Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48269 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48269 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI GORIZIA
nei confronti di:
FURLANI DEBORA N. IL 18/02/1970
TUL ILARIO N. IL 07/03/1975
LEGO VIC KRISTIAN N. IL 04/11/1974
FABBRO EUGENIO N. IL 11/10/1958
SIRAM SPA
CARMET SRI
STYLEDILE DI FABBRO EUGENIO SAS
avverso la sentenza n. 1560/2010 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di GORIZIA, del 02/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH;
jptt&sentite le conclusioni del PG Dott. 21144n.:» 4/ALAWL/44
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Data Udienza: 26/11/2015

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RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza in data 2.12.2014 n. 188/14, il Giudice per l’Udienza
preliminare presso il Tribunale di Gorizia dichiarava non luogo a procedere nei
confronti di FURLANI Debora, TUL Ilario, LEGOVICH Kristian, FABBRO Eugenio,
nonché nei confronti della SIRAM S.p.A., della CARMET S.r.l. e della STYLEDILE
di FABBRO EUGENIO S.A.S..
FURLANI, TUL, LEGOVICH e FABBRO rispondevano di omicidio colposo in
regime di cooperazione colposa (la FURLANI quale responsabile unico del

la riqualificazione dell’Ospedale San Polo di Monfalcone; il TUL quale coordinatore
della sicurezza in fase di esecuzione, anch’egli nominato dall’ASS n. 2 Isontina,
per il cantiere mobile ubicato nell’area retrostante la centrale termica del detto
nosocomio; il LEGOVICH quale amministratore unico e responsabile tecnico della
CARMET S.r.l., ditta subappaltatrice dei lavori tecnologici nell’ambito del citato
contratto di appalto; il FABBRI quale datore di lavoro della ditta STYLEDILE di
FABBRI EUGENIO S.A.S., subappaltatrice per i lavori di riqualificazione
impiantistica presso il suddetto ospedale), in riferimento al decesso di Giacomello
Olga, nata il 7.1.1929, ricoverata presso la RSA sita presso l’Ospedale San Polo e
trovata morta all’interno del cantiere edile per i sopra citati lavori di
riqualificazione in data 7 agosto 2010, dopo essersi allontanata dal nosocomio
tra le 16 e le 16,30 del 2 agosto 2010. A seguito del mancato accudimento,
conseguente al suo allontanamento dalla struttura sanitaria ove era ricoverata,
la Giaconnello decedeva per infarto in area miocardiale ipertrofica determinato da
disidratazione.
Il decesso della Giacomello, persona fra l’altro non autosufficiente a seguito
di evento traumatico, era imputato ai sunnominati per violazione delle norme
poste a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori dal D.Lgs. 81/2008 (il
cantiere ove fu trovata morta la Giacomello era privo di recinzione e con altre
problematiche specificate in rubrica -buche, inciampi ecc.-, e a cagione di ciò,
secondo la contestazione, la Giacomello vi si era introdotta e presumibilmente
era caduta o inciampata, provocandosi lesioni non mortali al volto ma non
riuscendo ad alzarsi né a chiamare aiuto).
Alle ditte suindicate era contestato l’art. 25 septies del D.Lgs. 231/2001 in
relazione all’art. 589 c.p. e con riferimento alla condotta omissiva dei rispettivi
soggetti apicali.
2. – Avverso la detta sentenza di non luogo a procedere ricorre il Pubblico
Ministero presso il Tribunale di Gorizia, il cui ricorso è articolato in un unico
motivo, nel quale si assume la manifesta illogicità e la contraddittorietà della
motivazione della sentenza impugnata.

procedimento nominata dall’ASS n. 2 Isontina in relazione ai lavori di appalto per

Secondo la ricostruzione del P.M. ricorrente, il GUP ha fondato la propria
decisione essenzialmente sull’assunto che non vi sarebbero elementi per
affermare la sussistenza del nesso causale fra le violazioni della normativa
antinfortunistica di cui all’imputazione e il decesso della Giacomello, la quale -si
afferma in sentenza- ben potrebbe essere caduta da sola, eventualmente a
seguito di malore o di infarto, né vi sarebbe prova che la stessa sia deceduta a
causa del suo ingresso in cantiere, atteso che il decesso avveniva per cause
naturali non correlate ad alcuna delle attività che si svolgevano nel cantiere.

