa gli estremi di tali intercettazioni e
sequestri.
3.4. – Il quarto motivo di ricorso, riguardante il solo ARMUZZI Mauro,
denuncia la carenza di motivazione e l’inosservanza di norme processuali in
riferimento al mancato riconoscimento del reato continuato in relazione ai fatti
contestati al capo D e in riferimento alla condanna riportata dall’ARMUZZI Mauro
con sentenza 21.9.2012 del GIP presso il Tribunale di Milano, divenuta
irrevocabile, per fatti commessi il 18.1.2012, sebbene per lo stesso fatto sia
stata riconosciuta al coimputato BNA’ Carlo la continuazione ex art. 81 cpv. c.p.
rispetto al reato associativo, e sebbene sussistessero tutti gli elementi (identità e
omogeneità delle norme violate; contiguità temporale) fra i fatti contestati
all’ARMUZZI Mauro e il reato giudicato in Milano, nonché fra quest’ultimo e i
delitti contestati al BNA’. Sul punto, si duole parte ricorrente, la Corte di merito

ARMUZZI Stefano, denuncia l’insufficienza e/o illogicità della motivazione riferita

non si sarebbe pronunciata o quanto meno non avrebbe esplicitato la propria
decisione sul punto.
3.5. – Con il quinto motivo di ricorso si denuncia la carenza di motivazione e
l’inosservanza di norme processuali in riferimento al mancato riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche, a proposito del quale il diniego da parte
della Corte territoriale si fonda unicamente sull’estrema gravità dei reati” e sulla
“negativa valutazione della personalità degli imputati”.
3.6. – Con atto separato l’avv. Staniscia, sempre nell’interesse di ARMUZZI

presso il Tribunale di Roma, nell’assunto che la stessa trae origine dal medesimo
compendio investigativo oggetto della sentenza impugnata e che in essa sarebbe
stato escluso, con riguardo a tale CARBONARO Gonzalo Manuel, il reato
associativo di cui all’art. 74 D.P.R. 309/1990, sul presupposto della difformità
delle modalità esecutive dei singoli reati.
3.7. – In udienza, ad analoghi fini, la difesa degli imputati ARMUZZI Mauro e
Stefano (e di FALVO Antonella) ha altresì depositato copia della sentenza del
Tribunale di Roma in composizione collegiale n. 4444/14 in data 17 marzo 2014,
con la quale Roberti Andrea, Vesce Giovanna e Marino Franco sono stati fra
l’altro prosciolti dal reato p. e p. dall’art. 74 D.P.R. 309/1990.
4. – Quanto ad AUTERITANO Domenico, il ricorso viene introdotto con due
atti separati: uno a firma dello stesso imputato e uno a firma del difensore dello
stesso, avv. Bocci.
4.1. – Il primo ricorso è presentato personalmente dall’AUTERITANO, che in
esso nomina quale difensore l’avv. Raffaele Rochira del Foro di Roma.
4.1.1. – In esso si deduce quale primo motivo l’erronea applicazione della
legge penale in riferimento al riconoscimento del reato associativo di cui all’art.
74 D.P.R. 309/1990, in luogo della fattispecie del concorso di persone nel reato
continuato: a differenza del consimile, primo motivo di ricorso degli imputati
ARMUZZI Mauro e Stefano, l’AUTERITANO lamenta l’occasionalità e la presenza
accidentale dei correi e il fatto che egli, benchè indicato come uno dei promotori
del sodalizio, non fosse né coinvolto né informato di come i correi medesimi
stessero operando.
4.1.2. – Quale secondo motivo di ricorso, l’AUTERITANO denuncia la
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in
riferimento al rigetto, da parte della Corte territoriale, delle richieste difensive,
anche in riferimento alle statuizioni cautelari.
4.1.3. – Con il terzo motivo, l’AUTERITANO lamenta la carenza e illogicità
della motivazione in relazione ai reati-fine: in particolare si contestano come

z.12.4.

carenti e illogici i motivi in base ai quali, in ordine al capo B, al ricorrente è stata

Mauro e ARMUZZI Stefano, ha depositato agli atti la sentenza n. 1232/15 del GIP

attribuita la responsabilità non solo dell’importazione da Londra dello
stupefacente trovato nella sua disponibilità il 18.12.2011, ma anche -in concorso
con altri- dell’ulteriore quantitativo di droga oggetto dell’importazione, peraltro
mai rinvenuto; si denuncia inoltre la carenza e illogicità della motivazione da
parte della Corte di merito in ordine al fatto che, in relazione a tale vicenda,
l’AUTERITANO fosse già sottoposto a separato procedimento penale, per il quale
lo stesso aveva già riportato condanna in primo grado con riferimento allo
stupefacente di cui egli era stato trovato in possesso (nel che si verserebbe in

contesta la carenza motivazionale sia in ordine alla mancata concessione delle
attenuanti generiche, sia in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi di lieve
entità, sia infine in ordine al capo F della rubrica ed in specie al rilievo attribuito
dalla Corte di merito ai “frenetici” contatti telefonici intrattenuti dall’AUTERITANO
per desumerne l’abitualità della sua attività di cessione di stupefacenti. In
allegato al ricorso vi è copia della sentenza di condanna dell’AUTERITANO,
all’esito di giudizio abbreviato, da parte del Tribunale di Roma -VII” sezione
penale- in data 10.2.2012, per reato p. e p. dall’art. 73 comma 1

bis D.P.R.

309/1990 commesso in data 18.12.2011.
4.2. – Sempre nell’interesse di AUTERITANO Domenico, l’avv. Bocci difensore di fiducia dell’imputato in virtù di nomina conferitagli il 15 giugno
2013- presenta ulteriore ricorso.
4.2.1. – In esso si lamenta, con il primo motivo, il vizio di motivazione e la
erronea applicazione della legge penale in riferimento al delitto associativo di cui
al capo A, a fronte -si sostiene nel ricorso- di un unico fatto storico cui
l’AUTERITANO avrebbe partecipato (capi B ed F), riguardo al quale pure viene
lamentata la carenza di valutazione da parte della Corte di merito, con
particolare riferimento al contenuto dei contatti dell’AUTERITANO con la
coimputata Bravetti e con Confalone Claudia; per il resto, nel motivo di ricorso in
esame si apprezzano argomenti sovrapponibili a quelli del primo motivo di
ricorso contenuto nell’atto d’impugnazione personalmente sottoscritto
dall’AUTERITANO, ai quali perciò si rinvia; analoghe doglianze sono rivolte alla
qualifica di organizzatore del sodalizio criminoso riconosciuta in capo
all’AUTERITANO, e anch’esse sono sostanzialmente sovrapponibili -sebbene più
diffusamente trattate- rispetto a quelle formulate personalmente dall’imputato
sul punto.
4.2.2. – Con il secondo motivo di ricorso (articolato in due distinti paragrafi),
si lamenta inosservanza di norme processuali e mancanza di motivazione sotto il
profilo del ne bis in idem, pur a fronte delle doglianze difensive rassegnate
nell’atto di appello, sia in riferimento al mancato assorbimento dei reati di

ipotesi di violazione del principio del ne bis in idem ex art. 649 c.p.p.); e infine si

detenzione e vendita in quello d’importazione dello stupefacente, sia in
riferimento alla precedente e già citata sentenza del Tribunale di Roma – VII”
sezione penale- emessa a carico dell’AUTERITANO il 10.2.2012 (con argomenti
sovrapponibili a quelli personalmente formulati dall’AUTERITANO nel suo ricorso,
ai quali si rinvia): all’uopo, sono allegati al ricorso sia il verbale di udienza avanti
la Corte di Appello in data 29.4.2014, sia la detta sentenza.
4.2.3. – Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione di legge e la
carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in riferimento alla

della pena.
4.3. – Ancora nell’interesse dell’AUTERITANO, risultano inoltre rassegnati in
atti motivi nuovi a firma dell’Avv. Alfredo Gaito, i quali ribadiscono e illustrano
ulteriormente la natura apparente e contraddittoria della motivazione della Corte
di merito circa il mancato riconoscimento del ne bis in idem riferito sia ai reati
sub

