Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4837 del 03/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4837 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

1) DRIDI Hikel, n. Monastir (Tun) 20.10.1987
2) DRIDI Ouissem Ben Abdelhamid, n. Monastir (Tun) 16.1.1984
3) MESSAOUDI Sami, n. Kefi (Tun) 25.5.1980
4) MNASSER Wissem, n. Monastir (Tun)18.8.1988
5) SALEM Mohamed, n. Sayda (Tun) 2.9.1969

avverso la sentenza n. 1622/13 Corte d’Appello di Catania del 18/06/2013

esaminati gli atti e letti i ricorsi ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto PG, dott. V. D’Ambrosio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso presentato da Mnasser, per il rigetto dei ricorsi di Dridi
Hikel e Dridi Ouissem, per l’annullamento con rinvio limitatamente all’espulsione dei ricorsi di
Messaoudi e Salem e per il rigetto dei ricorsi nel resto;
udito il difensore avv. Massimo Garofalo per Mnasser Wissem – anche in sostituzione dello
avv. Salvatore Citrella per Salem Mohamed – il quale ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi
rispettivamente patrocinati
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Data Udienza: 03/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Catania ha confermato quella emessa dal
GUP del locale Tribunale in data 26/07/2012, ribadendo la condanna di Dridi Hikel, Dridi Ouissem Ben Abdelhamid, Messaoudi Sami, Mnasser Wissem e Salem Mohamed alle pene rispettivamente loro inflitte in primo grado di nove anni e otto mesi di reclusione per Dridi Hikel (capi
A e B), dieci anni e quattro mesi di reclusione per Dridi Ouissem Ben Abdelhamid (capi A, B ed

per Mnasser (capi A, B, E), nove anni e otto mesi di reclusione per Salem (capi A, B, E), tutti
imputati di reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
La Corte territoriale ha confermato le valutazioni del giudice di primo grado riguardo alla sussistenza di un’associazione, promossa dai fratelli Dridi e costituita prevalentemente da connazionali tunisini, dedita al traffico al dettaglio di sostanze stupefacenti, operativa a cavallo
degli anni 2008 e 2009 nel territorio dei Comuni di Vittoria (Rg) e Santa Croce Camerina (Rg)
ed avente in Palermo la sede dei propri canali di rifornimento.
Il compendio probatorio è stato individuato in servizi di osservazione e controllo (OCP) effettuati anche mediante videoriprese presso abitazioni e casolari di alcune contrade dell’agro
ragusano, individuate dagli inquirenti ed effettivamente utilizzate dagli associati come basi logistiche dei traffici al dettaglio di stupefacenti, nelle risultanze delle intercettazioni telefoniche,
nel sequestro di sostanze stupefacenti nei confronti di alcuni imputati (Mnasser, Salem, Dridi
Ouissem, Messaoudi) seguito dal relativo arresto in flagranza di reato e di quelle rinvenute in
possesso dagli acquirenti al dettaglio dal gruppo criminale, nelle dichiarazioni, infine, auto ed
etero accusatorie rese dai promotori del sodalizio, i fratelli Dridi.
La Corte territoriale ha, altresì, ritenuto il carattere armato dell’associazione, comprovato sia
dal sequestro di cinquanta cartucce calibro 7,65 che dalle ammissioni rese al riguardo da Dridi
Ouissem nonché dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche, evocative non solo del possesso di una pistola, ma anche della relativa disponibilità per le esigenze collettive dei partecipi
all’associazione; ha, inoltre, escluso la possibilità di ravvisare da un lato l’ipotesi di cui all’art.
73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 e dall’altro l’attenuante di cui all’art. 74, comma 6 stesso
Decreto, attesa la circostanza che il sodalizio commerciava stupefacenti di due diverse qualità
(cocaina e hashish), entrambe in quantità considerevoli e tali da escludere la ricorrenza sia
dell’ipotesi del fatto lieve che dell’invocata attenuante speciale.

