Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48254 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48254 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

Data Udienza: 26/11/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AMATO DOMENICO N. IL 18/09/1988
FEMIA ROCCO N. IL 14/09/1981
RUBINO SERGIO N. IL 20/02/1977
UNGARO RHAMA N. IL 07/06/1986
VECCEROLOQUE PRELOQUE N. IL 24/07/1989
avverso la sentenza n. 942/2014 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 30/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH
Udito il Procuratore Generale in peryna del Dott4 ikki:0 aigi,e1- 4/91-4-44che ha concluso per
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02. cc)

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza in data 30 settembre 2014, la Corte di Appello di
Catanzaro, in parziale riforma della sentenza emessa dal GUP di Catanzaro il
28.11.2013, riduceva le pene inflitte ad UNGARO Rhama (capi C, H, K ed L della
rubrica) ad anni due di reclusione ed € 12.000 di multa, con sospensione

mesi sei di reclusione ed € 6.000 di multa; nonché ad altri coimputati oggi non
ricorrenti; e confermava le pene inflitte in primo grado a VECCEROLOQUE
PERELOQUE Alessandro (capo V), AMATO Domenico (capi Q, R, S, T) e FEMIA
Rocco (capo O).
Oggetto della detta sentenza è una serie di condotte di detenzione,
trasporto e cessione di sostanze stupefacenti di vario tipo (hashish, marijuana,
cocaina, Kobret) che si collocano temporalmente fra i mesi di ottobre e
novembre del 2009, in Catanzaro e in vari altri siti calabresi.
Segnatamente, ed in estrema sintesi, gli odierni ricorrenti rispondono:
AMATO Domenico di plurime cessioni di cocaina (capi da Q a T), in un
caso (capo Q) a soggetto minorenne;
FEMIA Rocco della detenzione di 14,10 grammi di marijuana, in parte
destinati alla cessione a tali Cananzi Orazio e Procopio Lorenzo (capo O);
RUBINO Sergio della ricezione di un quantitativo imprecisato di
marijuana da lui ceduto a terzi (capo H);
UNGARO Rhama della detenzione e del trasporto di 25 kg di hashish
(capo C), della detenzione e del trasporto del quantitativo imprecisato di
marijuana successivamente ceduto a RUBINO Sergio (capo H), del
trasporto di un ulteriore quantitativo imprecisato di marijuana (capo K),
della detenzione e cessione a Varano Francesco di 5 kg di marijuana
(capo L);
VECCEROLOQUE PERELOQUE Alessandro della detenzione e cessione di
un quantitativo imprecisato di sostanza tipo kobret, offerto in vendita a
Varano Francesco e ad altro giovane non meglio identificato.
La vicenda oggetto del processo nasce da un controllo eseguito il 1.9.2009
dalla Guardia di Finanza presso l’autolavaggio gestito da UNGARO Rhanna in esito
alla scoperta, lo stesso giorno, di un quantitativo di cocaina rinvenuto a terra
dagli operanti dopo che un’autovettura Audi A5 targata DK434CC -risultata
essere nella disponibilità dell’UNGARO- era sfuggita a un controllo di una
pattuglia della Finanza allontanandosi a forte velocità; in seguito ai due suddetti

condizionale della pena; a RUBINO Sergio (capo H della rubrica) ad anni uno e

episodi venivano attivate intercettazioni sulle utenze dell’UNGARO (e del suo
dipendente Varano Francesco) nonché a bordo dell’autovettura Ford Fiesta tg.
BX482XH in uso allo stesso e al Varano, intercettazioni poi estese ad altri
soggetti.
Il compendio probatorio relativo ai capi d’imputazione contestati agli odierni
ricorrenti e ad altri coimputati consiste, nell’essenziale, negli esiti di dette
operazioni captative, nonché in alcuni casi in OCP, perquisizioni e sequestri.
2. – Ricorrono avverso la prefata sentenza gli imputati AMATO Domenico,