B ed F (in riferimento alla contestualità delle distinte condotte ivi

contestate), sia al reato oggetto di condanna nella ridetta pronunzia del
Tribunale di Roma -VII” sezione penale- del 10.2.2012, pur a fronte delle
postulazioni difensive avanti la Corte territoriale, puntualmente richiamate. Si
contesta inoltre il compendio motivazionale -indicato come apparente e
contraddittorio- riferito al riconoscimento, da parte della Corte di merito, del
ruolo di promotore ascritto all’AUTERITANO con riguardo al sodalizio criminoso di
cui al capo A.
5. – Quanto a DI VITO Daniele, il ricorso presentato nel suo interesse
dall’avv. Dell’Anno si articola in tre motivi.
5.1. – Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione di legge e la
contraddittorietà e illogicità della motivazione in riferimento all’attribuzione, al DI
VITO, della qualità di organizzatore dell’associazione criminosa di cui al capo A
(art. 74 D.P.R. 309/1990), laddove invece il medesimo soggetto poneva in
essere attività intercambiabili e meramente esecutive.
5.2. – Con il secondo motivo di ricorso, a fronte del riconoscimento al DI
VITO delle attenuanti generiche, si censura la mancata valutazione e
argomentazione di tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p. nella determinazione
della pena -elementi lumeggiati nell’atto di appello- e il fatto che la pena sia
stata ridotta in termini inferiori ai limiti massimi previsti dall’art. 62 bis c.p..
5.3. – Con il terzo motivo di ricorso si denuncia infine l’assoluta carenza di
motivazione, nella sentenza impugnata, in ordine all’aumento di pena applicato
per i reati fine riconosciuti in continuazione con quello associativo.
5.4. – Sempre nell’interesse del DI VITO, l’avv. Biffa ha depositato memoria,
richiamando e facendo propri -anche in merito alla posizione dello stesso DI

mancata concessione delle attenuanti generiche e alla determinazione dell’entità

VITO- i motivi di ricorso articolati dai coimputati in ordine alla violazione di legge
e alla insufficienza e/o mancanza di motivazione circa gli elementi da cui è stata
inferita, in primo e in secondo grado, la sussistenza del sodalizio criminoso.
Inoltre, nella memoria in parola si contestano gli elementi motivazionali in ordine
alla posizione del DI VITO quale “organizzatore” nell’ambito dell’associazione a
delinquere, e al riguardo si illustrano ulteriormente le ragioni poste a base del
ricorso presentato nell’interesse dello stesso imputato
6. – Quanto a BNA’ Carlo, il ricorso presentato nel suo interesse dagli avv.ti

6.1. – Con il primo motivo di ricorso, si contesta erronea applicazione della
legge penale e motivazione apparente e in taluni punti manifestamente illogica
con riferimento al reato associativo ascritto al capo A: le censure riguardano il
fatto che il BNA’ sarebbe stato ritenuto compartecipe del sodalizio criminoso in
quanto presunto riciclatore dei relativi proventi -come tale, peraltro, estraneo
alla condotta associativa- e in riferimento alla sua partecipazione a un singolo
reato-scopo (sub D) e alla carenza di elementi circa il suo apporto al sodalizio, a
fronte della dubbia configurabilità del reato associativo, contestata in termini
consimili a quelli articolati dagli altri coimputati.
6.2. – Il secondo motivo di ricorso attiene più specificamente al reato di cui
al capo D e al fatto che, pur a fronte di specifiche deduzioni e osservazioni
difensive, la Corte territoriale avrebbe omesso di illustrare le ragioni del proprio
convincimento circa la compartecipazione del BNA’ all’importazione di ecstasy da
Berlino a Milano ivi contestata, con conseguente carenza e illogicità
motivazionale.
7.

– Quanto a

FALVO Antonella,

la stessa personalmente ricorre

deducendo quattro motivi di doglianza.
7.1. – Con il primo motivo, la FALVO lamenta l’insufficienza e illogicità della
motivazione e l’erronea applicazione della legge penale in riferimento alla
sussistenza del reato associativo di cui al capo A, con argomentazioni
sostanzialmente -e in parte testualmente- sovrapponibili a quelle rassegnate nel
primo motivo di ricorso presentato nell’interesse degli imputati ARMUZZI Mauro
e ARMUZZI Stefano (rispettivamente figlio e marito della FALVO), alle quali
pertanto si rinvia.
7.2. – Con il secondo motivo di ricorso, la FALVO si duole dell’insufficienza
e/o illogicità della motivazione circa la sua ritenuta partecipazione al sodalizio
criminoso e alla sua consapevole volontà di associarsi, con argomenti che in
larga parte ricalcano -anche testualmente- quelli contenuti nel secondo motivo
del ricorso ARMUZZI, in riferimento alla posizione di ARMUZZI Stefano (ragione
per la quale si fa anche in questo caso rinvio a detti argomenti).

Krogh e Placanica si articola in due motivi.

7.3. – Anche il terzo motivo di ricorso (riferito al mancato riconoscimento
dell’ipotesi di cui all’art. 74 comma 6 D.P.R. 309/1990) ricalca l’analogo motivo
di ricorso presentato nell’interesse di ARMUZZI Mauro e Stefano, alle cui
argomentazioni si rinvia.
7.4. – Analogamente, il quarto motivo (riferito al mancato riconoscimento
delle attenuanti generiche) ripropone le argomentazioni spese nel quinto motivo
del ricorso Armuzzi, cui pertanto anche in questo caso si fa rinvio.
8. – Quanto infine a

BFtAVETTI Veronica,

il ricorso presentato

8.1. – Con il primo motivo di ricorso la stessa lamenta sostanzialmente la
mancanza in parte qua della motivazione della sentenza impugnata, nell’assunto
che la Corte territoriale, nel rigettare il primo e il secondo motivo di appello
(miranti rispettivamente all’assoluzione dal reato di cui al capo B o, in subordine,
alla riqualificazione dello stesso ex art. 73 comma 5 D.P.R. 309/90), avrebbe
omesso di motivare le ragioni del mancato accoglimento delle postulazioni
difensive.
8.2. – Col secondo motivo di ricorso viene denunciata l’inosservanza o
erronea applicazione dell’art. 192 c. 2 c.p.p., riferita al fatto che a carico della
Brevetti il quadro indiziario sarebbe fondato su n. 3 conversazioni telefoniche fra
la stessa e Auteritano Domenico, senza però che a tanto corrispondano riscontri
oggettivi circa l’asserita posizione di intermediaria della Brevetti nell’acquisto di
droga da parte del coimputato (o circa le fonti di approvvigionamento della
sostanza), ma solo presunzioni della Corte di merito riferite alla sorte del
quantitativo di stupefacente non rinvenuto nella disponibilità dello stesso
Auteritano.
8.3. – Con il terzo motivo -corredato da ampi richiami giurisprudenziali- la
ricorrente si duole dell’inosservanza o erronea applicazione dell’ipotesi di cui al
comma quinto dell’art. 73 D.P.R. 309/1990 -oggi costituente fattispecie
autonoma e non più attenuante a effetto speciale-, non riconosciuta alla Brevetti
dalla Corte territoriale in virtù del “notevole impegno profuso” nell’attività
criminosa a lei ascritta: lamenta la ricorrente che tale assunto si fonda
unicamente su tre telefonate tra la stessa Brevetti e l’Auteritano, a fronte del
modesto quantitativo di droga sequestrato a quest’ultimo e al ruolo marginale
ricoperto dalla Brevetti.
8.4. – Infine, con il quarto motivo, la ricorrente lamenta l’omessa
motivazione e l’inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 62 bis, riferita alla
mancata concessione delle attenuanti generiche: viene in particolare denunciato
che la Corte di merito ha negato la concessione delle attenuanti generiche alla
Brevetti senza distinguere la sua posizione da quella dei coimputati, sebbene alla

nell’interesse della stessa sì articola in quattro motivi.

