Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4830 del 21/10/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4830 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI RAVENNA
Nel procedimento a carico di
CAPKEVICA KSENIJA n. 10/4/1988
avverso la sentenza 1266/2012 del 24/10/2012 del TRIBUNALE DI RAVENNA
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
V
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. EDUARDO SCARDACCIONE che
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso:
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Tribunale monocratico di Ravenna con sentenza del 24 ottobre 2012 in sede
di giudizio abbreviato assolveva Capkevica Ksenija dal reato di evasione dagli
arresti domiciliari. A fronte della condotta accertata – la donna, in stato di
ubriachezza, secondo la sorella era entrata e uscita dall’appartamento più volte
uscendo anche all’esterno dell’edificio ed al momento del controllo era seduta sulle
scale condominiali seminuda – il giudice procedente riteneva che la condotta non
configurasse il reato contestato per esclusione dalla materialità del reato non
apprezzandosi una effettiva e concreta violazione del bene giuridico tutelato. La
donna, difatti, aveva tenuto un comportamento inoffensivo non sottraendosi alla
sfera di vigilanza della polizia giudiziaria e lo stesso abbigliamento dimostrava che
non aveva alcuna intenzione di allontanarsi.

Data Udienza: 21/10/2014

Avverso tale decisione ha proposto ricorso il procuratore della Repubblica di
Ravenna deducendo la violazione di legge in quanto le condizioni
dell’allontanamento, anche solo con la permanenza nello spazio condominiale,
fanno ritenere integrato il fatto oggettivo, escluso dal giudice. Rileva, poi, che
erroneamente il giudice ha ritenuto necessario implicitamente il dolo specifico di
evasione laddove è sufficiente il dolo generico dell’allontanamento dal domicilio.
Il ricorso è fondato.
A fronte della ricostruzione dei fatti nel senso anzidetto sono erronee i

evasione.
Va innanzitutto considerato che, secondo la giurisprudenza di legittimità di
questa Corte, il reato di evasione richiede il dolo generico e non specifico:
Nel reato di evasione dagli arresti domiciliari il dolo è generico e consiste nella
consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura
senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato
la condotta dell’agente. (Fattispecie in cui l’imputato si era allontanato
dall’abitazione per dissapori con altri familiari conviventi, avvertendo le forze
dell’ordine della sua intenzione). (Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012 – dep.
16/03/2012, Ghouila, Rv. 252288)
Poi va considerato che il concetto di abitazione, ai fini degli arresti domiciliari,
ricomprende le aree private di uso esclusivo e non anche, nel caso di edifici
condominiali, le parti comuni:
In tema di evasione dagli arresti domiciliari, agli effetti dell’art. 385 cod. pen.
deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita
domestica e privata con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali,
dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza
dell’abitazione e non ne costituisca parte integrante, al fine di agevolare i controlli
di polizia sulla reperibilità dell’imputato, che devono avere il carattere della
prontezza e della non aleatorietà. (Fattispecie in cui l’imputato, all’atto del
controllo, si trovava in uno spazio condominiale esterno alla sua abitazione e
proveniva da un altro appartamento). (Sez. 6, n. 3212 del 18/12/2007 – dep.
21/01/2008, P.M. in proc. Perrone, Rv. 238413).
Tale regola va confermata anche a fronte di una recente decisione
apparentemente di segno contrario (Sez. 3, Sentenza n. 4369 del 12/12/2013 Cc.
(dep. 30/01/2014 ) Rv. 258838) che amplia l’ambito dell’abitazione sino a
riconnprendervi gli spazi chiusi condominiali ritenendo (in un caso in cui la
permanenza dell’arrestato negli spazi condominiali era dovuta ad una lite tra
condomini) che il rispetto della misura cautelare vada considerato solo sotto il
profilo formale non impedire i controlli di polizia (che non sarebbero preclusi dal

presupposti in diritto sulla cui base il giudice non riteneva configurabile il reato di

trattenersi nei pressi della abitazione ed entro il perimetro degli spazi chiusi
condominiali).
Va, invece, rammentato che fine primario e sostanziale della misura
“coercitiva” degli arresti domiciliari è quello di impedire i contatti con l’esterno ed
il libero movimento della persona quale mezzo di tutela delle esigenze cautelar’.
Quindi anche uscire dall’abitazione e trattenersi in spazi comuni rappresenta una
significativa violazione della misura, tale da poter consentire anche la realizzazione
di quelle situazioni che la misura intende evitare.

alla Corte competente.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bologna ex art.
569, comma

cod. proc. pen.

Roma co ì deciso il 21 ottobre 2014
Il Consi Pere estensore

il Presidente

Pierluigi (I Stefano

Giovanni Conti

La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio per il giudizio di appello

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