conta è che la Giacomello sia entrata nel perimetro del cantiere, che era bensì
recintato con delle barriere di plastica rossa nelle quali tuttavia vi erano dei
varchi attraverso i quali era agevole passare, e che sia caduta o inciampata
all’interno del cantiere stesso, ossia in un luogo ove non sarebbe dovuta entrare
e dove, a seguito della caduta, non sarebbe stato agevole vederla o trovarla.
Questo anche se, riconosce il P.M. ricorrente, la RSA presso l’Ospedale San Polo
non era struttura idonea ad accogliere la Giacomello (ragione per la quale il
responsabile di essa è stato rinviato a giudizio); ma, prosegue il P.M., ciò non
toglie che quanto meno la mancanza di recinzione idonea fu concausa del
decesso dell’anziana donna, non avendone impedito l’ingresso nel cantiere della
Giacomello e, a seguito della caduta della stessa (indipendentemente dal fatto
che tale caduta fosse determinata da un malore o da altra causa), la Giacomello
non riuscì a rialzarsi e a chiamare i soccorsi, né fu possibile rintracciarla, fino
all’avvenuto decesso.
3. – Con atto depositato presso la Cancelleria di questa Corte in data
11.11.2015, il difensore dell’imputata FURLANI confuta le argomentazioni
contenute nel ricorso del P.M. sotto un triplice profilo.
In primo luogo, deduce l’inammissibilità del ricorso per mancanza di tipicità
dei requisiti di cui all’art. 606 c.p.p., trattandosi di ricorso fondato
essenzialmente su argomentazioni integralmente in fatto.
In secondo luogo, osserva che le argomentazioni del GUP sono assistite da
logicità e coerenza e che, viceversa, quelle articolate nel ricorso del P.M. sono
caratterizzate da un approccio meramente congetturale e oltretutto
indimostrabili.
In terzo luogo, evidenzia come nella sentenza impugnata siano stati
accuratamente valutati gli elementi in base ai quali il giudice ha concluso per
l’impossibilità di pervenire, in dibattimento, a un diverso apprezzamento dei fatti
o all’acquisizione di nuove prove idonee a orientare altrimenti la decisione finale.
Con successive memorie depositate in atti, hanno parimenti confutato gli j
argomenti posti a base del ricorso anche i difensori dell’imputato TUL,

In proposito, tuttavia, il P.M. ricorrente argomenta osservando che ciò che

dell’imputato FABBRO, dell’imputato LEGOVICH, della ditta SIRAM S.p.A. e della
ditta CARMET S.r.l..

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
La motivazione offerta dal GUP nella sentenza impugnata, e contestata dal
P.M. ricorrente, appare infatti quanto meno lacunosa e comunque insufficiente,
nella premessa che, secondo il prevalente e qui condiviso indirizzo di questa
Corte, il controllo del giudice di legittimità sulla motivazione della sentenza di

Pubblico Ministero ma solo la giustificazione adottata dal giudice nel valutarli e,
quindi, la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella valutazione
d’insieme degli elementi acquisiti dal P.M. per escludere che l’accusa sia
sostenibile in giudizio (da ultimo vds. Cass. Sez. 2, n. 5669 del 28/01/2014 dep. 05/02/2014, P.M. in proc. Schiaffino e altri, Rv. 258211).
Nella specie, la prognosi negativa formulata dal giudice dell’udienza
preliminare sull’utilità del dibattimento e sui suoi possibili sviluppi probatori si
fonda su una ricostruzione assai sommaria e incompleta del nesso causale fra
l’accesso della vittima nel cantiere e il suo successivo decesso.
Ed invero, nella detta sentenza si riconosce che l’art. 109 D.Lgs. 81/2008 violazione specificamente contestata in rubrica- imponeva una recinzione atta a
impedire l’accesso al cantiere da parte di terzi estranei. Senonchè, posto che la
Giaconnello era invece sicuramente entrata nel cantiere ove fu poi trovata morta,
il GUP deduce che non vi sarebbe prova che la donna sia deceduta per effetto del
suo ingresso nel cantiere, essendo invece risultato che la stessa era morta per
una causa naturale non correlabile ad alcuna delle attività che si svolgevano
all’interno del cantiere stesso; ed aggiunge che non sarebbero identificabili
integrazioni probatorie che possano eliminare le incertezze circa il concreto
svolgimento dei fatti e che possano modificare le conclusioni tratte dal GUP.
A parere di questa Corte, le lacune motivazionali in siffatto percorso logico
ineriscono all’esame della serie causale che condusse all’evento, comprensiva dì
fattori che il GUP ha totalmente omesso di valutare, dei quali l’ingresso della
Giacomello nel cantiere fu solo il primo, ma indefettibile elemento: nulla si legge
nella sentenza circa il fatto che la donna era molto anziana e non autosufficiente,
con ciò che ne consegue in punto di possibilità di rimanere vittima di cadute e di
difficoltà nell’invocare aiuto; né circa il fatto che la Giacomello cadeva in un
luogo -non adeguatamente recintato- in cui ben difficilmente sarebbe stato
possibile trovarla e soccorrerla, in modo tale da rimanere in stato di abbandono;
né circa il fatto che il decesso avvenne bensì per infarto ma -si legge
nell’imputazione- in correlazione con la disidratazione della donna (verificatasi in