stessa Bravetti non fosse contestato il reato associativo ex art. 74 D.P.R.
309/1990, la stessa fosse incensurata e appena ventiduenne all’epoca dei fatti, e
abbia fin dall’inizio dimostrato un buon comportamento processuale: nel che,
osserva la ricorrente, è ravvisabile anche l’omessa valutazione e motivazione
circa i parametri di cui all’art. 133 c.p..
In forza di detti motivi, la ricorrente chiede che la sentenza impugnata
venga annullata senza rinvio, con assoluzione della Bravetti; in subordine, che
venga annullata con rinvio in vista dell’applicazione dell’art. 73 c. 5 D.P.R.

Considerato in diritto
9. – A premessa delle considerazioni di questa Corte in ordine ai motivi di
ricorso proposti, si precisa che questi ultimi saranno esaminati tenendo conto
della sovrapponibilità, totale o parziale, di alcuni di essi in relazione alle
doglianze che ne formano oggetto: di tal che saranno trattati unitariamente i
motivi di ricorso per i quali le considerazioni di questa Corte valgono per più di
un ricorrente.
10.

– Quanto alle doglianze inerenti alla motivazione della sentenza

impugnata circa la configurabilità del reato associativo (primo motivo ricorso
ARMUZZI Mauro e ARMUZZI Stefano; primo motivo ricorso presentato
personalmente da AUTERITANO Domenico; primo motivo ricorso presentato
dall’avv. Bocci per conto di AUTERITANO Domenico; primo motivo ricorso FALVO
Antonella; nonché, in parte qua, primo motivo ricorso BNA’ Carlo), si tratta di
motivi infondati e che, pertanto, non meritano accoglimento.
10.1. – La Corte territoriale, nel motivare sul punto, ha ampiamente
argomentato -e supportato con molteplici richiami alla giurisprudenza di questa
Corte- il proprio convincimento, fondandolo sugli elementi fondamentali del reato
contestato (esistenza di un gruppo i cui membri siano aggregati
consapevolmente per il compimento di una serie indeterminata di reati in
materia di stupefacenti; organizzazione di attività personale e di beni economici
per il perseguimento del fine illecito comune, con l’assunzione dell’impegno di
apportarli anche in futuro per attuare il piano permanente criminoso; apporto
individuale e non episodico di almeno tre associati, che integri un contributo alla
stabilità dell’illecita unione) e riportandolo con adeguati riferimenti esemplificativi
a numerosi passaggi della vicenda per cui è processo; ed ha illustrato
compiutamente il ruolo svolto dai singoli imputati nell’ambito del sodalizio
criminoso, pur nel quadro di una non rigorosa suddivisione dei compiti, ma in
ogni caso attraverso stretti e ripetuti contatti finalizzati all’approvvigionamento di
vari tipi di stupefacente su diverse piazze estere, grazie a una rete di
collegamenti tesa all’individuazione, al rifornimento, al trasporto e poi alla

309/90 e della concessione delle attenuanti generiche.

collocazione sul mercato dello stupefacente in tal modo approvvigionato, nonché
mediante un imponente numero di spostamenti in Europa, di movimenti di
danaro e di contatti per via telefonica o telematica.
10.2. – Riguardo alla censura mossa alla sentenza impugnata, si rammenta
che questa stessa Sezione ha recentemente avuto modo di precisare che
l’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del
1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di
detenzione e spaccio di stupefacenti va individuato nel carattere dell’accordo

determinata di delitti, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti, i
quali, anche al di fuori dei singoli reati programmati, assicurino la propria
disponibilità duratura ed indefinita nel tempo al perseguimento del programma
criminoso del sodalizio (Cass. Sez. 4, n. 51716 del 16/10/2013 – dep.
23/12/2013, Amodio e altri, Rv. 257906). La natura dell’accordo intercorrente
fra i compartecipi del reato associativo oggi contestato, per come illustrata nella
pronunzia impugnata, appare rispondere sicuramente ai detti requisiti di stabilità
organizzativa e indeterminatezza programmatica; né può darsi rilievo all’arco
temporale relativamente breve in cui sono stati commessi i reati-scopo contestati
agli imputati, atteso che ciò che connota la natura associativa e la stabilità
dell’accordo fra i compartecipi di un sodalizio criminoso non è l’effettiva durata
delle attività illecite di detto sodalizio, ma risiede negli elementi caratterizzanti la
struttura associativa e il proposito dei singoli associati di contribuire causalmente
-e con reciproca consapevolezza- a una serie indeterminata di delitti che attuino
il programma criminoso nel quale l’associazione trova la sua finalità: tali
elementi distintivi ben possono fornire prova della sussistenza del sodalizio
criminoso (e, con esso, del reato associativo) pur se lo stesso sia stato accertato
in relazione a reati-scopo commessi in un volgere di tempo più o meno breve,
qualora attraverso di essi sia possibile ricostruire i ridetti elementi caratterizzanti
dell’associazione criminosa tanto sul piano oggettivo che su quello soggettivo.
Di tanto l’impugnata sentenza fornisce, come detto, ampia motivazione, di
tal che le censure al riguardo mosse dai ricorrenti non possono trovare
accoglimento.
10.3. – Giova infine precisare che alcun rilievo può svolgere, in ordine alla
sussistenza del sodalizio criminoso de quo, la produzione difensiva della sentenza
n. 1232/2015 del GUP presso il Tribunale di Roma, con la quale CARBONARO
GONZALO Manuel è stato assolto dal reato p. e p. dall’art. 74 D.P.R. 309/1990, a
lui contestato nell’ambito del medesimo compendio investigativo: ciò in quanto
nella prefata sentenza, che peraltro non risulta irrevocabile, il CARBONARO è
stato assolto dall’imputazione associativa “per non aver commesso il fatto”, in

criminoso, contemplante la commissione di una serie non preventivamente

esito a considerazioni specificamente riferite al peculiare modus operandi che
connotava le due operazioni contestate al CARBONARO quali “reati-scopo” della
sua presunta compartecipazione all’associazione, una sola delle quali vedeva
come compartecipi alcuni degli odierni imputati (mentre l’altra esula
completamente dall’odierna imputazione loro mossa): di tal che, è di tutta
evidenza l’irrilevanza dell’esito processuale di cui alla cennata sentenza del GUP
di Roma rispetto all’odierna imputazione associativa. Analoghe considerazioni
vanno svolte in ordine al richiamo difensivo e alla produzione della sentenza n.