RUBINO Sergio.
3. – Il ricorso presentato personalmente da AMATO Domenico si articola in
un unico motivo, riferito alla mancata concessione allo stesso delle circostanze
attenuanti generiche: si duole il ricorrente sia della violazione di legge penale,
sia del vizio di motivazione sul punto, lamentandosi in sostanza del fatto che la
Corte di merito, a fronte del motivo d’appello articolato al riguardo dall’AMATO,
abbia argomentato il diniego delle circostanze di cui all’art. 62 bis c.p.
esclusivamente sulla base delrallarmante personalità” dello stesso, gravato da
plurimi precedenti penali, e dellmattività continuativa di spaccio”, sebbene allo
stesso AMATO sia stata riconosciuta in prime cure l'(allora) circostanza
attenuante di cui all’art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990, in regime di prevalenza
sulla recidiva contestata, avuto riguardo al fatto che si trattava di “cessioni di
poche dosi al prezzo di C 20,00”, con sostituzione della pena con quella
sostitutiva dei lavori di pubblica utilità ex art. 73 comma 5 bis D.P.R. 309/1990
cit., trattandosi di soggetto tossicodipendente; e che lo stesso AMATO,
sottoposto per circa un anno agli arresti domiciliari, ha sempre rispettato le
connesse prescrizioni, dando prova di buon comportamento.
4. – Il ricorso presentato da FEMIA Rocco per il tramite del suo difensore si
articola anch’esso in un unico, benché ampiamente illustrato, motivo di
doglianza. Anche nel caso del FEMIA, il motivo di ricorso verte sia sulla violazione
della legge penale che sul vizio di motivazione, con particolare riferimento -in
questo caso- all’affermazione di penale responsabilità del ricorrente senza
considerare che, per l’esiguo quantitativo di stupefacente trovato nella sua
disponibilità, senza strumenti di confezionamento, ben poteva trattarsi di
sostanza destinata a suo uso esclusivamente personale: la carenza probatoria a
carico del FEMIA si sarebbe tradotta in una carenza e illogicità della motivazione,
fondata esclusivamente sul quantitativo di sostanza stupefacente in sequestro e
sulla captazione di un colloquio fra Cananzi e Procopio prima che il FEMIA
rispondesse al telefono, in assenza di prova dell’accordo fra quest’ultimo e i
sunnominati personaggi; evidenzia inoltre il ricorrente la contraddittorietà della

FEMIA Rocco, UNGARO Rhama, VECCEROLOQUE PERELOQUE Alessandro e

motivazione, in relazione al fatto che, per altro capo d’imputazione (P) il FEMIA
era stato assolto dal GUP pur a fronte della captazione di conversazioni vertenti
anch’esse su stupefacenti. Inoltre, il ricorrente lamenta il rigetto della richiesta di
riapertura del dibattimento per ascoltare il teste Cananzi, il quale avrebbe potuto
fugare ogni dubbio circa l’interpretazione delle frasi oggetto della detta
intercettazione.
5. – Nell’interesse di UNGARO Rhama vengono presentati dai suoi difensori
di fiducia due distinti ricorsi: il primo è articolato in quattro motivi, il secondo in

5.1. – Con il primo motivo del primo ricorso, il ricorrente lamenta -sia sotto
il profilo della violazione di legge che del vizio di motivazione- la carenza di
elementi a suo carico: sia in riferimento alla ricostruzione del fatto offerta dalla
sentenza impugnata (che recepisce quella del giudice di primo grado), sia in
particolare in ordine alle motivazioni di rigetto della proposta questione di
inutilizzabilità delle intercettazioni legate al RTI 687/09 per carenza di gravi
indizi di reato (a fronte del ritrovamento di un quantitativo esiguo di cocaina, nel
luogo di allontanamento di una vettura occupata da ignoti, in base al quale era
apodittico ravvisare il presupposto di un’attività di vendita).
5.2. – Con il secondo motivo del primo ricorso, specificamente riferito al
capo C, il ricorrente lamenta -sempre sotto il duplice versante della violazione di
legge e del vizio di motivazione- la carenza di elementi di valutazione in ordine a
riscontri esterni (a fronte delle captazioni intercettive, l’esito negativo della
perquisizione e la deposizione del teste Savoca non fornivano alcun elemento a
sostegno dell’accusa) e a proposito dell’attendibilità del Varano nelle sue
conversazioni oggetto di captaazione, atteso che la sua condizione di
tossicodipendente (certificata dalla consulente di parte d.ssa Palazzo) lo rendeva
radicalmente inattendibile.
5.3. – Con il terzo motivo del primo ricorso, riferito in questo caso al capo H,
il ricorrente si duole della carenza di motivazione in riferimento alla mancanza di

ulteriori tre motivi.