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, deducendo rispettivamente:

Dridi Hikel, violazione della legge processuale in relazione all’art. 143 cod. proc. pen., dolendosi della valutazione del giudice di primo grado che, ritenendo comprovata la conoscenza

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E), dieci anni di reclusione per Messaoudi (capi A, B ed E), dieci anni e tre mesi di reclusione

della lingua italiana sulla base degli esiti delle intercettazioni telefoniche, aveva revocato la nomina dell’interprete di lingua araba in precedenza disposta; difetto di motivazione in ordine alla
mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche in prevalenza, anziché in equivalenza, sulle contestate aggravanti; violazione della legge penale riguardo alla mancata applicazione degli artt. 73, comma 5 e 74, comma 6 d.P.R. n. 309 del 1990.

Dridi Ouissem, gli stessi motivi articolati dal fratello e coimputato Hikel;

Messaoudi Sami, violazione della legge penale per erronea applicazione dell’art. 74 d.P.R. n.

zioni probatorie; vizio di motivazione in ordine alla partecipazione alla associazione criminale;
illogicità della motivazione in ordine al carattere armato dell’associazione; vizio di motivazione
in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui al comma 3 dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990
del numero superiore a dieci; mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della pena e al diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche; omessa motivazione in
ordine alla misura di sicurezza dell’espulsione di cui all’art. 86 d.P.R. n. 309 del 1990;

Mnasser Wissem, violazione di legge penale per erronea applicazione dell’art. 74 d.P.R. n.
309 del 1990 di cui si censura la ritenuta sussistenza delle condizioni sulla base delle acquisizioni probatorie; vizio di motivazione in ordine alla partecipazione alla associazione criminale;
illogicità della motivazione in ordine al carattere armato dell’associazione; mancanza di motivazione riguardo alla determinazione della pena e al diniego di concessione delle circostanze
attenuanti generiche;

Salem Mohamed, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta partecipazione alla associazione criminale promossa dai fratelli Dridi: ad avviso del ricorrente né l’esiguità del numero delle conversazioni intercettate che lo riguardano, né la chiamata di correità
di uno dei fratelli Dridi, né l’arresto in flagranza di reato il giorno 10 novembre 2008 costituiscono dati probatori decisivi per inferire detta partecipazione; violazione di legge e vizio di motivazione riguardo al concorso nei delitti di armi di cui al capo E (idem); vizio di motivazione in
ordine alla determinazione della pena ed al diniego di concessione delle circostanze attenuanti
generiche; omessa motivazione sulla misura di sicurezza dell’espulsione di cui all’art. 86 d.P.R.
n. 309 del 1990

Con motivi aggiunti, Messaoudi Sami ha dedotto violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione riguardo al carattere armato dell’associazione ed alla corretta interpretazione
del comma 6 di cui all’art. 74 legge stupefacenti (‘disponibilità di armi’ al plurale); Dridi Hikel,
Dridi Ouissem nonché lo stesso Messaoudi Sami hanno, infine, ribadito le ragioni a sostegno
della doglianza concernente le valutazioni del giudice di primo grado circa la loro conoscenza
della lingua italiana e la conseguente determinazione di revocare la nomina dell’interprete.
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309 del 1990 di cui si censura la ritenuta sussistenza delle condizioni sulla base delle acquisi-

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi risultano tutti infondati per le ragioni di seguito indicate, tranne per il profilo riguardante l’espulsione degli imputati disposta ai sensi dell’art. 86 d.P.R. n. 309 del 1990