parimenti, giova precisare, il Roberti Andrea veniva assolto dai reati a lui ascritti
-ivi compreso quello associativo- con la formula “per non aver commesso il
fatto”), avuto riguardo fra l’altro alla specificità delle accuse ivi mosse ai
coimputati degli odierni ricorrenti, sia in relazione al loro presunto ruolo nel
sodalizio criminoso, sia in relazione ai reati-scopo loro attribuiti. Ciò anche tenuto
conto del principio, affermato da questa Corte, secondo il quale l’acquisizione
della sentenza irrevocabile di assoluzione del coimputato del medesimo reato
non vincola il giudice, che, fermo il principio del “ne bis in idem”, può rivalutare
anche il comportamento dell’assolto, al fine di accertare la sussistenza ed il
grado di responsabilità dell’imputato da giudicare (Cass. Sez. 4, n. 19267 del
02/04/2014 – dep. 09/05/2014, Festante e altri, Rv. 259371; Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 18398 del 05/04/2013, Trebisacce, Rv. 255879).
11. – Quanto ai motivi di ricorso inerenti alla partecipazione dei singoli
imputati alla ritenuta associazione a delinquere, conviene procedere in relazione
alle singole posizioni.
11.1. – In tal senso, il secondo motivo di ricorso nell’interesse di ARMUZZI
Stefano e il secondo motivo di ricorso nell’interesse di FALVO Antonella (genitori
di ARMUZZI Mauro) possono essere trattati congiuntamente e, altrettanto
congiuntamente, debbono ritenersi infondati.
11.1.1. – La Corte di merito, nel motivare sul punto, fa riferimento alla
posizione dei due ricorrenti come soggetti che, in assenza del figlio, ne
riscuotevano i crediti derivanti da attività illecite, e che intrattenevano serrati e
frequenti contatti telefonici non solo con il figlio, ma anche con altri coimputati:
vengono ad esempio richiamati, nella sentenza impugnata, i contatti e i
trasferimenti di danaro intercorsi fra ARMUZZI Stefano e FALVO Antonella da una
parte e il BNA’ e l’AUTERITANO dall’altra; e si evidenzia l’inverosimiglianza di
quanto argomentato dall’ARMUZZI Stefano e dalla FALVO in merito al fatto che i
trasferimenti di danaro in favore del figlio ARMUZZI Mauro -che viveva a
Barcellona- costituissero espressione del loro interessamento per costui, che a
loro dire avrebbe necessitato di sostegno economico: in realtà, osserva la Corte

4444/14 del Tribunale di Roma in composizione collegiale (con la quale

territoriale, l’ARMUZZI Mauro era stabilmente insediato nella città catalana, ove
gestiva un ristorante insieme al BNA’, e non necessitava certo di aiuto economico
da parte dei genitori, se non per questioni legate al traffico di stupefacenti. In tal
senso, deve ritenersi che sia logica e adeguata la motivazione della Corte di
merito sulla compartecipazione dell’ARMUZZI Stefano e della FALVO Antonella
all’attività criminosa, intesa anche come sodalizio finalizzato al traffico
internazionale di stupefacenti, nonché sulla loro consapevolezza di partecipare a
detto sodalizio.

personalmente da AUTERITANO Domenico e il primo motivo di ricorso
presentato, nel suo interesse, dall’avv. Bocci, vi si contesta il ruolo di
compartecipe dell’AUTERITANO al sodalizio criminoso, nonché la qualifica di
organizzatore allo stesso attribuita nell’ambito di detto sodalizio; nei motivi
aggiunti, sempre nell’interesse dello stesso imputato, l’avv. Gaito denuncia in
particolare, più diffusamente, l’attribuzione all’AUTERITANO del ruolo di
organizzatore dell’associazione di cui al capo A.
12.1. – Devono ritenersi infondate, ad avviso di questa Corte, tanto le
censure mosse alla motivazione della sentenza impugnata e riguardanti la
compartecipazione dell’AUTERITANO all’associazione, quanto quelle riguardanti il
suo ruolo di organizzatore.
12.1.1. – Il contributo associativo dell’AUTERITANO -arrestato il 18.12.2011
per il possesso di 110 gr. di ketamina e 20 gr. di ecstasy- si fonda, secondo la
sentenza impugnata:
– sulle dichiarazioni di Trabace Vito e Pizzilli Luciano, arrestati nel possesso
di un chilo di ecstasy e di 4 chilogrammi di hashish, dichiarazioni con le quali i
due soggetti affermavano di detenere lo stupefacente per conto terzi, e che
fornivano lo spunto investigativo in base al quale le indagini si erano concentrate
sull’AUTERITANO e su altri odierni imputati;
– sul contenuto di varie intercettazioni, intercorse fra l’AUTERITANO ed altri
originari od odierni coimputati (l’ARMUZZI Mauro, la BRAVETTI -che fungeva da
intermediaria per l’approvvigionamento di stupefacente-, la CONFALONE Claudia
-separatamente giudicata, la quale sollecitava il pagamento di una somma dì
danaro pari a 1000 euro all’AUTERITANO, il quale ne inviava a Londra il
controvalore -792 sterline- alla Confalone, ma con il falso nome di Maiorino
Melania-) dalle quali è emerso che l’AUTERITANO procacciava, d’intesa con
l’ARMUZZI Mauro, partite di stupefacente sul mercato estero -in particolare a
Londra e ad Amsterdam- da importare per la successiva cessione in Italia, ed è
stata ricavata la provenienza dello stupefacente di cui al capo B da una partita di
ketamina ed ecstasy destinata ad essere importata in Italia, in parte consegnata

12. – Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso rassegnato

all’ARMUZZI Mauro e in parte, appunto, all’AUTERITANO (il quale si era
incontrato con l’ARMUZZI nei giorni precedenti a Londra);
– sulla frequenza dei contatti fra l’AUTERITANO e l’ARMUZZI Mauro, nonché
con la Confalone e con la BRAVETTI, giustificata dal primo -in termini che la
Corte di merito qualifica come inverosimili- con la necessità di acquistare a
prezzo particolarmente conveniente piccoli quantitativi di droga, per saldare un
suo debito con la Confalone, nonché con la passione -comune allo stesso
AUTERITANO e all’Armuzzi- per gli eventi musicali in ambito europeo, in

personale o di gruppo.
La Corte territoriale osserva, ed argomenta correttamente, che la frequenza
e la natura dei contatti intercorsi fra l’AUTERITANO e gli altri soggetti coinvolti,
unitamente agli spostamenti dell’imputato in varie città europee, appaiono
sproporzionate rispetto ai limitati e modesti obiettivi dichiarati dallo stesso
AUTERITANO.
Va aggiunto che quest’ultimo, come testimoniano secondo la Corte di merito
gli esiti delle operazioni captative di conversazioni (alcune delle quali riportate
nella sentenza impugnata), era altresì dedito allo spaccio, anche autonomamente
(se ne dirà a proposito del capo F), dello stupefacente procurato all’estero.
Gli stretti legami dell’AUTERITANO con gli altri soggetti coinvolti, riferiti ad
approvvigionamenti e importazioni dall’estero di sostanza stupefacente (riguardo
ai quali pure risultano riportati alcuni stralci di conversazioni, sicuramente
eloquenti, nella pronunzia impugnata), denotano secondo la Corte territoriale
l’implicazione del ricorrente nel sodalizio criminoso, con argomentazioni logiche,
coerenti e tutt’altro che apparenti, che, ad avviso di questa Corte, resistono alle
censure al riguardo formulate ut supra.
12.1.2. – Quanto alla qualità di organizzatore attribuita all’AUTERITANO
nell’ambito dell’associazione a delinquere di cui al capo A, correttamente la Corte
territoriale ne conferma il fondamento con riferimento al contributo apportato dal
ricorrente al sodalizio: si ricorda, in proposito, che la pronunzia richiama un
orientamento fatto proprio anche da questa Sezione, in base al quale la qualifica
di “organizzatore”, all’interno di un’associazione criminosa dedita al traffico di
sostanze stupefacenti, spetta a chi assume poteri di gestione, quand’anche non
pienamente autonomi, in uno specifico e rilevante settore operativo del gruppo
(Cass. Sez. 4, n. 45018 del 23/10/2008 – dep. 03/12/2008, Cela e altro, Rv.
242032: fattispecie relativa al riconoscimento della qualifica in capo al soggetto
che manteneva per conto dell’associazione i contatti con il fornitore estero del
sodalizio e con gli spacciatori reclutati nel territorio nazionale). Nella pur succinta
motivazione della Corte di merito sul punto, è dato ravvisare, in modo comunque