riscontri individualizzanti a carico dell’UNGARO (nei cui confronti -secondo il
ricorrente- viene unicamente valorizzato dalla Corte di merito, peraltro in modo
apodittico e congetturale, l’esito delle intercettazioni); nonché della violazione di
legge in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73 comma 5
D.P.R. 309/1990.
5.4. – Analogamente, con il quarto motivo del primo ricorso (riferito però, in
questo caso, ai capi K ed L della rubrica) il ricorrente lamenta il vizio di
motivazione in ordine alla carenza di riscontri rispetto alle intercettazioni
eseguite a proposito dell’episodio del 24.11.2009, nonché la violazione di legge

A

per mancato riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità di cui al comma 5 dell’art.
73 D.P.R. 309/1990.
5.5. – Negli ulteriori tre motivi del secondo ricorso presentato nell’interesse
dell’UNGARO Rhama (e sintetizzati in apertura dello stesso come riferiti alla
violazione delle norme processuali relative a nullità/inutilizzabilità; al vizio di
motivazione anche in relazione a travisamento della prova; e infine a violazione
di norme penali e dell’art. 192 c.p.p. in relazione alla valutazione della prova di
reità) vengono in realtà ripresi, sviluppati ed ampliati argomenti già esaminati a

riferimento ai capi C, H, K ed L a lui contestati, e sinteticamente riferibili
all’inutilizzabilità/nullità delle intercettazioni per carente motivazione dei relativi
decreti autorizzativi disposti in conseguenza degli episodi del 1.9.2009; alla
carenza di riscontri esterni alle dette intercettazioni; all’inattendibilità del Varano
in relazione alle sue condizioni personologiche.
6. – VECCEROLOQUE PERELOQUE Alessandro ricorre a sua volta contro la
prefata sentenza deducendo quattro motivi di ricorso.
Quanto ai primi tre motivi di ricorso, essi ricalcano concettualmente i tre
motivi del secondo ricorso presentato nell’interesse di UNGARO Rhama
(violazione delle norme processuali relative a nullità/inutilizzabilità dei decreti
autorizzativi delle intercettazioni; vizio di motivazione anche in relazione a
travisamento della prova; violazione di norme penali e dell’art. 192 c.p.p. in
relazione alla valutazione della prova di reità).
Ai detti motivi si aggiunge, come quarto motivo di ricorso, la specifica
doglianza articolata in ordine al capo V contestato al VECCEROLOQUE
PERELOQUE e riferita al vizio di motivazione sia in riferimento alla destinazione
dello stupefacente ad uso non esclusivamente personale del ricorrente, sia in
riferimento al mancato riconoscimento in suo favore dell’ipotesi di cui al comma
5 dell’art. 73 D.P.R. 309/1990.
7. – In relazione alla posizione di RUBINO Sergio vengono presentati due
distinti ricorsi, ciascuno dei quali articolato in due motivi.
7.1. – Con il primo motivo del primo ricorso, si lamenta in sostanza -in
termini sostanzialmente sovrapponibili a quelli oggetto del primo motivo del
primo ricorso nell’interesse di UNGARO Rhama e di altri consimili- la violazione di
legge e il vizio di motivazione con particolare riguardo ai motivi di rigetto della
proposta questione di inutilizzabilità delle intercettazioni legate al RTI 687/09 per
carenza di gravi indizi di reato (sul punto può farsi rinvio a quanto in precedenza
illustrato).
7.2. – Con il secondo motivo del primo ricorso, lamenta il ricorrente sempre sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione-

proposito del primo ricorso presentato nell’interesse dello stesso ricorrente, in

la mancata concessione delle attenuanti generiche in riferimento al capo H, pur a
fronte della concessione in favore del RUBINO dell’ipotesi di cui al comma 5
dell’art. 73 D.P.R. 309/1990, e della posizione di “ultimo anello di una catena
illecita” ricoperta dal ricorrente.
7.3. – Con il primo motivo del secondo ricorso presentato nell’interesse del
RUBINO, viene censurato il vizio di motivazione della sentenza impugnata, sia
con riferimento al convincimento di colpevolezza dell’imputato, sia con
riferimento al rigetto della proposta questione di inutilizzabilità delle

