Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48211 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48211 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

Data Udienza: 13/11/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALLEGRO MATTEO N. IL 21/01/1980
avverso l’ordinanza n. 178/2011 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 10/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
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RITENUTO IN FATTO

1. Con provvedimento emesso in data 10 giugno 2013 il Tribunale di
Caltanissetta – in sede di appello ex art. 310 cod.proc.pen. – confermava la
decisione emessa dal locale Tribunale in data 14 maggio 2013 appellata da
Allegro Matteo.
La decisione, reittiva di istanza di scarcerazione formulata ai sensi degli artt. 303

cautelare oggetto di giudizio.
Nei confronti di Allegro Matteo risulta emesso un primo titolo cautelare in data
15 marzo 2011 per i reati di frode informatica aggravata e peculato, nonchè un
secondo titolo cautelare in data 1 ottobre 2012 – nel medesimo procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa (con contestazione aperta) e
illecita concorrenza.
La difesa evidenzia che i reati sarebbero tra loro connessi (per medesimezza del
disegno criminoso) e chiede applicarsi la regola della retrodatazione degli effetti
del secondo titolo al momento della esecuzione del primo, con decorrenza del
termine di fase previsto per le indagini preliminari.
Ad avviso del Tribunale :
– vero è che i reati sono da ritenersi connessi, atteso che sussiste evidente
medesimezza del disegno criminoso perchè il rapporto intercorso tra Allegro
Matteo e l’organizzazione criminale (contestato con il secondo titolo e qualificato
dal GIP in termini di concorso esterno) risulta funzionale alla realizzazione dei
reati di frode informatica e peculato contestati con il primo titolo (nel contesto di
un asserito monopolio circa l’installazione di apparecchi da gioco, realizzato in
accordo con il gruppo criminale in cambio di una percentuale sui guadagni) ;
– da ciò tuttavia non consegue l’effetto richiesto dall’appellante perchè la
condotta di concorso esterno risulta contestata in modo ‘aperto’ ed è pertanto da
ritenersi anche ‘posteriore’ al momento in cui è stata eseguita la prima
ordinanza.
Sul punto, si precisa nel provvedimento che il reato di concorso esterno è da
ritenersi – al pari della partecipazione – anch’esso di natura permanente e non si
rinvengono eventi tali da ritenere ‘cessata’ la permanenza all’atto della
esecuzione del primo titolo.
In particolare, si osserva che il sequestro dei beni riferibili all’indagato – da
ritenersi l’essenziale strumento con cui veniva fornito l’apporto causale al
mantenimento della organizzazione criminosa – risulta avvenuto, sia pure per

2

e 297 comma 3 cod.proc.pen., così ricostruisce i termini essenziali della vicenda

pochi giorni, dopo l’esecuzione della prima ordinanza (il 25 marzo 2011, a fronte
della misura personale eseguita in data 15 marzo) e detto sequestro
ricomprende beni in un primo momento non compiutamente identificati.
Inoltre, si osserva che – al più – la cessazione della permanenza per il reato di
concorso esterno sarebbe avvenuta ‘contestualmente’ alla emissione del primo
titolo (il 15 marzo 2011) e dunque non riguarderebbe solo condotte anteriori.

2. Ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore – Allegro Matteo,

motivazione dell’ordinanza impugnata.
In particolare il difensore osserva che :
– vi sarebbe un evidente travisamento circa il momento di emissione del decreto
di sequestro dei beni riferibili al ricorrente, in realtà avvenuto in pari data – il 15
marzo 2011 – rispetto alla privazione della libertà personale;
– la data del 25 marzo erroneamente sarebbe stata considerata, sul punto, come
momento iniziale del sequestro posto che trattasi della data di convalida del
provvedimento di urgenza già emesso – negli stessi termini – in data 15 marzo.
Tale momento, il 15 marzo 2011, sarebbe pertanto antecedente a quello di
emissione dell’ordinanza custodiale (in realtà emessa il 18 marzo, a seguito
dell’udienza di convalida) e segnerebbe la cessazione della permanenza del
concorso esterno, posto che la sottrazione della disponibilità dei beni – affidati
all’amministratore giudiziario – renderebbe impossibile la prosecuzione
dell’apporto posto in essere dall’Allegro in favore del gruppo criminoso.
In particolare, trattandosi di apporto qualificato in termini di concorso esterno,
non sarebbe applicabile l’ orientamento giurisprudenziale che pone l’accento, al
fine di ritenere permanente il reato associativo, sul carattere dell’a ffectio

societatis e sulla sua tendenza a perdurare anche dopo l’arresto.
Da ciò, in presenza degli altri presupposti – riconosciuti dallo stesso Tribunale doveva derivare l’accoglimento dell’appello.
Il ricorrente evidenzia, altresì, che in ogni caso il Tribunale non si è pronunziato
sul capo relativo alla concorrenza illecita, pure contenuto nel secondo titolo
custodiate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va accolto, per le ragioni che seguono.
Va premesso che la decisione qui impugnata ha ritenuto sussistente il vincolo di
connessione qualificata previsto – in particolare – dall’art. 12 comma 1 lett. b