Costituisce motivo non consentito in sede di legittimità (art. 606, comma 3 cod. proc. pen.),
in quanto afferente al merito della decisione, quello concernente l’apprezzamento operato dal
giudice di primo grado in ordine al grado di conoscenza della lingua italiana, con conseguente
revoca dell’interprete di lingua araba in precedenza nominato.
Trattasi di determinazione adottata in piena conformità alle risultanze probatorie e processuali, posto che dal contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione telefonica era
emerso una lunga frequenza di rapporti personali del ricorrente con gli interlocutori italiani
(venditori, acquirenti), condotta nelle lingua di questi ultimi, presupposto del resto necessario
per lo sviluppo ed il consolidamento sul territorio della rete di traffici illeciti del gruppo criminale, durata diversi mesi.
Risulta destituita di fondamento anche la censura concernente un preteso vizio di motivazione
riguardo alla mancata applicazione delle pur riconosciute circostanze attenuanti generiche in
prevalenza, anziché in equivalenza, rispetto alle contestate aggravanti: la sentenza d’appello si
sofferma, ancorché in termini concisi, sul giudizio di equivalenza delle attenuanti, giustificato
dalla consistente gravità delle condotte che vanno a bilanciare il corretto comportamento processuale osservato (pag. 23 sentenza); ancora più estesa ed articolata era stata, sul punto, la
decisione di primo grado.
Del pari infondata è la censura concernente il mancato riconoscimento dell’ipotesi del fatto
lieve di cui all’art. 73, comma 5 e della corrispondente attenuante di cui all’artt. 74, comma 6
d.P.R. n. 309 del 1990: la relativa esclusione appare del tutto coerente con la valutazione della
complessiva vicenda oggetto di verifica giudiziale, ma in ogni caso il riferimento alla consistente quantità ed alla diversificazione qualitativa delle sostanze psicotrope oggetto dei traffici illeciti valgono ampiamente a dimostrare la congruenza della valutazione operata dai giudici di
appello.

1.2 Ricorso proposto da Dridi Ouissem
Si rinvia alle considerazioni appena svolte a proposito della posizione del fratello Hikel, dal
momento che i motivi di censura risultano identici, segnalandosi unicamente l’ampia motivazione delle ragioni della ritenuta equivalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto
all’aggravante del carattere armato dell’associazione (art. 74, comma 4 d.P.R. n. 309 del
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1.1 Ricorso proposto da Dridi Hikel

1990) presente (pag. 230) nella sentenza di primo grado, la quale ha anche escluso in concreto la rilevanza della contestata recidiva.

1.3 Ricorso proposto da Messaoudi Sami
Costituisce motivo non consentito in sede di legittimità (art. 606, comma 3 cod. proc. pen.),
in quanto riguardante il merito della decisione, quello concernente la ritenuta sussistenza delle
condizioni legittimanti l’applicazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990: sotto le mentite spoglie di un vizio tipico del vaglio di legittimità, si tenta in realtà di conseguire una nuova valutazione del materiale probatorio completamente sostitutiva di quella spettante in via esclusiva