occasione dei quali essi acquistavano limitate quantità di stupefacenti per uso

esaustivo, la sussistenza e la facile verificabilità di tali condizioni nelle condotte
attribuite all’AUTERITANO, in modo tale che, anche a tale riguardo, la
motivazione contenuta nell’impugnata sentenza risulta scevra da illogicità e
carenze sindacabili in questa sede di legittimità.
13. – Parimenti infondate sono le censure mosse nel primo motivo di ricorso
nell’interesse di DI VITO Daniele e nella successiva memoria presentata dall’avv.
Biffa in merito al suo ruolo di organizzatore nell’associazione criminosa.
13.1. – Tale ruolo è dato evincere dalla complessiva narrativa contenuta

passaggi come soggetto coinvolto a un qualificato livello nell’organizzazione
dell’importazione di stupefacente (vds. ad esempio vicende di cui al capo C, in
stretto e costante contatto con altri odierni imputati, nonché di cui al capo E),
ben introdotto nei canali di approvvigionamento transnazionale comuni agli altri
soggetti coinvolti, nonché nell’organizzazione del trasporto dello stupefacente da
importare. I contatti e le interazioni criminose del DI VITO con i suoi referenti che, per come descritti nella sentenza impugnata, testimoniano come
l’organizzazione criminosa cui lo stesso apparteneva avesse una struttura non
verticistica o piramidale, ma piuttosto “orizzontale”, fatta di mutua
collaborazione e assistenza (anche di tipo legale) di tutti gli associati, di
ramificazioni anche fuori dei confini italiani (in Olanda, in Spagna e perfino in
Sudamerica), nonchè di compartecipazione anche alle attività organizzative
finalizzate all’ottenimento degli scopi criminosi del sodalizio- sono in buona parte
da lui stesso ammessi e descritti nella memoria redatta 1’11 marzo 2013
richiamata e riportata per estratto nella sentenza impugnata.
Quanto al fatto che il DI VITO, nell’operare al servizio del sodalizio, non
avrebbe adottato decisioni autonome ed avrebbe in qualche modo eseguito
direttive di altri compartecipi, va osservato che non per questo viene meno, in
capo allo stesso, la nozione di organizzatore a lui attribuita: all’uopo appare
pertinente -con riferimento alle condotte attribuite al ricorrente- il richiamo
giurisprudenziale, contenuto nella sentenza impugnata, riferito all’attribuzione
della qualifica di organizzatore “all’affiliato che, sia pure nell’ambito delle
direttive impartite dai capi e non necessariamente dalla costituzione del sodalizio
criminoso, esplica con autonomia la funzione di curare il coordinamento
dell’attività degli altri aderenti ovvero l’impiego razionale delle strutture e delle
risorse associative o di reperire i mezzi necessari alla realizzazione del
programma criminoso” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 37370 del 07/06/2011 – dep.
17/10/2011, Bianchi e altri, Rv. 250491; vds. anche Cass. Sez. 6, Sentenza n.
1793 del 03/06/1993).

nella sentenza impugnata, nel cui contesto espositivo il DI VITO è descritto in più

14. – Quanto al primo motivo di ricorso nell’interesse di BNA’ Carlo, riferito
al suo ruolo di partecipe nell’associazione a delinquere, anch’esso è infondato.
14.1. – La doglianza al riguardo formulata dal ricorrente riguarda l’attività di
riciclaggio dei proventi dell’associazione in relazione alla gestione del ristorante
in Barcellona assieme a ARMUZZI Mauro, ma altresì investe direttamente le
condotte attribuite al BNA’ con riferimento al capo D, a loro volta sintomatiche
del suo inserimento nel sodalizio criminoso di cui al capo A. A fronte delle
censure difensive, va detto che la Corte di merito si sofferma sul ruolo del BNA’ a

Barcellona, illustrando in modo sintetico ma puntuale le circostanze in base alle
quali trae il convincimento della compartecipazione del BNA’ al contesto
associativo, oltrechè all’importazione di 210 grammi di ecstasy allo stato solido e
700 allo stato liquido, in relazione alla quale ARMUZZI Mauro veniva poi
arrestato il 18 gennaio 2012: nella sentenza impugnata si ripercorrono non solo i
passaggi di danaro attivi e passivi reiteratamente intervenuti tra lo stesso BNA’ e
i genitori di ARMUZZI Mauro (ossia gli odierni imputati ARMUZZI Stefano e
FALVO Antonella), sintomatici -si legge nella sentenza impugnata-

“del

coinvolgimento degli imputati nella gestione dei proventi del traffico di
stupefacenti e del sostenimento delle relative spese”; ma altresì le conversazioni
intercorse fra il BNA’ e l’ARMUZZI Mauro nell’imminenza dell’arresto di
quest’ultimo, dimostrativi non solo della consapevolezza del BNA’ circa la
condotta illecita di ARMUZZI Mauro ma anche del suo apporto -non solo moralea tale condotta, nonché fra lo stesso BNA’ e i genitori dell’ARMUZZI, di cui la
Corte territoriale argomenta in modo ampio e preciso l’attinenza all’importazione
di stupefacente contestata al capo D, al ruolo di concorrente in essa rivestito dal
BNA’ e al suo ruolo di compartecipe in riferimento all’imputazione associativa di
cui al capo A. Particolarmente sintomatico, con riferimento all’intraneità
associativa del BNA’, è il richiamo alle telefonate -menzionate nella sentenza
impugnata- in cui il BNA’ conversa con i genitori di ARMUZZI Mauro, dopo
l’arresto di quest’ultimo, delle spese legali da affrontare, e che egli si è detto
disponibile a sostenere; così come alla telefonata del 26 gennaio 2012 fra il BNA’
e l’ARMUZZI Stefano, in cui quest’ultimo chiede e ottiene dal BNA’ l’assicurazione
di portare in Italia il computer del figlio, rimasto in Spagna, nel timore che
all’interno di esso siano contenute notizie o dati compromettenti ai fini delle
indagini. Ne discende che il vizio di motivazione oggetto di censura difensiva nel
primo motivo di ricorso presentato nell’interesse del BNA’ è infondato e non
merita accoglimento.
15. – Passando agli ulteriori motivi di ricorso, più specificamente riferiti ai
reati-scopo, valgono le seguenti considerazioni.

