Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48184 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48184 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROMBOLA’ MARCELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARAMINO MAURIZIO N. IL 05/02/1968
avverso l’ordinanza n. 213/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
18/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCELLO
ROMBOLA’;
(2ekruiuu.541,L
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
vUtArro— S2) eauckt.e.33Uitaxst,
LA-v-io ■42.452.,`

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 23/10/2013

••
Ritenuto in fatto

Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: il
reato associativo era originariamente contestato (in Chieti) “dal 10 ottobre 1999 ad oggi” ed
erroneamente il giudice dell’esecuzione aveva ritenuto esser cessata la permanenza del reato
alla data della sentenza di primo grado (25/3/08), laddove nei confronti dell’Aramino il 24/1/06
era stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita il 26/1/06 (ben prima,
dunque, della data di riferimento dell’indulto del 2/5/06). Chiedeva l’annullamento.
Nel suo parere scritto il P.G. presso la S.C., rilevato che comunque la pena per il reato base
successivamente commesso (che avrebbe comportato la revoca dell’indulto) era inferiore ai 2
anni di reclusione, chiedeva l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato per quanto di ragione. Premesso che la pena per il reato base (associativo
permanente) risulta dì anni 3 e mesi 3 di reclusione, ridotti di un terzo per il rito ad anni 2 e
mesi 2 (e pertanto in misura non inferiore ai 2 anni di reclusione di cui all’art. 1, co. 3, L n.
241/06 concessiva dell’indulto), va comunque rilevato il vizio di motivazione del provvedimento
impugnato, che nulla dice (se non riportando gli estremi temporali dell’imputazione) in ordine a
un punto decisivo per la revoca dell’indulto qual è la data di cessazione del reato (permanente)
successivamente commesso (laddove i reati fine risultano commessi nel 2002, 2003, 2004 e
nell’aprile 2005).
In tal senso la condivisa giurisprudenza di questa Corte: “In presenza di un reato permanente
nel quale la contestazione sia stata effettuata nella forma cosiddetta ‘aperta’, la regola, di
natura processuale, per la quale la permanenza si considera cessata con la pronuncia della
sentenza di primo grado, non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data. Ne
consegue che, qualora in sede esecutiva deve farsi dipendere un qualsiasi effetto giuridico
dalla data di cessazione della permanenza, è compito del giudice dell’esecuzione verificare in
concreto se il giudice della cognizione abbia, o non, ritenuto provato il protrarsi della condotta
criminosa fino alla data della sentenza di primo grado” (Cass., I, sent. n. 37335 del 26/9/07,
rv. 237506; conf.: V, n. 25578/07, rv. 237707; I, n. 46583/05, rv. 232966).
Sotto tale profilo l’ordinanza impugnata va perciò annullata con rinvio al giudice di merito per
nuovo esame.
Pqm
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello de L’Aquila.
Roma, 23/10/13

Con ordinanza 18/1/13 la Corte d’Appello dell’Aquila, giudice dell’esecuzione, revocava l’indulto
(di mesi 8 e giorni 20 di reclusione) applicato ad Aramino Maurizio con sentenza 14/3/07 (irr. il
22/3/11) emessa ex art. 444 cpp dal Gup del Tribunale di Lanciano. Ciò perché, con sentenza
definitiva il 14/10/11, l’Aramino era stato condannato a pena di anni 2, mesi 3 e giorni 15 di
reclusione per reato associativo (permanente) contestato dal 10/10/99 al 25/3/08 (data della
sentenza di primo grado del Gup del Tribunale di Chieti) in continuazione con singoli reati fine.

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