Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48354 del 29/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 48354 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Zanetti Mirco, n. a Montichiari (BS), il 29/11/1971

avverso la sentenza emessa il 20/11/2014 dalla Corte di Appello di Firenze
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Francesco Salzano ,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avv.to Viviana Torreggiani per il ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1

Data Udienza: 29/10/2015

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze riformava parzialmente, in relazione alla
determinazione della pena, e confermava nel resto, la sentenza del Tribunale di Pistoia in
composizione monocratica del 18/10/2012, con cui Zanetti Mirco era stato condannato a pena di
giustizia ed al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, per i delitti: a) di cui
agli artt. 110, 614, comma 4, 61 n. 2, c.p. — per aver forzato, in concorso con altre persone, il
cancello dell’abitazione di Bardi Massimo e Chiti Susanna, in tal modo introducendosi ed
intrattenendosi nel giardino della detta abitazione, al fine di commettere il delitto di cui al capo

di somme per lavori di ristrutturazione, potendo ricorrere al giudice, quale dipendente della ditta
Novello s.r.1., in concorso con altre persone, essendosi recato presso l’abitazione dei coniugi Bardi
— Chiti, mediante violenza sulle cose consistita nel demolire la pavimentazione del giardino, le
aiuole, rimuovere le reti metalliche, danneggiare e rendere inservibili detti beni – fatti commessi in
Quarrata il 5.11.2009.

Con ricorso depositato in data 31/12/2014, il difensore del ricorrente deduce:
1.

Vizio di motivazione ex art. 606, lett. e), c.p.p., in
quanto la motivazione sarebbe del tutto generica e meramente apparente, in assenza di
descrizione della specifica condotta dello Zanetti, incomprensibilmente qualificata come di
“apporto tecnico”, oltre che basata sull’irrilevante presupposto del ruolo di impiegato
tecnico svolto dal ricorrente per la ditta del coimputato Marino Novello, in assenza di
qualsivoglia riferimento alle prove della responsabilità del ricorrente, sia in relazione alla
sussistenza dell’elemento soggettivo, che in relazione alla motivazione del suo contributo
causale, posto che egli non era contitolare di alcun diritto di credito nei confronti delle
persone offese; neanche si motiva in ordine al rafforzamento del proposito criminoso del
Marino che lo Zanetti avrebbe determinato con la sua presenza, soprattutto se si considera
che la condotta sarebbe stata costituita da una indiscriminata demolizione, rispetto alla quale
non si vede quale tipo di apporto tecnico il ricorrente avrebbe potuto fornire.

2.

Violazione di legge in relazione agli artt. 192, comma
2, 546, 530, comma 2, 533, c.p.p., e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) ed e), c.p.p.,
atteso che permarrebbero dubbi ragionevoli in ordine alla responsabilità del ricorrente,
essendo del tutto inesistente la motivazione della sentenza della Corte territoriale circa il
materiale probatorio specificamente a carico del predetto, risolvendosi la motivazione sul
punto nella esposizione di mere congetture, il che non escluderebbe la versione difensiva —
secondo la quale lo Zanetti era intervenuto sulla base del convincimento di un preventiv
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successivo -; b) artt. 81 cpv., 110, 392, 635 c.p. — per aver esercitato un preteso diritto al pagamento

accordo tra le persone offese ed il Novello Marino — soprattutto considerando che la Corte
territoriale ha rilevato come il ricorrente non fosse stato presente all’incontro del 22/09/2009
tra le persone offese ed il Novello Marino — e, quindi, nella legittima convinzione di agire
lecitamente.
3.

Vizio di motivazione ex art. 606, lett. e), c.p.p. in
relazione al travisamento di una prova decisiva, costituita dalla missiva del 29/09/2009
inviata dall’Avv.to Montagni, su cui il legale ha riferito all’udienza dibattimentale del

coniugi Bardi — Chiti innanzi al Tribunale di Pistoia. In detta missiva, infatti, i coniugi
predetti non si limitarono affatto a chiedere una riduzione del prezzo delle opere eseguite
dalla ditta Novello s.r.1., ma richiesero la rimozione delle varianti progettuali non
autorizzate; a seguito di detta missiva, infatti, il legale della ditta aveva inviato il fax datato
4/11/2009 per avvisare che nei giorni successivi si sarebbe provveduto alle richieste
rimozioni; anche detta missiva, quindi, sarebbe stata oggetto di vero e proprio travisamento
probatorio.
4.