Parimenti destituite di fondamento si rivelano le residue doglianze che censurano la motivazione della sentenza riguardo a vari punti della stessa: partecipazione del ricorrente all’associazione criminale, suo carattere armato, aggravante del numero superiore a dieci (art. 74,
comma 3 legge stupefacenti), determinazione della pena e diniego delle circostanze attenuanti
generiche.
Su tutti tali aspetti, la Corte territoriale ha congruamente argomentato, ancorché talora in
maniera concisa, dalla sussistenza di numerosi contatti telefonici registrati tra il ricorrente e gli
altri partecipi all’associazione criminale al suo arresto in flagranza di reato insieme ad altre
cinque persone a causa del rinvenimento in suo possesso d sostanze stupefacenti (130 gr. di
hashish), dai ripetuti riferimenti all’acquisto di una pistola e relativo munizionamento da parte
di Dridi Ouissem alla richiesta che lo stesso Messaoudi rivolge a costui di poterla prestare a
tale Chaab per le necessità di quest’ultimo, per finire al numero dei partecipi all’associazione
che il ricorrente ritiene indebitamente di limitare unicamente a quelli (sette) che hanno optato
per la definizione delle rispettive posizioni processuali mediante rito abbreviato.
Non è del resto sufficiente a provocare l’invocato vaglio di legittimità la mera aggiunta dello
aggettivo manifesto al dedotto di vizio di motivazione, quando esso miri in realtà a censurare
punti della sentenza semplicemente decisi in contrasto con le prospettazioni difensive.
Occorre, invece, soffermarsi brevemente sul trattamento sanzionatorio e sul diniego delle
attenuanti di cui all’art. 62 bis cod. pen: su di esso la Corte territoriale ha argomentato in
maniera invero laconica e senza procedere ad alcune opportune precisazioni soggettive.
In maniera ben più adeguata si era, tuttavia, diffusa sul punto la sentenza di primo grado,
escludendo per il Messaoudi la qualifica di organizzatore del sodalizio criminale (art. 74 comma
1 legge stupefacenti) e la recidiva, procedendo pertanto ad una modulazione della pena in
maniera calibrata sulla sua posizione: dall’integrazione tra le motivazioni si ricava, pertanto e
conclusivamente, un’adeguata valutazione complessiva della sua figura nel contesto plurisoggettivo oggetto della verifica giudiziale.
Sul tema dell’integrazione delle motivazioni tra le conformi sentenze di primo e di secondo
grado, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità si è già più volte espressa nel senso che
ove l’appellante si limiti alla riproposizione di questioni di fatto o di diritto già adeguatamente
esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, oppure prospetta critiche generiche,
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ai giudici del merito.

superflue o palesemente infondate, ben può il giudice dell’impugnazione motivare

per

relationem; quando invece siano formulate censure o contestazioni specifiche, introduttive di
rilievi non sviluppati nel giudizio anteriore o contenenti argomenti che pongano in discussione
le valutazioni in esso compiute, è affetta da vizio di motivazione la decisione di appello che si
limita a respingere con formule di stile o in base ad assunti meramente assertivi o distonici
dalle risultanze istruttorie le deduzioni proposte, circostanza nella specie non verificatasi (v.
tra i precedenti conformi più recenti Sez. 6, sent. n. 28411 del 13/11/2012, Santapaola e altri,
Rv. 256435).
Con motivi aggiunti, il Messaoudi lamenta, inoltre, l’erronea applicazione dell’art. 74 comma

e materie esplodenti’ di cui l’associazione criminale deve disporre per considerarsi ‘armata’
implica la necessaria disponibilità di più armi e non di un’unica arma comune da sparo, come
nella specie accertato.
La doglianza è infondata.
L’affermazione che in tal senso si rinviene in una risalente e per quanto consta isolata
sentenza di questa Corte di legittimità, secondo cui l’associazione finalizzata al traffico illecito
di sostanze stupefacenti, non può considerarsi armata e non ricorre quindi la specifica aggravante prevista dall’art. 74 n. 4 del d.P.R. 9 ottobre 1990 n.309, ove i suoi membri dispongano di una sola arma comune da sparo, ovvero di una sola arma che, pur non rientrando
tra quelle indicate dall’art. 2 della legge 18 aprile 1975 n. 110, risulti priva di una elevata
potenzialità offensiva (Sez. 6, n. 11527 del 18/10/1994 – dep. 17/11/1994, Famoso ed altri,
Rv. 200289) non è condivisibile.
L’impiego dei termini ‘armi e materie esplodenti’ al plurale non esclude affatto che l’aggravante de qua non possa configurarsi col mero possesso di una sola arma: si pensi ad es. alla
disponibilità di un solo fucile mitragliatore o a canne mozze o di altro tipo ovvero di un’unica
pistola dalle caratteristiche balistiche micidiali (ad es. una cal. 357 Magnum).
La legge non fa, invero, distinzioni tra armi da guerra ed armi comuni da sparo, ond’è che
l’affermazione contenuta nel precedente giurisprudenziale citato riguardava molto più propriamente la potenzialità offensiva dello strumento di offesa in questione.
Sotto tale aspetto, allora, il motivo aggiunto di ricorso finisce per rivelarsi anche generico,
non esplicitando le ragioni per cui la pistola a disposizione degli associati dovesse considerarsi
sostanzialmente o del tutto priva di potenzialità offensiva.