C)’

sostegno dell’ARMUZZI Mauro, suo socio nella gestione di un ristorante a

16. – Quanto al motivo di ricorso dell’AUTERITANO circa l’addebito di cui al
capo B con riferimento al quantitativo di stupefacente ulteriore rispetto a quello
trovato in suo possesso, e, correlativamente quanto al primo e secondo motivo
di ricorso presentato nell’interesse di BRAVETTI Veronica, le doglianze sono
infondate e vanno respinte. La sentenza impugnata dà ampiamente conto, nella
motivazione, delle ragioni sulle quali si fonda il convincimento in ordine al fatto
che lo stupefacente sequestrato all’AUTERITANO il 18.12.2011 fosse solo una
parte della partita destinata a essere importata nell’ambito della stessa

telefoniche, alcune delle quali riportate per stralcio nella motivazione della
sentenza (vds. pagine 1, 2, 19 e 20 sentenza Corte Appello di Roma) e che
paiono sufficienti a questa Corte ai fini del necessario compendio motivazionale
in ordine al reato di cui al capo B, e a disattendere le censure circa i presunti vizi
di motivazione denunciati dai ricorrenti.
16.1. – Per ragioni in parte similari va dichiarato infondato il motivo
conclusivo del ricorso personalmente presentato dall’AUTERITANO Domenico,
riferito alla motivazione della Corte di merito circa la configurabilità, a carico
dello stesso, degli estremi del reato di cessione di stupefacenti di cui al capo F.
Sebbene il ricorrente lamenti che il fondamento dell’accusa de qua riposerebbe
unicamente sulla frequenza dei contatti telefonici (definiti in sentenza “frenetici”)
tra l’AUTERITANO e soggetti terzi, va detto che la sentenza impugnata offre
altresì contezza del tenore dei contatti telefonici in base ai quali l’AUTERITANO è
stato ritenuto responsabile del reato di cessione a terzi di sostanza stupefacente:
ci si riferisce ad esempio alla telefonata, menzionata a pagina 2 della pronunzia
impugnata, occorsa il 18 dicembre 2011, giorno dell’arresto dell’AUTERITANO, in
cui alla domanda di uno sconosciuto, che gli chiedeva se egli disponesse di
Calvin Klein o Maria Maddalena (indicate come espressioni codificate riferite a
Ketamina ed ecstasy), l’AUTERITANO rispondeva in modo affermativo (e infatti,
lo stesso giorno, egli veniva trovato in possesso di grammi 20 di ecstasy e
grammi 110 di ketamina).
17. – Per evidenti ragioni di sovrapponibilità argomentativa rispetto a quanto
già osservato a proposito dell’imputazione associativa, e per gli stessi motivi

(v.

supra, par. 14.), deve ritenersi parimenti infondato il secondo motivo di ricorso
nell’interesse di BNA’ Carlo, riferito al suo ruolo di compartecipe nel reato di cui
al capo D: sul punto, come già osservato a proposito del motivo di ricorso riferito
al delitto associativo di cui al capo A, la motivazione della sentenza impugnata
appare sufficientemente esaustiva, logicamente immune da censure e tale da
rendere evidente il ruolo di concorrente del BNA’ nel reato-scopo in esame.

dfdk

operazione criminosa: ragioni che riposano su numerose intercettazioni

18. – Possono essere congiuntamente trattati i motivi di ricorso riferiti alla
mancata derubricazione della fattispecie associativa nell’ipotesi di cui al comma
VI dell’art. 74 D.P.R. 309/1990, nonché alla mancata derubricazione dei reati
scopo in ipotesi riconducibili a quella di cui al comma V dell’art. 73 D.P.R.
309/1990. Ci si riferisce pertanto al terzo motivo di ricorso nell’interesse di
ARMUZZI Mauro e Stefano; al terzo motivo di ricorso nell’interesse di FALVO
Antonella; al terzo motivo di ricorso presentato personalmente da AUTERITANO
Domenico; al terzo (e, in parte qua, al primo motivo) di ricorso presentato

18.1. – In estrema sintesi, tutte le censure

de quibus vertono sulla

derubricabilità o meno dei reati contestati (sia quello associativo che i reati
scopo) in ipotesi qualificabili come di lieve entità.
18.2. – Va premesso, con peculiare riguardo all’imputazione associativa, che
secondo l’indirizzo di questa Corte l’ipotesi prevista dal comma sesto dell’art. 74
d.P.R. n. 309 del 1990 richiede, quale imprescindibile condizione, che tutte le
singole condotte commesse in attuazione del programma criminoso siano
sussumibili nella fattispecie dei fatti di lieve entità e di minima offensività previsti
dall’art. 73, comma quinto, del medesimo d.P.R. n. 309 (Cass. Sez. 1, n. 4875
del 19/12/2012 – dep. 31/01/2013, Abate e altri, Rv. 254194; in senso
conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 48676 del 14/05/2014).
18.3. – Sul punto, la motivazione della sentenza impugnata è esaustiva e
non abbisogna di particolari commenti, facendo riferimento fra l’altro -in termini
pienamente compatibili con il caso di specie- ad ulteriore giurisprudenza di
questa Corte, nella quale si precisa che, ai fini dell’applicabilità della fattispecie di
cui all’art. 74, comma sesto, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, non è sufficiente
tener conto delle quantità effettivamente scambiate, ma occorre far riferimento
anche a quelle trattate e offerte in vendita dai partecipanti all’associazione
(Cass. Sez. 6, n. 37983 del 16/03/2004 – dep. 27/09/2004, Benevento ed altri,
Rv. 230372; e vds. Cass. Sez. 4, n. 38133 del 02/07/2013 – dep. 17/09/2013,
Cuomo e altri, Rv. 256289).
Ora, dal complesso dei fatti oggetto del giudizio di merito e delle prove ivi
raccolte e illustrate dalla Corte territoriale, emerge con chiarezza che i
quantitativi di sostanza stupefacente trattata dai coimputati erano in generale
tutt’altro che trascurabili; e che l’importazione di essi richiedeva e implicava un
assetto organizzativo certamente inspiegabile con approvvigionamenti di modesti
quantitativi, ed effettivamente predisposto dagli odierni imputati.
18.4. – Quanto alla riconducibilità al comma V dell’art. 73 D.P.R. 309/1990
del reato ascritto in particolare agli imputati AUTERITANO e BRAVETTI (capo B),
la Corte territoriale ha debitamente precisato nella pronuncia oggetto di ricorso

J

nell’interesse di BRAVETTI Veronica.

che l’AUTERITANO Domenico, i cui contatti con BRAVETTI Veronica sono stati
ampiamente illustrati sia nella sentenza impugnata che supra, fu trovato in
possesso di 110 grammi di ketamina e 20 grammi di ecstasy, in occasione del
suo arresto avvenuto il 18 dicembre 2011, e che tale quantitativo non costituiva
che una parte dello stupefacente che doveva essere importato nella medesima
operazione; a ciò si aggiunga, come ampiamente argomentato dalla Corte di
merito, che gli stessi contatti occorsi fra l’AUTERITANO e la BRAVETTI fanno
evidentemente riferimento a quantitativi di stupefacente assolutamente non

dell’imputazione di cui trattasi nella lex mitior.
18.5. – Da quanto precede discende l’infondatezza dei motivi di ricorso ai fini
dell’invocata derubricazione dei reati de quibus in ipotesi di lieve entità.
19.

– Quanto agli ulteriori motivi di ricorso, agli stessi si addice una

valutazione effettuata singolarmente sulle posizioni di ciascun ricorrente.
20.

