Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48265 del 26/09/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 48265 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CITTERIO CARLO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PINTO CESARE N. IL 09/03/1974
avverso la sentenza n. 77/2009 CORTE APPELLO di CAMPOBASSO,
del 24/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
Data Udienza: 26/09/2013
14299/13 RG
1
1. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Campobasso
in data 24.1.13 che, in riforma della sentenza assolutoria del
Tribunale di Larino, lo ha condannato alla pena di giustizia per
reato di cui all’art. 356.2 c.p. consumato il 7.10.2005, ricorre
per cassazione l’imputato Cesare Pinto a mezzo del difensore avv.
Francesco Colucci, enunciando due motivi: erronea applicazione
della legge penale per la mancanza di elementi di riscontro in
particolare sul dolo generico (il testo presenta anche una
criptica doglianza per l’applicazione della pena accessoria
nonostante l’applicazione dell’indulto alla pena principale);
“contraddittorietà ed illogicità della motivazione – decorso del
tempo”, per la riqualificazione del reato e per l’intervenuta
prescrizione.
2. Il ricorso è palesemente inammissibile.
A fronte di specifiche ed articolate argomentazioni del
Giudice d’appello sul punto determinante della sussistenza anche
dell’elemento psicologico del reato, la sussistenza del cui
elemento materiale era stata affermata anche in primo grado, il
primo motivo prospetta un’affermazione apodittica e del tutto
generica, senza alcun confronto con quanto spiegato nella
sentenza impugnata (p. 2 e 3), confronto doveroso per
l’ammissibilità dell’impugnazione, ex art. 581 c.p.p., perché la
sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il
provvedimento oggetto di ricorso: Sez. 6, sent. 20377 dell’11.314.5.2009 e Sez.6, sent. 22445 dell’8 – 28.5.2009.
Altrettanto generica (e comunque manifestamente infondata in
diritto) è la criptica censura all’applicazione della pena
accessoria nonostante l’avvenuta applicazione dell’indulto alla
pena principale.
Il secondo motivo è sostanzialmente inesistente, limitandosi
al rilievo del decorso del termine di prescrizione, decorso che,
intervenuto dopo la deliberazione della sentenza d’appello, è
irrilevante a fronte dell’originaria inammissibilità del ricorso.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma, equa al caso, di euro 1000 alla Cassa
delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000
alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26.9.2013
ORDINANZA
RAGIONI DELLA DECISIONE