argomentazioni dianzi già illustrate, e alle quali perciò si rinvia.
7.4. – Con il secondo motivo del secondo ricorso di RUBINO Sergio, viene
ulteriormente lamentata la mancata concessione al medesimo delle attenuanti
generiche, pur a fronte della concessione al medesimo della sospensione
condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
8. – Si premette che, per ragioni di brevità, i motivi di ricorso riproposti in
relazione a più ricorrenti (o ripresi in più ricorsi afferenti lo stesso ricorrente)
saranno trattati congiuntamente, laddove la valutazione di detti motivi si fondi
sulle stesse ragioni argonnentative.
9. – Quanto al ricorso presentato da AMATO Domenico, l’unico motivo di
ricorso in esso articolato è infondato.
Ed invero, nel motivare il rigetto della richiesta difensiva di riconoscimento
delle attenuanti generiche, la Corte di merito ha specificato di avere tenuto conto
dell’allarmante personalità dell’AMATO testimoniata dalla sua ricca biografia
penale, cui si aggiunge la natura continuativa dell’attività di spaccio; secondo
quanto precisato dalla Corte territoriale, anche sul punto la decisione è
confermativa di quanto stabilito dal giudice di prime cure.
Nelle doglianze difensive, oltre a denunciarsi la violazione di legge in
riferimento all’art. 62 bis c.p., si denuncia la mancata valutazione, da parte della
Corte di merito, di alcuni elementi di segno positivo rilevanti ai fini della
concessione delle circostanze attenuanti generiche; e se ne trae la conclusione
che ciò abbia determinato vizio di motivazione sul punto nella sentenza
impugnata.
Questa Corte osserva che, di contro, non vi è alcuna violazione di legge nei
termini dedotti dal ricorrente, atteso che il beneficio delle circostanze attenuanti
generiche ex 62 bis cod. pen. ha una sua ragione autonoma, ravvisabile i
situazioni atipiche o nelle stesse molteplici circostanze previste dall’art. 133 cod.
pen. che meritino, nel caso concreto, una particolare considerazione per la
specificità della vicenda, o della personalità o del vissuto dell’imputato o altro

11.P

intercettazioni legate al RTI 687/09, con sostanziale riproposizione delle

(Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4508 del 15/02/1988; vds. anche Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 12049 del 16/12/2009; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 44883 del
18/07/2014): nella specie la Corte territoriale è rimasta all’interno di questo
perimetro prendendo in esame ed esplicitando circostanze rilevanti ai fini dello
scrutinio circa la concessione o il diniego delle dette attenuanti.
Parimenti, la motivazione del diniego delle attenuanti generiche da parte
della Corte territoriale è pienamente sufficiente e rispondente ai requisiti fissati
dalla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, per motivare il

giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a
quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti
gli altri da tale valutazione (da ultimo, vds. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28535 del
19/03/2014, Rv 259899); ed a tanto la Corte di merito ha provveduto sia
richiamando la particolare pericolosità dell’imputato anche in relazione ai suoi
precedenti penali, sia evidenziando la natura ripetitiva della condotta di spaccio.
La motivazione oggetto di doglianza è perciò tale da richiamare gli elementi,
ritenuti significativi, di cui all’art. 133 c.p., che come è noto sono indicati dalla
pacifica giurisprudenza di questa Corte come i parametri cui il giudice deve
attenersi nel concedere o negare le circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis
c.p., nel senso però che egli può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi
indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a
determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo
elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle
modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (ex multis vds.
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3609 del 18/01/2011, Rv 249163).
10. – L’unico motivo di ricorso presentato nell’interesse di FEMIA Rocco è a
sua volta infondato.
La doglianza, ripropositiva di analogo motivo d’appello, era stata disattesa
dalla Corte di merito con motivazione congrua, logicamente ineccepibile e
fondata su elementi tali da escludere qualsivoglia vizio argomentativo. Nella
sentenza impugnata si richiama il dato costituito dal ritrovamento, nella
disponibilità del FEMIA, di 14,10 grammi di marijuana, dato che non è rimasto
isolato ma è stato correttamente valutato in combinazione con gli esiti di
operazioni captative nei confronti dei presunti acquirenti Cananzi e Procopio (di
cui viene riportato in sentenza un breve, ma esplicito e illuminante passaggio)
dai quali si desume che costoro presero appuntamento con il FEMIA in quanto
erano alla ricerca di sostanza stupefacente: il che, ad avviso di questa Corte,
riscontra il dato logico costituito dal ritrovamento dello stupefacente nella

rigetto della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il

disponibilità di soggetto risultato dedito allo spaccio, come comprovato dalla
detta captazione del Cananzi e del Procopio, restando privo di rilievo il fatto che
nel chiamare il FEMIA costoro non facessero cenno a stupefacenti, a fronte della
chiara finalità della loro telefonata all’odierno ricorrente come emersa dalla
ricostruzione della sequenza da parte della Corte territoriale. Perciò i due dati
affioranti dalla motivazione della sentenza impugnata si riscontrano
vicendevolmente e fondano un compendio probatorio in base al quale la Corte di
merito ha motivato in modo non carente, né illogico né tantomeno