3

deducendo violazione degli articoli 297 e 303 del codice di rito, nonchè vizio di

cod. proc. pen. tra i fatti posti a fondamento del primo titolo cautelare e quelli
posti a fondamento del secondo titolo.
Il tema è trattato in modo esauriente e pertanto può essere ritenuto pacifico.
Ciò che – a parere del Tribunale – impedisce l’applicazione del principio di
«retrodatazione» degli effetti temporali del secondo titolo al primo (al fine di
ritenere consumato il termine di fase delle indagini preliminari) è l’assenza del
presupposto della «anteriorità» dei fatti contestati con il secondo titolo – in
particolare della condotta di concorso esterno – rispetto a quelli oggetto del

Sul punto, nel provvedimento impugnato, si compiono più affermazioni a
sostegno, che non appaiono tra loro del tutto coerenti nè aderenti a taluni dati
obiettivi che sono stati evidenziati dal ricorrente.
Ciò perchè il Tribunale appare ben consapevole del fatto che la condotta del
concorrente esterno – caratterizzata da un concreto apporto causale
consapevolmente orientato al raggiungimento degli scopi del sodalizio – può
obiettivamente risultare interrotta dall’evento consistente nella privazione della
libertà personale e pertanto, pur nell’ambito di una contestazione «aperta» (ed
inerente ad un reato – di regola – permanente) prende in esame l’ipotesi
dell’avvenuta «contestuale» interruzione della condotta criminosa
(complessivamente intesa) al momento della privazione della libertà personale.
Tuttavia, il Tribunale afferma che vi sarebbe da un lato un «periodo ulteriore» di
apporto associativo posto in essere dall’ Allegro dopo la privazione della libertà
personale (15 marzo 2011) e sino alla emissione del decreto di sequestro
preventivo dei beni a lui riferibili – ai sensi dell’art. 321 cod.proc.pen. e 12 sexies
legge n.356/’92 – che viene collocata in data 25 marzo 2011 (dunque 10 giorni di
ulteriore condotta rilevante ai fini del secondo titolo) e dall’altro afferma che pur
a voler considerare «contestuale» l’effetto di limitazione della libertà personale a
quello di «spossessamento» dei beni/strumento dell’attività criminosa, ciò
impedirebbe l’applicazione della invocata norma, dato che il reato di concorso
esterno oggetto del secondo titolo sarebbe, sia pure in minima parte, commesso
non solo anteriormente .
Ora, entrambe le affermazioni si espongono a censura, la prima in fatto – salve le
ulteriori valutazioni integrative, possibili in sede di rinvio – la seconda in diritto,
per ciò che si dirà in seguito.

2. Va premesso che la ratio sottesa alla previsione normativa di cui all’art. 297
comma 3 cod. proc. pen. risulta essere quella di evitare l’artificiosa protrazione
oltre i limiti temporali di legge della limitazione della libertà personale in tutte le
ipotesi in cui i fatti oggetto di contestazione – con diverse ordinanze applicative4

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primo (truffa, frode informatica aggravata e peculato).

abbiano una comune genesi deliberativa o siano avvinti da un forte nesso di
strumentalità, sempre che gli elementi utilizzati per l’emissione del secondo titolo
siano emersi prima del rinvio a giudizio conseguente alla emissione del primo
titolo.
In tale contesto – cui, per derivazione giurisprudenziale viene parificata l’ipotesi
in cui tutti gli elementi conoscitivi trasfusi nel secondo titolo fossero già
disponibili all’atto della emissione del primo, anche per reati non connessi – il
requisito della «anteriore commissione» del reato oggetto del secondo titolo