– Quanto al secondo motivo di ricorso presentato personalmente da

AUTERITANO Domenico, che si riferisce al mancato accoglimento delle doglianze
difensive sia in riferimento alla sussistenza delle ipotesi di reato a lui contestate
sia in riferimento ai provvedimenti cautelari adottati a suo carico, lo stesso deve
ritenersi palesemente generico -in quanto affetto da mancanza di specifica
correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione- e, dunque, inammissibile.
21. – Quanto ai motivi di ricorso nell’interesse di AUTERITANO Domenico
riferiti alla mancata concessione al medesimo delle circostanze attenuanti
generiche (si richiama, in parte qua, il terzo motivo del ricorso presentato
personalmente dallo stesso imputato, nonchè il terzo motivo di ricorso
presentato nel suo interesse dall’avv. Bocci), gli stessi sono palesemente
infondati e vanno dichiarati inammissibili.
Ed invero, la motivazione del diniego delle attenuanti generiche da parte
della Corte territoriale è pienamente sufficiente e rispondente ai requisiti fissati
dalla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, per motivare il
diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il
giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a
quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti
gli altri da tale valutazione (da ultimo, vds. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28535 del
19/03/2014, Rv 259899); ed a tanto la Corte di merito ha provveduto sia
richiamando il peculiare disvalore della condotta, sia nell’intero compendio
motivazionale riferito alla vicenda, ampiamente indicativo della gravità del fatto.
Nella specie, poi, la motivazione oggetto di doglianza è tale da richiamare gli

riducibili a dosi di modesta entità e incompatibili eo ipso con la derubricazione

elementi, ritenuti significativi, di cui all’art. 133 c.p., che come è noto sono
indicati dalla pacifica giurisprudenza di questa Corte come i parametri cui il
giudice deve attenersi nel concedere o negare le circostanze attenuanti di cui
all’art. 62 bis c.p., nel senso però che egli può limitarsi a prendere in esame, tra
gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto
a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo
elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle
modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (ex multis vds.

valutazioni, in altra recente pronunzia questa Corte ha precisato che motivare il
diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il
giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a
quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o
superati da tale valutazione (Cass. Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014 – dep.
03/07/2014, Lule, Rv. 259899).
In tale quadro, è evidente che la valutazione di sintesi operata dalla Corte di
merito risponde pienamente ai requisiti motivazionali indicati dalla
giurisprudenza sopra richiamata.
22.

– Ancora con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti

generiche, per analoghe ragioni sono inammissibili perché manifestamente
infondati il quinto motivo di ricorso presentato nell’interesse di ARMUZZI Mauro e
Stefano e il quarto motivo di ricorso presentato nell’interesse di FALVO
Antonella, nonché il quarto motivo di ricorso presentato nell’interesse di
BRAVETTI Antonella. Al riguardo, questa Corte si limita a richiamare le
considerazioni testè svolte a proposito dell’analogo motivo di ricorso presentato
personalmente da AUTERITANO Domenico e, separatamente, dal suo difensore,
sicuramente valevoli anche nei riguardi degli imputati ARMUZZI (Mauro e
Stefano) e FALVO.
23. – Sempre con riferimento alle attenuanti generiche, ma in questo caso
con riferimento alla mancata diminuzione della pena nella massima estensione, il
secondo motivo di ricorso presentato nell’interesse di DI VITO Daniele è
infondato.
23.1. – È infatti ben vero che la Corte di merito avrebbe potuto in teoria
diminuire la pena, per effetto della concessione delle attenuanti generiche
prevalenti, in misura maggiore rispetto a quella risultante dalla sentenza
impugnata; ma è altresì vero che, dando ampia motivazione da un lato in ordine
alla gravità dei fatti, dall’altro in ordine al più favorevole trattamento
sanzionatorio nei riguardi del DI VITO (in relazione al suo atteggiamento

Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3609 del 18/01/2011, Rv 249163). In linea con tali

collaborativo), la Corte territoriale ha comunque assolto a un obbligo di
motivazione circa la determinazione della pena in termini che, verificati alla luce
della giurisprudenza di questa Corte in casi simili, non consentono di ravvisare
alcun vizio di legittimità. Al riguardo, si richiama Cass. Sez. 3, n. 13210 del
11/03/2010 – dep. 08/04/2010, Puzzo, Rv. 246820, secondo la quale non è
ravvisabile il vizio di contraddittorietà della motivazione nel caso in cui il giudice,
pur ritenendo le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate
aggravanti in sede di giudizio di bilanciamento, non operi la riduzione di pena

continuano a costituire elementi di qualificazione della gravità della condotta; ed
ancora, si richiamano Cass. Sez. U, Sentenza n. 10713 del 25/02/2010 Ud.
(dep. 18/03/2010 ) Rv. 245931, e -in termini- Cass. Sez. 4, Sentenza n. 25532
del 23/05/2007 Ud. (dep. 04/07/2007) Rv. 236992, secondo cui le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti sono
censurabili in cassazione soltanto nelle ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio
o di ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare la soluzione della
equivalenza aver ritenuto detta soluzione la più idonea a realizzare l’adeguatezza
della pena irrogata in concreto.
24. – Deve ritenersi infondato anche il terzo motivo di ricorso di DI VITO
Daniele, riferito alla carenza di motivazione circa l’entità dell’aumento di pena
per la continuazione con riferimento ai reati-satellite.
L’aumento di pena è stato determinato in cinque mesi di reclusione per
ciascuno reato-scopo, non dissimilmente da quanto stabilito per gli altri
coimputati; ciò, ad avviso di questa Corte, oltre a non comportare un aggravio di
pena particolarmente significativo in rapporto al disvalore dei fatti-reato ascritti
al ricorrente e alle pene edittali per essi previste, integra sia pur indirettamente
una motivazione sufficiente; oltretutto, la prevalente giurisprudenza di questa
Corte afferma che, in tema di determinazione della pena nel reato continuato,
deve ritenersi congruamente motivata la sentenza che faccia riferimento alle
modalità dei fatti ed ai precedenti penali specifici degli imputati; non sussiste,
invece, l’obbligo di specifica motivazione per gli aumenti di pena a titolo di
continuazione, valendo a questi fini le ragioni a sostegno della quantificazione
della pena-base (vds. Cass. Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014 – dep. 25/11/2014,
lussi e altri, Rv. 261424; Cass. Sez. 2, n. 4707 del 21/11/2014 – dep.
02/02/2015, Di Palma e altro, Rv. 262313). Al riguardo, è ben vero che in una
recente sentenza questa Sezione ha formulato un principio di diritto
apparentemente diverso (Cass. Sez. 4, n. 28139 del 23/06/2015 – dep.
02/07/2015, Puggillo, Rv. 264101), ma nel caso di specie si aveva cura di
precisare che “una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti

nella massima misura possibile in ragione della sussistenza delle aggravanti che

dal giudice nella determinazione della pena si richiede nel caso in cui la sanzione
sia determinata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore
alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la
scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 c.p., di irrogare una
pena in misura media o prossima al minimo edittale (Sez. 4^, n. 27959 del
18/06/2013, Pasquali, Rv. 258356; Sez. 2^, n. 28852 del 8/05/2013, Taurasi,
Rv.256464; Sez. 4^, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv.256197)”. Perciò,
riportando siffatti principi al caso che ne occupa, appare evidente come alcun