convincimento di colpevolezza nei confronti del FEMIA.
11. – Venendo ora ai ricorsi presentati nell’interesse di UNGARO Rhama,
pare opportuno analizzarne i fondamenti in relazione al loro contenuto, in alcuni
casi comune a più motivi.
11.1. – Quanto al motivo di ricorso riferito alla ricostruzione in fatto recepita
nella sentenza d’appello impugnata (che riprende quella del giudice di primo
grado), esso sarebbe in sé considerato del tutto aspecifico, dovendo invece
essere sottoposto a scrutinio in combinazione con l’ulteriore motivo di ricorso
riferito all’asserita violazione di legge e carenza di motivazione riconducibile ai
requisiti di utilizzabilità delle intercettazioni collegate al RIT 687/09 (motivo
ripreso sia dal primo, che dal secondo ricorso presentato nell’interesse
dell’UNGARO e, come si vedrà, recepito anche nel ricorso presentato
nell’interesse di VECCEROLOQUE PERELOQUE Alessandro e in quello presentato
nell’interesse di RUBINO Sergio).
Comunque considerato, il motivo di ricorso in esame è inammissibile,
siccome manifestamente infondato.
Si premette che il tema di fondo dell’assunto difensivo è costituito dal
raggiungimento o meno della soglia di gravità degli indizi di reato posti a
fondamento delle operazioni captative, con specifico riferimento a quelle
originariamente disposte in esito agli accadimenti del 1 settembre 2009.
Al riguardo, conviene muovere dalla considerazione che, in tema di
intercettazione di conversazioni o comunicazioni, il presupposto della sussistenza
dei gravi indizi di reato non va inteso in senso probatorio (ossia come
valutazione del fondamento dell’accusa), ma come vaglio di particolare serietà
delle ipotesi delittuose configurate, che non devono risultare meramente
ipotetiche, essendo al contrario richiesta una sommaria ricognizione degli
elementi dai quali sia dato desumere la seria probabilità dell’avvenuta
consumazione di un reato (ex multis, Cass. Sez. 6, n. 10902 del 26/02/2010 dep. 19/03/2010, Morabito, Rv. 246688; più di recente, in senso conforme,

contraddittorio (e perciò incensurabile in questa sede di legittimità) il proprio

Cass. Sez. 3, n. 14954 del 02/12/2014 – dep. 13/04/2015, Carrara ed altri, Rv.
263044).
Nella specie, nella sentenza impugnata si dà atto che le intercettazioni
venivano disposte dopo che l’Audi A5 risultata in uso ad UNGARO Rhama era
sfuggita a un controllo da parte della Guardia di Finanza e, sul luogo, a terra,
veniva ritrovato un involucro termosaldato contenente 0,4 grammi di cocaina.
Orbene, anche alla stregua dell’indirizzo di questa Corte appena ricordato, a
poco rileva il fatto che non fosse certo che a bordo dell’auto datasi alla fuga vi

stato il medesimo -secondo la motivazione della sentenza impugnata- sottoposto
in precedenza più volte a controllo); così come a poco rileva il fatto che gli
operanti non si erano accorti di alcun gesto da cui evincere che i due ignoti
occupanti si erano disfatti dell’involucro (essendo lo stesso stato rinvenuto in
coincidenza con il luogo ove l’auto, eludendo il controllo, si era allontanata a
forte velocità).
Ciò che conta è innanzitutto che, come opportunamente chiarito dalla Corte
di merito, necessariamente il reperto contenente sostanza stupefacente
presupponeva un’attività di vendita (o,

