Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4824 del 06/11/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4824 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PATERNO’ MARCO N. IL 30/06/1988
OLIVERI ROSARIO N. IL 02/01/1988
avverso la sentenza n. 3347/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del
04/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Data Udienza: 06/11/2014

28959/2014

Paternò Marco e Olivieri Rosario ricorrono, con separati ricorsi avverso la sentenza
indicata in epigrafe che, riformando in melius quella di primo grado solo con
riferimento al trattamento sanzionatorio, ne ha confermato la responsabilità per il
reato di cui agli artt. 624 bis e 625 n.2 cod.pen. . Paternò lamenta la mancanza di
prove sufficienti a fondare la sua responsabilità. Anche Olivieri, per il tramite del
difensore di fiducia, contesta l’affermazione di responsabilità che sostiene non
sostenuta da una prova di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, anche
con riferimento all’aggravante della violenza sulle cose.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili in quanto fondati su motivi non
consentiti o manifestamente infondati.
Secondo il combinato disposto degli artt. 591, co. 1 lett. c) e 581, co.1, lett. c),
l’impugnazione deve infatti contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione
specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta.
La sanzione trova la sua ragion d’essere nella necessità di porre il giudice della
impugnazione in grado di individuare i capi e i punti del provvedimento che si
intendono censurare e presuppone che le censure stesse siano formulate con
riferimento specifico alla situazione oggetto di giudizio e non già con formulazioni
che, per la loro genericità, si attagliano a qualsiasi situazione. La sanzione di
inammissibilità trova applicazione anche quando il ricorrente nel formulare le proprie
doglianze nei confronti della decisione impugnata trascura di prendere nella dovuta
considerazione le valutazioni operate dal giudice di merito e sottopone alla Corte
censure che prescindono da quanto tale giudice ha già argomentato.
Nel caso in esame i ricorrenti, ed in particolare Oliveri, data la assoluta genericità del
ricorso di Paternò, non tengono conto che la sentenza impugnata ha già valutato i
fatti rilevanti riferendo come gli agenti avessero trovato il Paternò all’esterno
dell’abitazione, con la chiara funzione di “palo”; egli alla vista dei carabinieri,
pronunciava ad alta la parola “maresciallo” per avvisare il complice che poco dopo
veniva avvistato mentre scappava con una sacca in mano, provenendo proprio dalla
strada dove si trovava l’abitazione del derubato; la refurtiva veniva poi ritrovpta in un
cortile sito nei pressi. Da tali elementi, con valutazione del tutto logica e conisibile ,
è stato tratto il convincimento delle responsabilità dei due. Non possono prendersi in
considerazione le censure svolte in merito alle modalità della contestata violenza, in
quanto non risulta che le stesse fossero state formulate nel precedente grado di
giudizio; al riguardo la sentenza qui impugnata riferisce soltanto che l’accusa
formulata nei confronti dei due era di essersi introdotti nell’appartamento scassinando
una portafinestra e tanto giustifica all’evidenza l’aggravante in parola.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00) ciascuno , a
titolo di sanzione pecuniaria.
p.q.m.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di
euro 1000,00 (mille/00) ciascuno.

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Motivi della decisione

Così deciso in Roma il 6.11.2014

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