Violazione di legge penale in relazione agli artt. 114 e
133 c.p., poiché la Corte territoriale ha ridotto la pena inflitta agli imputati tenuto conto dei
contrasti esistenti con i coniugi Bardi — Chiti, senza peraltro valutare la concedibilità al
ricorrente della circostanza di cui all’art. 114 c.p., in considerazione del fatto che non solo
non è stato individuato l’apporto causale del ricorrente, ma neanche la circostanza che egli,
quale dipendente del Novello, avrebbe potuto trovarsi nella impossibilità di agire
diversamente da come richiestogli dal suo titolare; inoltre non sarebbe stato estrinsecato il
ragionamento formulato ai sensi dell’art. 133 c.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I motivi del ricorso non appaiono fondati e vanno, pertanto, rigettati.
1. Quanto alla descrizione della specifica condotta tenuta dal ricorrente, occorre ricordare che
secondo la ricostruzione della p.o. Bardi Massimo — ritenuta attendibile in entrambi i gradi
di merito — egli aveva concordato con la ditta del Novello Marino dei lavori di
ristrutturazione del giardino della sua abitazione, che non erano stati portati a termine entro
la scadenza concordata; per tale ragione era stato previsto un appuntamento tra i tecnici della
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12/05/2011, ed altresì posta a base dell’accertamento tecnico preventivo promosso dai

ditta appaltatrice e quelli dei clienti per un collaudo; detto incontro, tenutosi in data
22/09/2009, si era concluso con un nulla di fatto, e ad esso erano seguite numerose
telefonate dal Novello al Bardi perché questi pagasse il saldo dovuto; il Bardi, pertanto,
aveva inviato una raccomandata al Novello in cui riassumeva tutti i punti discussi nel corso
della riunione, a cui non aveva ricevuto risposta (cfr. pag. 6 della motivazione del primo
giudice, sinteticamente richiamata a pag. 1 della sentenza di appello). La mattina del
5/11/2009 il Bardi aveva sentito suonare al citofono, e tuttavia nessuno gli aveva risposto,

aveva notato delle persone all’interno dello stesso che stavano distruggendo le fioriere,
mentre la gru stava distruggendo il pavimento. Dalla motivazione delle sentenze si evince
che la versione del Bardi era stata confermata dalla moglie Chiti Susanna e riscontrata da
foto dei danni all’interno del giardino.
Altrettanto chiara appare la motivazione della sentenza nella parte in cui rileva come il teste
Biagianti, elettricista della ditta Elettroimpianti chiamato per riparare il cancello
dell’abitazione, aveva riferito di aver constatato come uno dei due motori del cancello
avesse un guasto interno, dovuto ad una forzatura violenta, e l’altro motore presentasse la
rottura di una componente in ferro, dovuta ad una spaccatura meccanica, spiegando che solo
un’azione violenta aveva potuto determinare quanto da lui constatato (pag. 3 della sentenza
di primo grado, pag. 2 della sentenza impugnata).
Sia il primo giudice che la Corte territoriale, inoltre, hanno valutato come non credibile la
versione fornita dal ricorrente, impiegato tecnico della ditta Novello — secondo cui egli non
era a conoscenza degli accordi intercorsi tra il Novello ed il Bardi, sapendo solo che era
stata concordata una fase di lavoro successiva alla contestazione da parte del cliente, e
specificando che il cancello anteriore dell’abitazione era stato aperto a mano, mentre quello
posteriore in modo automatico — alla luce proprio dell’accertata violenza sul cancello; in
particolare la Corte territoriale ha sottolineato come fosse talmente evidente l’assenza di
consenso da parte degli aventi diritto all’accesso alla loro proprietà, che appare non credibile
la tesi del ricorrente, alla luce della condotta di indiscriminata demolizione, e non di solo
rifacimento di alcune parti del giardino. La Corte territoriale ha poi osservato come il
ricorrente quindi, pur non essendo titolare del credito, avesse concorso nel reato, fornendo
apporto tecnico al Novello, o comunque rafforzandolo nella sua pretesa verso il Bardi con la
sua presenza.
La valutazione complessiva della motivazione della sentenza — anche attraverso la
valutazione della motivazione della sentenza di prime cure, integrante il tessuto
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quindi si era accorto, guardando dalla finestra, della presenza di una gru e, sceso in giardino,

