Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48251 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 48251 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

Data Udienza: 26/11/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BERTELLE GIULIANO N. IL 10/12/1954
avverso la sentenza n. 2545/2011 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
25/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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RITENUTO IN FATTO
1. – Con la sentenza in epigrafe, emessa il 25 settembre 2014, la Terza
Sezione penale della Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della
sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Treviso il 2.2.2011, dichiarava
BERTELLE Giuliano responsabile del delitto di omicidio colposo -posto in essere
in concorso o in cooperazione colposa con altri imputati- commesso nella sua
qualità di dirigente aziendale delegato, prima del 29.11.2006, alla sicurezza
presso la 3B S.p.A., ed occorso in data 17.9.2007 in danno di Marchese Jasmine,

Secondo la pacifica ricostruzione della dinamica del fatto, la Marchese era
intenta a tagliare materiale plastico in eccedenza e a riporlo in una pressa situata
dietro di lei, allorchè la detta pressa si ribaltava e cadeva addosso alla
lavoratrice, che restava schiacciata e decedeva sul colpo. Il ribaltamento, si
legge nella sentenza impugnata, era pacificamente dovuto alla manovra posta in
essere da Crosato Massimo, separatamente giudicato, il quale, sollevando con un
muletto una balla di materiale plastico, con la punta delle forche di carico
intercettava la base della pressa sollevandola e facendola, appunto, ribaltare
addosso alla Marchese.
Il BERTELLE risponde del reato in quanto, come delegato alla sicurezza fino
al 29.11.2006, nonché munito di delega di funzioni scritta (risultante da scrittura
privata), agiva con colpa generica, nonché specifica (in relazione alle disposizioni
meglio specificate in rubrica) per mancata valutazione del rischio connesso alla
conformazione e all’uso di una pressa, nonché alle conoscenze acquisite; per
mancata installazione della pressa secondo prassi idonee; mancata formazione
dei mulettisti; mancata difesa dei posti di lavoro dal rischio di caduta e mancata
pretesa del rispetto delle disposizioni aziendali sulla corretta movimentazione
delle balle di sfridi.
2. – Avverso la prefata sentenza, ricorre BERTELLE Giuliano per il tramite
del suo difensore di fiducia. Il ricorso, in estrema sintesi rispetto alla dovizia di
elementi che esso contiene, si articola in tre motivi.
2.1. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’inosservanza di norme
processuali con specifico riferimento agli artt. 178 lett. C) e 521 comma 1 c.p.p.
(oltrechè dell’art. 111 comma 2 Cost. e dell’art. 6 comma 3 lettera a) CEDU).
Lamenta in sostanza il ricorrente che l’impugnata sentenza ha introdotto
una modifica dei fatti contestati, in violazione delle norme suddette, con
riferimento al fatto che la Corte ha escluso la configurabilità della cooperazione
colposa di cui all’art. 113 c.p. (istituto sul quale il ricorrente si diffonde
precisandone la natura incriminatrice), a fronte della contestazione formulata in
tal senso al BERTELLE e agli altri imputati, ravvisando invece il concorso di cause

dipendente da un’agenzia interinale che forniva lavoratori alla 3B.

colpose indipendenti ai sensi dell’art. 41 c.p.: il che, deduce il ricorrente,
avrebbe determinato un mutamento dei fatti contestati e, con esso, delle
questioni di fatto rilevanti, con conseguente pregiudizio all’esercizio del diritto di
difesa.
2.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente si duole del fatto che la Corte di
merito abbia operato una violazione di norme sostanziali e processuali e, in
specie, un travisamento dei risultati probatori nell’interpretazione della denuncia
di infortunio presentata dallo stesso BERTELLE il 2.11.2005 e riferita a pregresso