rectius,

quantomeno di cessione),

essendo di tutta evidenza che un involucro termosaldato contenente cocaina non
poteva che aver formato oggetto di pregresso passaggio di mano della sostanza,
tra chiunque esso fosse intervenuto, con conseguente certezza che il reperto era
necessariamente provento di delitto (al riguardo è ius receptum che i gravi
“indizi di reato”, presupposto per il ricorso alle intercettazioni di conversazioni o
di comunicazioni, attengono all’esistenza dell’illecito penale e non alla
colpevolezza di un determinato soggetto, sicché per procedere legittimamente ad
intercettazione non è necessario che tali indizi siano a carico di persona
individuata o del soggetto le cui comunicazioni debbano essere captate a fine di
indagine: cfr. Cass. Sez. 4, n. 8076 del 12/11/2013 – dep. 20/02/2014,
D’Agostino e altro, Rv. 258613).
Perciò, sulla scorta di tali indicazioni, è del tutto irrilevante il fatto che non
sia stato accertato in modo univoco se l’UNGARO fosse o meno a bordo
dell’autovettura sfuggita al controllo il mattino del 1 settembre 2009.
Il fatto che le intercettazioni siano state attivate nei confronti dell’UNGARO è
stato comunque correttamente giustificato, sul piano della motivazione, con la
circostanza che il suddetto reperto veniva trovato in un luogo dal quale
un’autovettura già nota come utilizzata dallo stesso UNGARO si era allontanata a
tutta velocità onde sottrarsi a un controllo della polizia giudiziaria.
Sul piano della dedotta violazione delle regole processuali (nella specie, in
particolare, quelle che presiedono all’inutilizzabilità o alla nullità dei mezzi di

fosse l’UNGARO (essendo invece noto che l’auto era da questi usata, per esservi

prova), è poi appena il caso di ricordare che, secondo la giurisprudenza apicale
di questa Corte, non compete alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche
deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del
procedimento che non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di
evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata
rappresentare adeguatamente (Cass. Sez. Un., Sentenza n. 39061 del
16/07/2009 Ud. -dep. 08/10/2009- Rv. 244328).
11.2. – Il secondo motivo di ricorso nell’interesse di UNGARO, riferito in

La Corte fornisce ampia motivazione del proprio convincimento, sì che il
dato delle intercettazioni ne risulta chiaro nella sua conducenza e, a ben vedere,
tutt’altro che privo di riscontri.
Il fatto che l’unico elemento certo di prova sia costituito dal viaggio da
Napoli a Catanzaro effettuato l’8.10.09 da due auto (una condotta dal Varano,
una condotta dall’UNGARO e con a bordo Tavano Nicola) non risponde, infatti, a
verità: nella sentenza impugnata, il riferimento al quantitativo di droga pari a 25
chilogrammi di hashish emerge infatti dalle conversazioni intercettate di Varano
Francesco con Caterisano Danilo il 21.11.2009, in cui il primo racconta al
secondo l’operazione di trasporto di circa un mese prima. Il racconto, osserva la
Corte di merito, corrispondeva esattamente alle modalità e alla destinazione del
viaggio, all’autovettura utilizzata, alla staffetta dell’UNGARO, alle modalità del
controllo. Quanto poi alla perquisizione -con esito negativo- dell’autovettura
condotta dal Varano, il quale ne riferisce nell’immediatezza dapprima
all’UNGARO, poi all’amica Iiritano Pamela, e in epoca successiva al Caterisano, la
Corte territoriale precisa che essa viene raccontata dal Varano in modo
corrispondente a quanto riferito in proposito dal teste operante Savoca: a tale
riguardo, va detto che la Corte di merito raccorda il mancato rinvenimento dello
stupefacente con quanto riferito dal Varano all’amico Caterisano circa
l’occultamento dello stupefacente, da parte sua, nella ruota di scorta (nella
sentenza impugnata è riportato un significativo stralcio della conversazione de
qua).
Correttamente la Corte di merito respinge le deduzioni difensive circa
l’inattendibilità del Varano in relazione alla sua condizione di tossicodipendente e
alle sue conseguenti condizioni psichiche, a fronte delle quali lo stesso in altra
vicenda fu usato come vettore per il trasporto a Catanzaro, nell’interesse
dell’UNGARO, di 5 chilogrammi di marijuana, come comprovato dal sequestro del
26 novembre 2009.
In conclusione, e a prescindere da notazioni di merito che non possono
formare oggetto di disamina in questa sede di legittimità, la motivazione della

particolare al capo C, è infondato.