dell’aumento di pena per i reati-satellite, aumento -come si è visto- contenuto in
termini assai moderati, oltrechè identico per i diversi imputati.
25. – Circa il quarto motivo di ricorso nell’interesse di ARMUZZI Mauro,
riferito al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione fra il reato a lui
contestato al capo D e una precedente sentenza del GIP presso il Tribunale di
Milano in data 21.9.2012 (indicata nel ricorso come irrevocabile), trattasi di
motivo inammissibile.
25.1. – Al riguardo, infatti, si rammenta che in base all’indirizzo seguito da
questa Corte è inammissibile, per mancato rispetto del principio di
autosufficienza, il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità
della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga
la loro integrale trascrizione o allegazione, così da rendere lo stesso
autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (Cass. Sez. 2, n. 26725 del
01/03/2013 – dep. 19/06/2013, Natale e altri, Rv. 256723; nello stesso senso,
vds. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 43322 del 02/07/2014 Cc. -dep. 16/10/2014Rv. 260994; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23308 del 18/11/2014 Ud. – dep.
29/05/2015- Rv. 263601). Nel caso di specie, il ricorrente non ha né trascritto,
né allegato la sentenza cui il motivo di ricorso in esame fa riferimento,
limitandosi a menzionare data di emissione e autorità giudiziaria che l’ha
emessa, a precisare che la sentenza è passata in giudicato e a specificare che la
richiesta di riconoscimento della continuazione

de qua è stata formulata e

verbalizzata avanti la Corte di merito; ciò, però, non soddisfa le condizioni di
autosufficienza prescritte dalla giurisprudenza di questa Corte, condizioni che
valgono nel giudizio di cognizione, sia in sede di merito (si ricordano, al riguardo,
le condizioni per il soddisfacimento dell’onere di allegazione gravante sulla parte
come precisate da Cass. Sez. 2, n. 9275 del 14/02/2014 – dep. 26/02/2014,
Tassone, Rv. 259069, nonché Cass. Sez. 5, n. 9277 del 17/12/2014 – dep.
03/03/2015, Infantolino, Rv. 262817) sia, e a maggior motivo, nel giudizio di
legittimità. Pertanto, il motivo di ricorso in esame così articolato non supera il
vaglio di ammissibilità.

vizio di motivazione sia nella specie ravvisabile in punto di motivazione

26.- Devono invece ritenersi fondati, e tali da determinare l’annullamento
parziale con rinvio della pronunzia impugnata, il ricorso presentato
personalmente da AUTERITANO Domenico (in parte qua) e il secondo motivo di
ricorso presentato, sempre nell’interesse dell’AUTERITANO, dall’avv. Bocci (e
ripreso nella memoria dell’avv. Gaito), laddove essi si riferiscono sia alla carenza
di motivazione della sentenza impugnata in ordine alle ragioni del mancato
assorbimento dell’imputazione di cui al capo F (cessione a terzi di sostanza
stupefacente) in quella di cui al capo B (importazione e detenzione di sostanza

ne bis in idem, con riguardo alla precedente sentenza pronunciata dal Tribunale
di Roma in composizione monocratica in data 10.2.2012 in separato
procedimento (n. 22776/2011 R.G.Dib.), vertente su ipotesi di detenzione, da
parte dell’AUTERITANO, quanto meno di una parte dello stesso quantitativo di
stupefacente (ecstasy e ketamina) oggetto dell’odierno capo B, sequestrato
all’imputato in data 18.12.2011.
26.1. – Quanto al primo dei due aspetti considerati, è fondata la censura
secondo cui la Corte di merito ha completamente omesso di motivare -pur a
fronte di specifica doglianza difensiva- circa la pluralità di condotte criminose
ascritte all’AUTERITANO ai capi B ed F e la sussistenza o meno di ipotesi di
assorbimento, ovvero di concorso formale di reati: al riguardo, è noto che
l’indagine circa la configurabilità dell’una o dell’altra ipotesi necessita di apposito
scrutinio, atteso che l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 ha natura giuridica di
norma a più fattispecie, con la conseguenza che, da un lato, il reato è
configurabile allorchè il soggetto abbia posto in essere anche una sola delle
condotte ivi previste, dall’altro, deve escludersi il concorso formale di reati
quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche
alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di
continuità dallo stesso soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima
sostanza stupefacente (ex multis, vds. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7404 del
15/01/2015 Ud. -dep. 19/02/2015- Rv. 262421); nella specie, la prospettazione
difensiva si riferisce a un quantitativo di stupefacente rispetto al quale
l’importazione e la detenzione da parte dell’AUTERITANO risulterebbero
contestuali ai contatti tra lo stesso imputato e presunti acquirenti, ai quali il
prevenuto fornisce informazioni circa le tipologie di stupefacente detenuto; a
fronte di ciò, la Corte territoriale non ha speso alcun argomento circa i motivi di
rigetto della richiesta difensiva di valutare l’assorbimento dell’ipotesi di reato di
cui al capo F in quella contestata al capo B; perciò la motivazione è, sul punto,
carente.

stupefacente); sia alla carenza di motivazione circa la violazione del principio del

26.2. – Quanto poi all’invocato ne bis in idem tra il fatto contestato
all’AUTERITANO al capo B e la precedente sentenza di condanna emessa a carico
dello stesso AUTERITANO in data 10.2.2012, quest’ultima si riferisce, sia pure in
parte (ossia con specifico riferimento allo stupefacente trovato nella disponibilità
dell’imputato il 18.12.2011), allo stesso fatto oggetto dell’imputazione di cui al
citato capo B. Ora, va precisato che al riguardo il ricorrente ha assolto all’onere
di allegazione producendo copia della sentenza del 10.2.2012, dalla quale si
evince la fondatezza dell’assunto, avendo il ricorrente già riportato condanna,

che, quanto meno con riferimento al quantitativo di ketamina ed ecstasy
sequestrato all’AUTERITANO il 18 dicembre 2012, è fondata la prospettazione
circa l’esistenza di un’ipotesi di (almeno parziale)

ne bis in idem ex art. 649

c.p.p. rispetto alla ridetta sentenza del Tribunale di Roma in composizione
monocratica; e va detto che, sul punto, la sentenza impugnata ha bensì dato
conto della denuncia da parte del ricorrente della pendenza di altro procedimento
per lo stesso fatto, ma al riguardo ha ancora una volta omesso di rendere
motivazione.
27. – Poiché, comunque, ambedue i motivi di annullamento sopra indicati
comportano un riesame da parte del giudice di merito in ordine, da un lato, alla
sussistenza o meno dei presupposti circa l’assorbimento del delitto di cui al capo
F in quello di cui al capo B e, dall’altro, in ordine alla verifica delle condizioni per
la sussistenza del ne bis in idem di cui sopra, nonché della relativa incidenza
quoad poenam,

s’impone l’annullamento della sentenza impugnata,

limitatamente alle dette questioni, con rinvio ad altra Sezione della Corte di
Appello di Roma per nuovo giudizio.
Per il resto, i ricorsi vanno rigettati, con condanna di tutti i ricorrenti
(eccezion fatta per AUTERITANO Domenico) al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di
Appello di Roma, nei confronti di AUTERITANO Domenico, limitatamente alla
questione concernente l’assorbimento dell’imputazione a lui mossa al capo F in
quella di cui al capo B, nonché alla questione relativa all’applicabilità dell’art. 649
c.p.p. in relazione al fatto contestato all’AUTERITANO al capo B e alla precedente
sentenza di condanna emessa a carico dello stesso AUTERITANO dal Tribunale di
Roma in data 10.2.2012; rigetta nel resto il ricorso dell’AUTERITANO.

con detta sentenza, in relazione all’addebito in parola. Risulta perciò evidente

Rigetta i ricorsi di ARMUZZI Stefano, ARMUZZI Mauro, DI VITO Daniele,
BNA’ Carlo, FALVO Antonella e BRAVETTI Veronica e condanna gli stessi al
pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5.11.2015.

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