di un carrello che urtava una pressa: tale dato ha accreditato nei giudici
territoriali il convincimento che la pregressa conoscenza da parte del BERTELLE
dei rischi connessi alle interferenze tra muletti e presse evidenziasse la
consapevolezza dei rischi da parte dell’imputato, e dunque la sua colpevolezza
nell’avere omesso le cautele dovute. Il ricorrente contesta questa ricostruzione
del risultato probatorio, sottolineando che, a differenza di quanto affermato dalla
Corte territoriale, la denuncia di infortunio non fa alcun riferimento a
“scuotimenti o oscillazioni” delle presse, ossia a una pretesa instabilità delle
medesime: tale instabilità, deduce il ricorrente, è però negata dallo stesso
consulente tecnico della pubblica accusa nominato nel corso del giudizio di primo
grado, il quale, sia nella sua relazione che in aula, ha escluso la presenza di
situazioni critiche di instabilità della macchina, concludendo poi che, nel normale
utilizzo, quel tipo di pressa poteva definirsi stabile. Inoltre, lamenta il ricorrente,
sono state ignorate dalla Corte di merito alcune fonti di prova testimoniale che
in primo grado avevano riferito circostanze di rilievo ai fini di una valutazione
dei fatti favorevole al BERTELLE, con particolare riguardo agli elementi
informativi circa l’infortunio del 2005.
2.3. – Il terzo motivo di ricorso, enunciato unicamente in apertura del
ricorso stesso, lamenta il vizio di motivazione della sentenza impugnata sui punti
decisivi di cui fin qui si è detto.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Il primo motivo di ricorso è inammissibile, perché manifestamente
infondato.
E’ innanzitutto pacifico che questa Corte esclude l’applicabilità dell’art. 521
comma 1 c.p.p. nei casi in cui la divergenza fra contestazione e sentenza sia
riferita a situazioni di fatto che non abbiano comportato alcuna incidenza
sull’esercizio del diritto di difesa: a tacer d’altro, anche in epoca assai recente le
Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che l’attribuzione all’esito del
giudizio di appello, pur in assenza di una richiesta del pubblico ministero, al fatto
contestato di una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata

incidente di diversa natura ma comunque determinato da una manovra incauta

nell’imputazione non determina la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen.,
neanche per effetto di una lettura della disposizione alla luce dell’art. 111,
secondo comma, Cost., e dell’art. 6 della Convenzione EDU come interpretato
dalla Corte europea, qualora la nuova definizione del reato fosse nota o
comunque prevedibile per l’imputato e non determini in concreto una lesione dei
diritti della difesa derivante dai profili di novità che da quel mutamento
scaturiscono (Cass. Sez. Un., n. 31617 del 26/06/2015 – dep. 21/07/2015, Lucci,
Rv. 264438).

questa stessa Sezione ha enunciato il principio secondo cui non costituisce
violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza la condanna a titolo
monosoggettivo per delitto colposo, a fronte dell’imputazione a titolo di
cooperazione colposa, purché venga comunque riconosciuta la rilevanza causale
della condotta colposa dell’imputato, come delineata nell’imputazione (Cass. Sez.
4, n. 14505 del 14/01/2010 – dep. 15/04/2010, Bonenti, Rv. 247125). E del
resto, pur nell’ampio tessuto argomentativo offerto dal ricorrente sul punto, non
è dato rinvenire alcuna specifica e fondata ragione di doglianza in riferimento a
eventuali pregiudizi dallo stesso subiti, nell’esercizio delle prerogative difensive,
a cagione della denunciata riqualificazione del fatto.
4. – Il secondo motivo è infondato.
Nella valutazione delle prove offerta dalla sentenza impugnata, con specifico
riferimento alla posizione del BERTELLE, si ha bensì riguardo al ruolo che nella
decisione a suo carico ha avuto la denuncia in data 2.11.2005 da lui sottoscritta,
ma è agevole constatare che la Corte territoriale ha esaminato la posizione
dell’odierno ricorrente anche sotto altri profili di colpa, sia generica che specifica,
nella qualità da lui ricoperta.
Ed invero, nell’impugnata sentenza si legge che, oltre agli specifici rilievi
mossi al BERTELLE in relazione al pregresso incidente di cui alla detta denuncia
del 2.11.2005, da lui sottoscritta, egli risponde al pari del coimputato TURRI
delle medesime condotte omissive, per essere già noto il rischio per la sicurezza
insito nella procedura di smobilizzo degli sfridi di lavorazione, rischio
ampiamente descritto nell’intero corpo della sentenza: la Corte di merito
evidenzia che l’esistenza di una prassi di movimentazione delle balle di sfridi
secondo le modalità che condussero all’incidente mortale occorso il 17.9.2007
era nota da decenni, e veniva

