Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48378 del 03/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48378 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ODELLI ALESSANDRO MARIA N. IL 06/02/1994
avverso la sentenza n. 5/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
27/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
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Udito il Procuratore Generale ispersona del Dott.
che ha concluso per
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Data Udienza: 03/11/2015

Ritenuto in fatto
1. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Odelli Alessandro Maria avverso la
sentenza emessa in data 27.5.2014 dalla Corte di appello di Brescia che, in parziale
riforma di quella in data 16.7.2013 del Tribunale di Bergamo, riduceva, con le già
concesse attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante di cui all’art. 80 comma 1
lett. A) dPR cit., la pena inflitta al predetto a mesi quattro di reclusione ed C 1.400,00
di multa per il reato di cui all’art. 73 comma V dPR 309/1990 (cessione di 1 grammo
di marijuana).

dell’imputato.

Considerato in diritto
3. Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata,
aspecifica e non consentita nella presente sede.
4. E’ palese la sostanziale aspecificità della censura che ha riproposto in questa sede
pedissequamente la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte territoriale
e da quel giudice disattese con motivazione compiuta e congrua, immune da vizi ed
assolutamente plausibile su tutti i punti oggetto dei vari motivi di ricorso di cui il
ricorrente non sembra aver tenuto alcun conto, adducendo, per lo più, alternative
spiegazioni delle argomentazioni offerte dalla Corte per contrastare le doglianze
difensive rappresentate in appello.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Peraltro, la censura si risolve in deduzioni in punto di fatto insuscettibili, come tali, di
aver seguito nel presente giudizio di legittimità, anche perché la motivazione della
impugnata sentenza si sottrae ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza, di
completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Non è poi inutile ricordare che il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e),
come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la
Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del
processo”, non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio
di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa
2

2. Deduce il vizio motivazionale in relazione alla commissione del fatto da parte

prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una
rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove
acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità
di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della prova”, finora
ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale
la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del

onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza travisamenti,
all’interno della decisione (Cass. pen. Sez. IV, 19.6.2006, n. 38424). Inoltre, il
riferimento agli atti del processo, va interpretato in un senso che non privi di qualsiasi
significato il limite della contestualità imposto dalla stessa disposizione; e quindi va
interpretato come relativo solo agli atti dai quali derivi un obbligo di pronuncia che si
assuma violato dal giudice del merito, come ad esempio la richiesta di una circostanza
attenuante o della sostituzione della pena detentiva. Infatti, se il vizio di motivazione
deve risultare dal testo della decisione impugnata, come tradizionalmente si riconosce
anche quando si attribuisce in via esclusiva al giudice del merito la selezione delle
prove, questa selezione non può essere censurata neppure se il ricorso risulti
effettivamente autosufficiente, perché il divieto di accesso agli atti istruttori è la
conseguenza di un limite posto all’ambito di cognizione della Corte di cassazione, non
ha una funzione solo “logistica”, che possa essere soddisfatta mediante la trascrizione
dei verbali di prova nel ricorso.
5. Consegue l’inammissibilità dei ricorsi e, con essa, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro
1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3.11.2015s
, .

contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti

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