Corte di merito appare, sul punto, adeguata, esente da vizi logici, coerente e
sicuramente tale da non violare alcuna disposizione sostanziale o processuale,
tantomeno quelle che presiedono alla valutazione delle prove.
In particolare, sotto il primo e assorbente profilo (quello degli asseriti vizi di
motivazione), secondo l’orientamento -qui condiviso- di questa Corte, il
sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento
impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”,
ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a

sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti
errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente
“contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue
diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d)
non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in
termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del
ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il
profilo logico (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 41738 del 19/10/2011 Cc. – dep.
15/11/2011 – Rv. 251516: nella pronunzia de qua la Corte ha precisato gli atti
del processo invocati dal ricorrente a sostegno del dedotto vizio di motivazione
non devono semplicemente porsi in contrasto con particolari accertamenti e
valutazioni del giudicante, ma devono essere autonomamente dotati di una forza
esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione risulti in grado di
disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo
interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente
incongrua o contraddittoria la motivazione).
All’evidenza, alcuno dei detti vizi di motivazione è ravvisabile nella specie;
né tanto meno -e per analoghe ragioni- è dato rilevare alcuna violazione delle
norme processuali inerenti alla valutazione delle risultanze probatorie.
11.3. – Il terzo motivo di ricorso nell’interesse dell’UNGARO è parimenti
infondato.
E’ ben vero che, in tema di stupefacenti, qualora gli elementi a carico di un
soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di
intercettazione ma prive di riscontri oggettivi, la loro valutazione deve essere
compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore, in considerazione del
limitato compendio probatorio (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16792 del 25/03/2015
Ud. -dep. 22/04/2015- Rv. 263356). Nella specie, tuttavia, la valutazione della
Corte di merito appare adeguata alla fattispecie: non solo per l’espresso
recepimento della più ampia motivazione fornita dal GUP nella sentenza di primo
grado, ma altresì attraverso la ricostruzione della vicenda, completa di stralci di

base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché

alcune conversazioni intercettate e del riferimento ad operazioni di OCP eseguite
anche in relazione all’UNGARO. Del resto, la sentenza impugnata offre contezza
di una pluralità di episodi di detenzione, trasporto o cessione di stupefacenti che
vedono protagonisti, in un arco temporale di almeno due mesi, gli stessi
soggetti, tra cui l’UNGARO; e ciò, valutato congiuntamente alle risultanze
probatorie offerte dalle intercettazioni riferite allo specifico episodio in esame,
costituisce elemento che, se non di riscontro, può senz’altro dirsi di ulteriore
rafforzamento argomentativo della ricostruzione recepita dalla Corte di merito.

all’art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990 in favore di UNGARO Rhama, non è dato
comprenderne i fondamenti, atteso che risulta in atti che nei confronti
dell’UNGARO tale ipotesi, in relazione al capo H, risulta essere stata riconosciuta
dal primo giudice. Sul punto, quindi, il motivo in esame è inammissibile, siccome
manifestamente infondato oltrechè generico.
11.4. – Quanto al quarto motivo di ricorso nell’interesse dell’UNGARO,
riferito ai capi K ed L, esso è infondato e, in parte, generico.
Valgono qui le considerazioni svolte a proposito del motivo che precede, con
precipuo riferimento alla valutazione degli esiti di intercettazioni, nel senso che la
Corte di merito, oltre a richiamare i motivi enunciati nella sentenza di primo
grado, dà ampiamente conto della sequenza degli eventi monitorati sia
attraverso intercettazioni che mediante OCP nei giorni tra il 24 e il 26 novembre
2009, e che coinvolgevano l’UNGARO, fra l’altro indicato dal coimputato Varano
Francesco (in una delle conversazioni richiamate nella sentenza impugnata)
come il personaggio di cui lo stesso Varano era uomo di fiducia per le operazioni
di trasporto di droga; e, nella specie, vi è di più, ossia il ritrovamento, nella
disponibilità del Varano, di 5 chilogrammi di marijuana, il 26 novembre 2009.
In tale quadro, all’evidenza, anche la perorazione difensiva del
riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità appare del tutto priva di fondamento, in
considerazione dei quantitativi di droga oggetto di addebito, oltrechè delle

Quanto alla doglianza riferita al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui

modalità e circostanze in cui i reati venivano commessi, a considerare fra l’altro
che secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, in tema di reati
concernenti le sostanze stupefacenti, la circostanza attenuante del fatto di lieve
entità non può trovare applicazione, pur in assenza di altri elementi impeditivi,
se il quantitativo di sostanza supera un ragionevole limite, tale da configurare
pericolo di accumulo della sostanza

(ex multis Cass. Sez. Un., n. 17 del

21/06/2000 – dep. 21/09/2000, Primavera e altri, Rv. 216668; Cass. Sez. Un.,
n. 35737 del 24/06/2010 – dep. 05/10/2010, P.G. in proc. Rico, Rv. 247911; ed
ancora, Cass. Sez. 6, Sentenza n. 39931 del 16/10/2008, Rv 242247; Cass. Sez.
6, Sentenza n. 21962 del 02/04/2003, Rv 225414).