“tramandata oralmente da operatore ad

operatore”, ma non aveva mai formato oggetto di alcuna valutazione di rischio

(rispetto alla quale tanto il BERTELLE quanto il coimputato Turri ricoprivano la
posizione di garanzia illustrata nel compendio motivazionale della pronunzia
impugnata), rispondendo esclusivamente a esigenze operative; epperò quella

Proprio con riferimento a situazione analoga a quella oggetto di doglianza,

tipologia di lavorazione era resa pericolosa sia per la breve distanza fra la balla e
la pressa, sia perché l’uso del muletto avveniva “in uno spazio di manovra
ristretto e delimitato, su un lato, dalla pressa stessa”.
Insomma, nell’analisi della notoria pericolosità della condotta oggetto delle
motivazioni recepite nella sentenza impugnata, il riferimento alla conoscenza del
problema da parte del BERTELLE in relazione alla denuncia da lui sottoscritta il
2.11.2005 assume un rilievo meramente integrativo e aggiuntivo in relazione al
suo patrimonio conoscitivo circa detta prassi pericolosa.

come travisamento della prova, si facesse riferimento a “presse suscettibili di
scuotimenti, oscillazioni e fuoriuscite di olio” (sempre con riferimento all’episodio
oggetto della detta denuncia in data 2.11.2005), da un lato costituisce
semplicemente un richiamo occasionale alla doverosa attenzione in chiave
antinfortunistica al tema, già noto aliunde, della pericolosità delle interferenze fra
muletti e presse; e dall’altro non integra alcun travisamento dei risultati
probatori, atteso che -secondo il ragionamento seguito dalla Corte di merito- ciò
non significava che la pressa fosse instabile nel suo normale assetto (anzi, per
riprendere le parole del consulente tecnico menzionate nel ricorso, “nell’ambito
della normale lavorazione”), ma solo che era esposta al rischio di urti dovuti
all’interazione dei muletti, il che necessariamente poteva introdurre
extrinseco

ab

un elemento di instabilità (appunto, mediante scuotimenti e

conseguenti oscillazioni).
In tale quadro, va considerato che, secondo l’indirizzo seguito da questa
Corte e qui condiviso, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo
del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente
indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia
idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la
motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale /probatorio
(ex multis, yds. Cass. Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014 – dep. 03/02/2014, Del
Gaudio e altri, Rv. 258774).
E, per quanto si è detto, quand’anche volesse ritenersi che la Corte di merito
avesse errato nel valutare la prova in esame (cosa che nella specie non appare
in alcun modo sostenibile), la sopra illustrata natura meramente integrativa -e
sicuramente non decisiva- della stessa escluderebbe comunque che il supposto
travisamento della prova possa risultare rilevante nel caso di specie.
In aggiunta a ciò, e venendo all’altro profilo denunciato dal ricorrente nel
motivo in esame, gli elementi di prova che nel ricorso si assumono non
considerati nella sentenza impugnata (in quanto essenzialmente riferiti alla
mancanza di conoscenza dell’infortunio del 2005 e del ribaltamento della pressa

Ed inoltre, il fatto che, nel passaggio della sentenza censurato dal ricorrente

in tale occasione) non alterano né inficiano il ragionamento seguito dalla Corte
territoriale, riferito essenzialmente alla sussistenza di un rischio connesso
all’interazione fra presse e muletti, rischio che era comunque noto e immanente
indipendentemente dalla ricostruzione della dinamica dell’episodio del 2005 e
dalla specifica conoscenza di esso da parte di altri operatori.
Le restanti doglianze articolate nel ricorso sul punto assumono connotazione
di mero fatto e, come tali, sono estranee all’oggetto di giudizio di questa Corte.
5. – Il terzo motivo di ricorso, che si riferisce al vizio di motivazione della

genericamente dedotto; peraltro, le considerazioni dianzi formulate rendono
evidente che alcuna carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione appare ravvisabile nell’impugnata sentenza.
6. – Da quanto precede consegue il rigetto del ricorso e la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 26.11.2015

sentenza in ordine ai punti fin qui esaminati, è inammissibile in quanto

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