1.4 Ricorso proposto da Mnasser Wissem
Valgono per tale ricorrente, con le dovute differenziazioni soggettive, le medesime considerazioni svolte riguardo al Messaoudi: l’impugnazione ricalca, infatti, le stesse cadenze argomentative di quella del predetto ricorrente ed attacca i medesimi punti della decisione.
Con riferimento alla funzione specifica del Mnasser nell’ambito della compagine associativa,
la Corte territoriale ha congruamente evidenziato la sua disponibilità, ricavabile dal materiale
probatorio fondato in maniera preponderante sugli esiti delle intercettazioni telefoniche, ad
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4 d.P.R. n. 309 del 1990, dal momento che, secondo la sua prospettazione, la dizione di ‘armi

eseguire mansioni diversificate funzionali all’azione del sodalizio (cessione al dettaglio, trasporto delle sostanze stupefacenti, riscossione di somme ed acquisto della pistola a disposizione del
gruppo, pag. 17 sentenza).
Per quel che riguarda il trattamento sanzionatorio, anche nel suo caso va rilevato l’articolata
trattazione della sua posizione operata nella sentenza di primo grado, con cui è stata applicata
la contestata recidiva limitatamente ad alcuni precedenti penali a suo carico: dalla lettura integrata delle motivazioni si ricava una congrua valutazione della relativa posizione soggettiva.

1.5 Ricorso proposto da Salem Mohamed

supra) tradiscono, in maniera forse maggiore rispetto a quanto rilevato per altri ricorrenti, l’intento di conseguire una completa rivalutazione del compendio probatorio, indebitamente in
sede di legittimità.
Anche nel suo caso, il punto più censurabile della decisione della Corte d’appello riguarda il
tema della determinazione della pena, trattato mediante uso di espressioni sintetiche e non
completamente esplicative della specificità della posizione del ricorrente, ma anche nel caso del
Salem è dato legittimante rinviare alle più che articolate statuizioni della sentenza di primo
grado, con le conseguenti considerazioni riguardo alla complessiva adeguatezza di quelle che
riguardano il trattamento sanzionatorio riservatogli.

2. Come anticipato, difetta, invece, nella decisione impugnata ogni apprezzamento della pericolosità dei ricorrenti Messaoudi e Salem ai fini dell’adozione nei loro confronti della misura di
sicurezza dell’espulsione di cui all’art. 86 d.P.R. n. 309 del 1990, giusta sentenza della Corte
Costituzionale n. 58 del 1995; sotto altro profilo va anche registrata carenza assoluta di motivazione al riguardo.
Trattandosi di doglianza concernente profili del tutto personali (art. 587 comma 1 cod. proc.
pen.), il relativo accoglimento non comporta effetti estensivi e determina l’annullamento

in

parte qua della sentenza impugnata limitatamente ai ricorrenti che l’hanno formulata.

3. All’accoglimento dei ricorsi proposti da Messaoudi Sami e Salem Mohamed nei termini anzidetti consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla
espulsione disposta ai sensi dell’art. 86 d.P.R. n. 309 del 1990; vanno, invece e per quanto
esposto, rigettati nel resto i ricorsi presentati dagli stessi nonché dagli altri ricorrenti, con le
conseguenze di legge in tema di spese processuali.

P. Q. M.

annulla la sentenza impugnata nei confronti di Messaoudi Sami e Salem Mohamed limitata-

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907

Le modalità di articolazione del suo ricorso (in particolare il primo ed il secondo motivo , v.

mente all’espulsione disposta ai sensi dell’art. 86 d.P.R. n. 309 del 1990 e rinvia ad altra Sezione della Corte d’Appello di Catania per nuovo giudizio sul punto; rigetta nel resto i ricorsi dei
medesimi ricorrenti.
Rigetta i restanti ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Roma, 03/1 /2014

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