04

11.5. – Quanto agli ulteriori motivi di ricorso articolati con separato atto
nell’interesse di UNGARO Rhanna, gli stessi -che come già visto sono
essenzialmente ripropositivi di quelli articolati nel ricorso fin qui esaminati- sono,
parimenti, immeritevoli di accoglimento, per le già esposte ragioni alle quali
quindi si fa rinvio.
12. – I primi tre motivi di ricorso nell’interesse di VECCEROLOQUE
PERELOQUE Alessandro, essendo -come si è visto- fondati su questioni di diritto
sostanzialmente identiche rispetto a quelle articolate riguardo alla posizione di

ragioni, alle quali si fa, anche in questo caso, rinvio.
12.1. – Circa il quarto motivo, esso è infondato.
La destinazione allo spaccio della fiala di kobret di cui all’imputazione è stata
affermata dalla Corte territoriale facendo richiamo espresso all’ambientale delle
ore 22,19 dell’8.11.2009, integralmente riportata nella sentenza di primo grado,
dalla quale si evince effettivamente la reiterata offerta della sostanza, da parte
del VECCEROLOQUE PERELOQUE, a Varano e a un terzo ignoto, all’interno della
Ford Fiesta in uso al Varano.
Quanto al mancato adeguamento della pena in favore del VECCEROLOQUE
PERELOQUE, in relazione all’ipotesi a lui riconosciuta ex art. 73 comma 5 D.P.R.
309/1990, in esito alla sentenza C.Cost. n. 32/2014, è del tutto privo di
fondamento l’argomento difensivo secondo cui la conferma della pena inflitta al
ricorrente in prime cure -ritenuta dalla Corte di merito comunque adeguata al
disvalore del fatto- costituirebbe una forma di inammissibile reformatio in peius.
Ed invero, questa Corte è ormai univocamente orientata nel senso di
ritenere che la reviviscenza dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel testo
anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito
con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, successivamente
dichiarate incostituzionali dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del
2014, non comporta che, nelle situazioni in cui la sentenza di primo grado abbia
determinato la pena nella misura minima dell’editto allora vigente in relazione
alle droghe cosiddette “leggere”, il giudice di appello – quale giudice di merito di
secondo grado ovvero quale giudice di rinvio – sia vincolato a rimodulare la
sanzione rendendola conforme ai nuovi e più favorevoli minimi edittali detentivi e
pecuniari, potendo egli determinarla discrezionalmente nell’ambito della più lieve
cornice edittale tornata in vigore, con il solo limite – nell’ipotesi di appello
proposto dal solo imputato – del divieto di “reformatio in peius” (vds. da ultimo
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23952 del 30/04/2015 Ud. -dep. 04/06/2015 -Rv.
2638499).

UNGARO Rhama, sono a loro volta immeritevoli di accoglimento, per analoghe

13. – Parimenti immeritevoli di accoglimento risultano i motivi di ricorso
relativi alla posizione di RUBINO Sergio, che possono perciò dirsi infondati.
13.1. – Quanto alle doglianze circa la motivazione del convincimento di
colpevolezza del RUBINO e la ritenuta inutilizzabilità della intercettazioni legate
al RIT 687/09, valgono gli argomenti già illustrati a proposito dei consimili motivi
di ricorso nell’interesse di UNGARO Rhama, sia con riguardo al tema delle
intercettazioni, sia con specifico riferimento al capo

H.

Quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la

GUP aveva, in prime cure, negato il riconoscimento di dette attenuanti, ritenendo
congrua la rideterminazione della pena nei termini di cui alla sentenza impugnata
per effetto della modifica degli estremi edittali della riconosciuta ipotesi di cui al
comma 5 dell’art. 73 D.P.R. 309/1990 conseguente alla sentenza n. 32/2014
della Corte Costituzionale. Perciò, dovendosi ritenere corretta la motivazione per
relationem sul punto operata dalla Corte territoriale, la doglianza è, anche in
questo caso, priva di fondamento.

1,-;

14. – Per le ragioni fin qui esposte, i ricorsi vanno rigettati, e—gii=stass -vanno condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2015.

Corte di merito ha implicitamente richiamato le motivazioni in base alle quali il

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