motivazionale della sentenza impugnata – appare congrua e coerente con le risultanze
dibattimentali in essa descritte, avendo evidenziato la certa e non contestata partecipazione
del ricorrente, quale dipendente tecnico del Novello, ad una evidente opera di demolizione
del giardino, realizzatasi attraverso l’introduzione nell’abitazione attuata con rottura violenta
del cancello, modalità univocamente dimostrativa della consapevolezza dell’arbitrarietà
della condotta medesima.
L’avere descritto il contributo causale dello Zanetti in termini di “apporto tecnico” ovvero di

precisa descrizione della complessiva condotta di danneggiamento realizzatasi all’interno
del giardino delle persone offese, in quanto, come detto, il difetto di motivazione non può
essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria e parcellizzata dei singoli passaggi
motivazionali della sentenza, basandosi la pronuncia su di una struttura logico-valutativa da
considerare nel complesso, nella sua unitaria coerenza ed organicità.
Ne deriva che, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni
snodo argomentativo di essa va posto in relazione agli altri, potendo la motivazione
afferente ad una determinata statuizione essere costituita sia da una espressa argomentazione
sia risultare anche da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure
implicito.
Il richiamo al contributo tecnico del ricorrente, evidentemente, deriva dalla sua qualifica di
impiegato tecnico che, come tale, aveva fornito, nel corso dell’attività demolitoria, delle
indicazioni agli operai intervenuti; detta circostanza emerge chiaramente dalla deposizione
della Chiti Susanna, alla pag. 3 della sentenza di primo grado. Rispetto a detta circostanza e ribadito come la struttura giustificativa della sentenza di primo grado si saldi con quella
della sentenza di appello, formando un unico corpo argomentativo e motivazionale, allorché,
come nel caso di specie, i giudici del gravame abbiano valutato le censure proposte
dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice, con la cui analisi e
valutazione degli elementi di prova hanno sostanzialmente concordato (Sezione III, sentenza
n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595) — appare evidente come la motivazione del contributo
causale del ricorrente appaia immune da censure e conforme con al giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui il contributo concorsuale acquista rilevanza non solo quando abbia
efficacia causale, ponendosi come condizione dell’evento illecito, ma anche quando assuma
la forma di un apprezzabile contributo agevolatore e di rafforzamento del proposito
criminoso già esistente nei concorrenti, in modo da aumentare la possibilità di commissione

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rafforzamento del proposito del Novello non comporta difetto di motivazione a fronte di una

del reato (Sezione VI, sentenza n. 36125 del 13/05/2014, Rv. 260235; Sezione IV, sentenza
n. 4383 del 10/12/2013, Rv. 258185).
Ne deriva quindi che la motivazione della sentenza, sotto il profilo della sussistenza della
condotta materiale e dell’elemento soggettivo dei reati ascritti al ricorrente, appare immune
da censure di legittimità.

2. Quanto al secondo motivo, esso appare del tutto generico alla luce della motivazione della

dubbio, adombrata dalla difesa, si basa sulla tecnica redazionale consistente nel riportare
passaggi motivazionali del testo della sentenza impugnata che, avulsi dalla loro globale ed
unitaria lettura, appaiono apparentemente contrastanti tra loro, omettendo, tra l’altro, di
considerare argomentazioni dirimenti, come, ad esempio, quella costituita dalla deposizione
della teste Chiti Susanna, in precedenza ricordata, persona offesa della cui attendibilità
neanche la difesa del ricorrente ha in alcun modo dubitato. Ciò che emerge chiaramente
dalla motivazione della sentenza, come ripercorsa in precedenza, è che la Corte territoriale
sicuramente non ha basato il proprio convincimento solo sulla circostanza che il ricorrente
fosse un dipendente del Novello, a differenza di quanto sostenuto in ricorso.