non luogo a procedere non può avere per oggetto gli elementi acquisiti dal

seguito all’accesso della stessa ad area che doveva essere interdetta all’ingresso
di estranei, e presumibilmente a distanza di diverse ore o giorni dall’uscita
dell’anziana donna dall’ospedale), disidratazione resa ancor più probabile dalla
stagione estiva (i fatti sono dell’agosto 2010); né circa il fatto che il primo
elemento della serie causale che condusse al decesso della Giacomello era pur
sempre costituito dalla violazione di una regola codificata di prevenzione di
infortuni a terzi estranei al luogo di lavoro, con ciò che ne consegue in termini di
prevedibilità di incidenti a terzi, oltretutto nel comprensorio di un ospedale ove

punto di prevedibilità in concreto, la tipologia di pazienti della RSA ove la
Giacomello era ricoverata, da valutarsi in relazione con i rischi di un potenziale
accesso di alcuno di detti pazienti in area non adeguatamente recintata e di un
possibile verificarsi di conseguenti incidenti a loro carico.
Con precipuo riguardo a quest’ultimo profilo, nel valutare la possibile
dipendenza causale tra le contestate omissioni di norme cautelari e l’eventomorte occorso a carico della Giacomello (e in relazione alla presenza di una RSA
nel comprensorio dell’ospedale), sarebbe stato (ed è) necessario approfondire secondo la giurisprudenza di questa Corte richiamata nella stessa sentenza
impugnata- se il fatto fosse ricollegabile all’inosservanza delle predette norme
secondo i principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., e cioè sempre che la
presenza di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, nel
luogo e nel momento dell’infortunio non rivestisse carattere di anormalità,
atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico tra
l’evento e la condotta inosservante, e la norma violata miri a prevenire
l’incidente verificatosi (vds. per tutte Cass. Sez. 4, Sentenza n. 23147 del
17/04/2012 Ud. -dep. 12/06/2012 – Rv. 253322).
Tuttavia, il percorso motivazionale seguito dal GUP con l’impugnata
sentenza non risulta, secondo questa Corte, aver convenientemente esaminato
nella sua completezza né gli effetti della condotta omissiva e negligente
contestata agli odierni imputati, nella rispettiva posizione, né gli elementi
concomitanti e successivi potenzialmente rilevanti nel decorso causale che portò
alla morte dell’anziana donna, né la prevedibilità o meno del comportamento
della stessa (e, più in generale, di pazienti presenti all’interno del comprensorio
ospedaliero, in specie della RSA ove era ricoverata la Giacomello), né
conseguentemente -e soprattutto- i possibili sviluppi probatori riferiti all’esame
dibattimentale di siffatti elementi.
Dall’insieme delle considerazioni che precedono, consegue che l’impugnata
sentenza va annullata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Gorizia in
riferimento alla sussistenza o meno di elementi per sostenere l’accusa in giudizio

insisteva una RSA; né infine circa il fatto che non risulta affatto esplorata, in

nei confronti degli imputati, in relazione ai sopra indicati aspetti non
adeguatamente valutati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Gorizia per nuovo
esame.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2015.

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