ancorare il «trattamento più favorevole» sul piano procedimentale a
comportamenti che, per loro natura, siano espressivi della medesima risoluzione
criminosa, al contempo evitando che la «successiva» manifestazione di
pericolosità (rispetto ad un primo momento limitativo della libertà) possa
rientrare nel beneficio, proprio in quanto indicativa di una perdurante capacità
criminale e di una non attenuata tendenza a delinquere.
Da ciò una prima constatazione : nelle ipotesi in cui la privazione della libertà
personale (già avvenuta con l’emissione del primo titolo) consente di ipotizzare
la complessiva interruzione della condotta criminosa (sia, come è ovvio, in
rapporto a reati istantanei e già consumati che in riferimento a condotte
tendenzialmente permanenti, come quella in esame) non può sostenersi che – ai
fini qui trattati – difetti il requisito della «anteriorità» tra le diverse fattispecie
rilevanti.
La limitazione della libertà è, infatti, evento che di regola «neutralizza» sin dal
suo inizio la capacità del destinatario di compiere atti di protrazione della
antecedente condotta criminosa e che trova la sua giustificazione – anche sul
versante costituzionale – proprio nella necessità di arginare il pericolo di
reiterazione, ai sensi dell’art. 274 comma 1 lett. c cod.proc.pen. .
Al fine di sostenere, pertanto, che la limitazione della libertà non abbia
determinato un effetto interruttivo di una condotta criminosa tendenzialmente
permanente – sì da evitare l’applicazione della norma qui in esame – l’autorità
giudicante è tenuta ad indicare e valutare concreti elementi dimostrativi, capaci
di incrinare una presunzione semplice (circa l’effetto di «neutralizzazione»
correlato alla detenzione) che indubbiamente giova, in prima battuta, al soggetto
sottoposto al procedimento cautelare.
Nel caso in esame, pertanto, dovrebbe esser dimostrato (anche in via indiziaria
ma in modo pieno) che anche dopo l’evento di limitazione della libertà avvenuto pacificamente in data 15 marzo 2011, con arresto convalidato ed
emissione del titolo in data 18 marzo 2011 – l’Allegro Matteo abbia

(rispetto al momento in cui è stato emesso il primo) ha l’evidente funzione di

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effettivamente protratto, anche servendosi di soggetti a lui collegati, l’attività di
sostegno alla organizzazione criminosa realizzata sino ad allora.
Sul punto, la motivazione espressa nel provvedimento impugnato appare
carente.
Dagli atti, infatti risulta che in pari data – 15 marzo 2011 – vennero
effettivamente operati in via di urgenza i sequestri preventivi non solo del conto
corrente bancario riferibile a Allegro Matteo ma anche delle società Bet Games
2000 srl, Bet Games Group srl, Eurogames 2000 srl.

economiche, ritenute essenziale strumento di consumazione (anche) del reato di
concorso esterno, non erano più controllabili dall’attuale ricorrente sin dal 15
marzo 2011, con sostanziale impossibilità di continuare a fornire il contributo
esterno alle sorti del gruppo criminoso. Trattasi di interruzione «coatta» ma
comunque rilevante al fine di ritenere applicabile la previsione normativa di cui
all’art. 297 comma 3 cod.proc.pen. .
Sul punto, nel provvedimento impugnato si fa cenno ad una parziale «diversità di
oggetto» tra il sequestro d’urgenza del 15 marzo 2011 ed il successivo
provvedimento emesso dal GIP in data 25 marzo 2011 (diversità messa in
dubbio dal ricorrente che definisce il provvedimento del GIP la mera convalida di
quello eseguito d’urgenza) .
I limiti cognitivi della presente sede di legittimità non consentono di verificare
detta parziale difformità, non meglio esplicitata nel provvedimento sottoposto a
Scrutinio, ma va precisato – sul punto – che al fine di negare l’operatività della
regola contenuta nell’art. 297 comma 3 cod.proc.pen. – per quanto detto sopra la valutazione da operarsi in sede di rinvio non potrà limitarsi alla non totale
coincidenza (in ipotesi) tra il contenuto dei due provvedimenti di sequestro, ma
dovrà concretamente argomentare circa l’esistenza di indizi di «effettiva
protrazione» dell’attività criminosa (nei giorni intercorsi tra il 15 e il 25 marzo) e
sulla riferibilità di tale (eventuale) protrazione alla persona del ricorrente Allegro
Matteo.
In altre parole, a fronte degli eventi sin qui richiamati (privazione della libertà e
sequestro d’urgenza) non può rinvenirsi l’elemento indiziario circa la protrazione
della condotta di concorso esterno nella sola esistenza di ulteriori apparecchi non
immediatamente sequestrati, ove a ciò non si accompagni una valutazione di
fatti, idonei a far desumere la dinamica prosecuzione dell’attività criminosa.
In conclusione, il provvedimento impugnato va annullato con rinvio, per nuovo
esame, al Tribunale di Caltanissetta, che si atterrà alla ricostruzione in diritto sin
qui operata, restando libero di colmare le evidenziate lacune motivazionali .

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Da ciò si desume che – salvo emergenze di contrario segno – le attività

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Caltanissetta.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p. comma 1

ter.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso il 13 novembre 2013

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