Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48289 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48289 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• GROLLINO Fiorenzo nato a Roccella Ionica 1’08/04/1928

avverso la sentenza n. 7940 in data 13.11.2014 della Corte di Appello di Roma
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Massimo Giaranella, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore dell’imputato, Avv. Francesco Saverio Fortuna del foro di Roma

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 13/11/2014 la Corte di Appello di Roma, in riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 25.02.2013, appellata da
Grollino Fiorenzo, dichiarava non doversi procedere nei confronti di costui in
ordine ai reati ascrittigli (appropriazione indebita aggravata della somma di circa
200.000 euro in danno di Sanna Silvio, in favore del quale aveva svolto attività
giudiziale e stragiudiziale; falsità in scrittura privata dì un rendiconto con la falsa
sottoscrizione del Sanna, presentato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
Roma) perché estinti per prescrizione; confermava la condanna dell’imputato al
risarcimento del danno in favore di Sanna Silvio, costituitosi parte civile,
liquidato in C 195.000, oltre rivalutazione ed interessi.

Data Udienza: 24/11/2015

La corte territoriale perveniva alla decisione sull’impugnazione dopo aver
disposto perizia grafica al fine di accertare l’effettiva autenticità del documento
oggetto del reato di falso; escludeva che la prescrizione si fosse verificata prima
della pronuncia di primo grado; riteneva non necessaria l’integrazione istruttoria
mediante escussione di testi.
Concludeva quindi nel senso che gli elementi di prova acquisiti confermavano
l’insussistenza di una volontà restitutoria del Grollino con riferimento alle somme
di denaro richiestegli, parte dell’importo di maggiore entità del quale

ricevuto, avente ad oggetto il ripianamento delle esposizioni debitorie del Sanna.
Con riferimento al reato di falso evidenziava che la perizia aveva escluso
l’autenticità della firma della parte civile e che l’imputato doveva ritenersi autore
della contraffazione, avendo fatto apparire come venuto ad esistenza un
documento che in realtà non si era mai formato.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, sulla base di quattro motivi:
– violazione della legge penale ex art.606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. con
riferimento all’art.646 cod. pen. per motivazione manifestamente illogica sulla
data di consumazione del delitto di appropriazione indebita;
– violazione della legge penale e vizio di motivazione con riguardo al capo B)
della rubrica quanto alla contestazione di cui all’art.485 cod. pen;
– violazione della legge processuale per mancata assunzione di un prova
decisiva;
– violazione della legge penale ex art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. e
artt. 157 e 159 cod. pen. in relazione all’accertamento della data di prescrizione
dei reati.

3. Con memoria depositata il 28/10/2015 la difesa del Grollino insisteva nei
motivi di ricorso, precisando le contestazioni sulla valutazione delle prove e sul
tempus commissi delicti.
Con memoria difensiva depositata il 9/11/2015 Sanna Silvio ha a sua volta
contestato le argomentazioni del ricorrente circa la data di commissione del
reato ed insistito nella conferma delle statuizioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.

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quest’ultimo aveva avuto il possesso in ragione dell’incarico professionale

2. Il primo ed il quarto motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente
lamentando il ricorrente l’errore di diritto con riferimento al momento di
consumazione del delitto di appropriazione indebita, individuato nella sentenza
impugnata nella data del 27.01.2005 di formale richiesta di restituzione
dell’importo in questione; sostiene il Grollino che tale data andrebbe
correttamente fissata al 27.10.2014, allorchè ebbe luogo un incontro presso il
suo studio legale nel corso del quale il Sanna fu informato che gli sarebbe stata

Dalla differente data di consumazione del reato discenderebbero poi
conseguenze sul calcolo della prescrizione, verificatasi ad avviso del ricorrente il
27.01.2013 – tenendo conto del periodo di sospensione del termine, di nove
mesi, calcolato nella pronuncia del tribunale – circa un mese prima della data
della sentenza di primo grado.
Il Grollino non dubita in realtà della sussistenza degli estremi di reato e della
illegittimità della pretesa di trattenere senza autorizzazione del cliente somme a
titolo di pagamento di prestazioni professionali (“può convenirsi con il giudice di
primo grado che il credito professionale di un avvocato, in caso di mancato
accordo sull’ammontare, non possa ritenersi liquido ed esigibile, di tal che il
professionista che avesse ricevuto una somma di denaro appartenente al cliente
non è legittimato a soddisfarsi del suo credito su di essa” – pag. 5 del ricorso);
sostiene tuttavia che l’appropriazione o interversione del possesso avvenne nel
giorno in cui la parte offesa incontrò il legale nel suo studio, nelle ore mattutine
del 27.10.2004, e che il giudice del merito non avrebbe considerato tale
elemento di valutazione risultante dagli atti.

2.1 Orbene, il vizio di “travisamento della prova” ricorre nel caso in cui il giudice
di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o
su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato
che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal
giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi
sussistano (Cass. Sez. 2, sent. n. 23419 del 23/05/2007, dep. 14/06/2007, Rv.
236893; Sez. 4, sent. n. 35683 del 10/07/2007, dep. 28/09/2007, Rv. 237652;
Sez. 5, sent. n. 39048 del 25/09/2007, dep. 23/10/2007, Rv. 238215). Sul tema
va ancora precisato che la novella codicistica, introdotta con la L. n. 46 del 2006,
nel riconoscere la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il
riferimento ad “atti processuali” (che devono essere specificamente indicati nei

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restituita una somma minore di quella pretesa.