3. Quanto al terzo motivo esso appare, parimenti, non condivisibile, atteso che la Corte
territoriale ha dato atto come il fax pervenuto al legale dei coniugi Bardi – Chili in data
4/11/2009 alle ore 21.25 — come dichiarato dallo stesso Bardi che, in data 5/11/2009, aveva
contattato telefonicamente il proprio legale — non implicasse affatto alcun consenso ad
attività demolitorie e/o invasive, sia perché detto fax faceva generico riferimento alla
circostanza che, nei giorni successivi, sarebbero state eseguite le richieste rimozioni, sia
perché era stato inoltrato al legale delle persone offese in un orario in cui notoriamente gli
studi legali sono chiusi, sia perché inviato solo poche ore prima di porre in essere la
condotta all’interno del giardino dell’abitazione delle persone offese, ritenendo, quindi, detta
evenienza come il tentativo di precostituirsi una prova a giustificare il proprio operato.
La circostanza sottolineata dal ricorso — che, cioè, nella lettera inviata all’Avv.to Enrico
Montagna del 29/09/2009, e posta a base dell’accertamento tecnico preventivo promosso dai
coniugi Bardi-Chiti presso il Tribunale di Pistoia, fosse contenuta la richiesta delle stesse
persone offese alla rimozione delle varianti progettuali non autorizzate, oltre che
all’ottenimento di una riduzione di prezzo — non costituisce affatto un travisamento della
prova, atteso che la difesa medesima prosegue affermando e documentando che nel corso
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sentenza, come sin qui esaminata, atteso che l’ipotizzata permanenza del ragionevole

del giudizio innanzi al Tribunale di Pistoia era stata effettuata una perizia da cui era emersa
la complessità delle opere realizzate dal Novello per conto dei coniugi Bardi-Chiti e le
numerose richieste di variazioni avanzate dalle persone offese. Appare quindi di tutta
evidenza — e la difesa stessa concorre a dimostrarlo — che tra le parti — Il Novello da un lato
ed i coniugi Bardi- Chiti dall’altro – sussistesse una controversia avente ad oggetto le opere
eseguite, relativamente alle quali era stata già adita la competente Autorità Giudiziaria, il
che rende evidente la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 392 c.p., e,

missiva in data 4/11/2009 presupponeva la piena consapevolezza, da parte del Novello, della
controversia in corso. Non appare, quindi, sussistere alcun tipo di travisamento della prova.
Sotto altro profilo, in ogni caso, non si comprende come potrebbe essere decisivo per il
ricorrente Zanetti Mirco l’eventuale travisamento in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale
nella valutazione di una prova che, secondo la prospettazione difensiva, sarebbe del tutto
irrilevante per lo Zanetti medesimo, atteso che uno degli argomenti posti a base del ricorso è
costituto dalla circostanza che il ricorrente ignorasse del tutto l’evoluzione della
controversia insorta tra il Novello ed i coniugi Bardi-Chiti, avendo proprio lo Zanetti
affermato — come si legge nella sentenza impugnata — di non essere stato presente
all’incontro del 22 settembre 2009 tra il Bardi ed il Novello e di aver solo saputo che era
stata concordata una nuova fase di lavori in seguito a contestazioni, ammettendo, quindi, di
essere del tutto consapevole della sussistenza di una controversia pur ignorandone gli
specifici sviluppi.

4. In relazione al quarto ed ultimo motivo di ricorso, va rilevato che, come emerge dalla lettura
delle conclusioni rassegnate in primo grado, non risulta che fosse stata avanzata alcuna
richiesta di riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p., essendosi la
difesa limitata a richiedere la concessione delle circostanze attenuanti generiche, ed infatti
non risulta alcuna doglianza, con i motivi di ricorso, in ordine ad una omessa motivazione
sul punto, ritenendosi, invece che alla Corte territoriale fosse spettato comunque il compito
di valutare la sussistenza della citata attenuante che, come noto, presuppone un apporto di
tipo differenziato che, nel caso di specie, non era stato neanche ipotizzato dalla difesa. Si
deve concludere, quindi, per il rigetto anche di detto motivo di ricorso.
Dal rigetto del ricorso discende, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
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conseguentemente, delle altre condotte penalmente rilevanti, proprio in quanto l’invio della

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 29/10/2015

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