Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48205 del 29/10/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48205 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PITARA’ LETTERIO SANTO N. IL 22/11/1988
avverso la sentenza n. 592/2015 TRIBUNALE di CATANIA, del
11/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
ROTUNDO;

Data Udienza: 29/10/2015

R.G. n. 32228-15

c. c. : 29-10-15

1 .-. L’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza
indicata in epigrafe, con la quale gli é stata applicata la pena
concordata con il Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per il
reato a lui ascritto.
Deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al
mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
2 .-. Va premesso che nel procedimento di applicazione della
pena su richiesta delle parti all’accordo tra imputato e Pubblico
Ministero su qualificazione giuridica della condotta contestata,
concorrenza e comparazione di circostanze ed entità della pena, fa
riscontro il potere dovere del giudice di controllare la correttezza
giuridica del patto e la congruità della pena richiesta, applicandola
previo accertamento della non emersione, in modo evidente, di una
delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p.
Tanto premesso, si osserva che il ricorso è inammissibile per
manifesta infondatezza, atteso che il giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti,
esplicitando l’effettuazione dei controlli a lui demandati e così
adeguatamente soddisfacendo il suo obbligo di motivazione, in
relazione alla ricordata speciale natura dell’accertamento in sede di
applicazione della pena su richiesta delle parti (Cass. Sez. Un., u.p. 27
marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino;
Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina). In definitiva con il ricorso
in esame si sottopongono a censura in modo generico profili attinenti
al trattamento sanzionatorio, per il quale il provvedimento impugnato
si è attenuto al tenore dell’accordo intervenuto tra le parti.
3.-. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una
somma in favore della Cassa delle Ammende che, in ragione delle
questioni dedotte, si stima equo determinare in euro millecinquecento,
non ravvisandosi ragioni per escludere la colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro millecinquecento in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 29-10-15.

FATTO E DIRITTO

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