motivi di impugnazione, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso
medesimo), non ha comunque mutato la natura del giudizio di Cassazione, che
rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicché gli atti eventualmente
indicati devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed
obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in
rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e, nell’ambito
di una valutazione unitaria, devono essere tali da inficiare la struttura logica del
L

provvedimento stesso (Cass. Sez. 2, sent. n. 7380 del 11/01/2007, dep.

ancora osservato che qualora – come nel caso di specie – la prova che si assume
essere stata travisata provenga da una fonte dichiarativa (deposizione
testimoniale), l’oggetto della stessa deve essere del tutto definito o attenere alla
proposizione di un dato storico semplice e non opinabile (in tal senso Cass. Sez.
4, sent. n. 15556 del 12/02/2008, dep. 15/04/2008, Rv. 239533).
Il ricorrente invece – a fondamento del proprio assunto – riporta uno stralcio del
verbale della testimonianza del Sanna (pagine 5 e 6 del ricorso) dal quale non si
evince la data in cui il Grollino ebbe a rifiutare per la prima volta la restituzione
della somma richiestagli sì che il presupposto storico dei motivi in argomento
resta opinabile; al contrario, correttamente il giudice di merito ha individuato
l’epoca di commissione del reato sulla base dell’unico dato certo acquisito agli
atti, costituito dalla lettera di messa in mora del 27/01/2005 e dalla mancata
restituzione del bene richiesto dall’avente diritto (circostanza che rende
“riconoscibile ed attuale l’elemento obiettivo dell’interversio possessionis quale è
richiesto dall’art.646 cod. peri!).
Di conseguenza, anche il decorso del termine prescrizionale è stato esattamente
individuato in una data successiva alla pronuncia della sentenza di prima grado,
emessa il 25/02/2013, tenendo conto del periodo di sospensione.
Tale periodo deve ritenersi complessivamente pari a nove mesi e due giorni,
sulla base del seguente calcolo: gg. 60 per ciascun rinvio disposto per
impedimento dell’imputato a comparire alle udienze del 16/06/2010 e del
13/10/2010 ., determinato da motivi di salute; mesi cinque e giorni due per il
rinvio disposto dall’udienza del 18/09/2012 al 20/02/2013 per l’adesione del
difensore di fiducia all’astensione proclamata dall’associazione di categoria: il
reato di appropriazione indebita, commesso il 27/01/2005, si è prescritto quindi
il 29/04/2013 , tenendo conto del tempo massimo di prescrizione di sette anni e
se mesi nonché del suddetto periodo di sospensione (in epoca quindi successiva
alla sentenza di primo grado).

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22/02/2007, Rv. 235716). In consonanza con quanto fin qui richiamato, va

Alcun rilievo ha a riguardo la circostanza che nel capo d’imputazione la data di
commissione del reato è indicata “fino ad ottobre 2004”, in quanto la
precisazione di tale data non costituisce modifica del capo di imputazione quando
non tocca – come nel caso di specie – il nucleo sostanziale dell’addebito, così da
non incidere sulla possibilità di individuazione del fatto da parte dell’imputato e
sul conseguente esercizio del diritto di difesa (cfr. Cass. sez. 5, sent. n. 48727
del 13/10/2014 – dep. 24/11/2014 – Rv. 261229); rilievo peraltro estraneo alle

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2.2. Per quanto riguarda il vizio di motivazione Gee ~0 –fki reato ex art. 485
cod. pen. il ricorrente reputa non credibile l’utilizzo da parte di un professionista
di un documento falso e contesta la valutazione d’inattendibilità del teste Barone.
In realtà il controllo di legittimità operato dalla Corte di Cassazione non deve
stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile
ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi
a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i
limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (ex multis Cass. Sez. 4, sent.
n. 4842 del 02/12/2003, dep. 06/02/2004, Rv. 229369).
Nel caso di specie la corte territoriale ha con congrua motivazione osservato – a
seguito di apposita integrazione istruttoria mediante perizia grafica – che la firma
apposta sul documento utilizzato dall’imputato era apocrifa, in quanto non
riconducibile al Sanna; che la contraffazione era riconducibile al Grollino in
ragione del suo peculiare interesse ad avvalersene (si trattava infatti di un
rendiconto dei rapporti di debito – credito, riferito anche all’opera professionale
prestata, presentato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma per
l’approvazione).
La lettura alternativa di tali elementi di valutazione non inficia la coerenza del
ragionamento della corte di appello.
2.3 Insussistente è anche la violazione di legge processuale per mancata
assunzione di una prova ritenuta decisiva (escussione di due testi).
Il diritto della parte a vedersi ammettere prove contrastanti con l’accusa, la cui
mancata assunzione è denunciabile con ricorso per cassazione ex art. 606 lett.
d) in relazione all’art. 495, comma secondo cod. proc. pen., va rapportato, per
verificarne il fondamento alla motivazione della sentenza impugnata. Viene,
infatti, ad essere priva di fondamento la censura che denunzi il rigetto, sul
punto, della istanza difensiva, se tale rigetto risulti sorretto da argomentazioni
logiche, idonee a dimostrare che le cosiddette controprove, dedotte dalla parte,

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stesse argomentazioni difensive del ricorrente.

non possono modificare il peso delle prove di accusa». (Cass. Sez. 6^ sent. n.
11411 del 14.10.1993 dep. 14.12.1993 rv 198554).
Nel caso in esame, la corte territoriale ha ritenuto superfluee le ulteriori prove
testimoniali richieste dalla difesa facendo riferimento all’univoco compendio
probatorio sintetizzato a pag. 3 della sentenza impugnata, con motivazione
immune anche in questo caso da vizi logici.

3. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato

Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
1.000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il giorno 24 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

inammissibile.

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