Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48182 del 23/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 48182 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
FLORIO Sebastiano, nato a Villa Literno il 30 agosto 1980,

avverso l’ordinanza n. 854/2013 del Tribunale del riesame di Napoli in data 15
marzo 2013.

Letti gli atti;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in
persona del sostituto procuratore generale, Antonio Gialanella, il quale ha chiesto
la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
rilevato che il difensore del ricorrente non è comparso.

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., con
ordinanza deliberata il 15 marzo 2013, in accoglimento dell’appello proposto dal
Pubblico ministero presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere avverso
l’ordinanza, in data 29 gennaio 2013, del Giudice per le indagini preliminari della
stessa sede, il quale aveva respinto la richiesta del Pubblico ministero di

Data Udienza: 23/10/2013

applicare la misura coercitiva della custodia in carcere nei confronti di Florio
Sebastiano, ha disposto l’applicazione di tale misura a carico del Florio siccome
ritenuto gravemente indiziato del delitto di detenzione e porto di una pistola con
la quale, il 19 dicembre 2012, in Villa Literno, aveva minacciato e tentato di
ferire il proprio fratello, Florio Domenico, nel cortile su cui affacciavano le comuni
abitazioni, esplodendo un colpo di pistola, calibro 7,65, nel corso di una lite

Il Giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto verosimili le dichiarazioni
rese dall’indagato nell’immediatezza del fatto, il quale, pur ammettendo di aver
esploso un colpo di pistola all’indirizzo del fratello e aggiungendo che ne avrebbe
sparati altri se l’arma non si fosse inceppata, aveva tuttavia attribuito il possesso
della pistola al germano, Francesco, cui l’avrebbe sottratta nel corso della
colluttazione per utilizzarla contro di lui e, quindi, disfarsene gettandola nel lago
Patria; il Tribunale, invece, ha ritenuto più attendibile una diversa ricostruzione
del fatto discendente dalle informazioni assunte dai genitori dei due fratelli,
presenti al fatto.
Florio Giuseppe, padre dei contendenti, aveva infatti dichiarato che il figlio
Sebastiano, nel corso della colluttazione col fratello, Domenico, si era ferito
perché aveva battuto con la fronte contro lo spigolo in alluminio della porta di
ingresso nella casa di Domenico, e non perché, come dichiarato dal’indagato,
fosse stato colpito dal germano con il calcio della pistola impugnata dallo stesso
Domenico e a lui sottratta da Sebastiano con successiva esplosione contro il
fratello di un solo colpo, finito sul muro perimetrale dell’abitazione di Florio
Domenico.
La versione che accreditava all’indagato il possesso dell’arma era più
coerente, ad avviso del Tribunale, con le dichiarazioni della persona offesa,
secondo le quali fu Sebastiano ad estrarre la pistola durante la colluttazione per
sparare dei colpi (a dire di Domenico non nella sua direzione), e col fatto che
entrambi i genitori dei protagonisti dello scontro, pur presenti all’intera dinamica
della lite, non avevano riferito alcun passaggio di arma da Domenico a
Sebastiano.
Anche la ferita alla fronte subita dall’indagato era più compatibile con
l’impatto di Florio Sebastiano col taglio della porta in alluminio, come riferito dai
suoi genitori, piuttosto che con un colpo infertogli dal fratello col calcio della
pistola da lui inizialmente impugnata, secondo la versione dell’indagato.
In ogni caso, ad avviso del Tribunale, anche a voler accreditare la versione
di Florio Sebastiano circa l’originaria detenzione della pistola da parte del fratello,
egli si era impossessato dell’arma durante il litigio e l’aveva portata fuori dal
2

contraddistinta da una violenta colluttazione tra i due fratelli.

cortile delle comuni abitazioni, sicché avrebbe dovuto comunque rispondere di
porto illegale di pistola.
Riguardo alle esigenze cautelari, esse sono state ravvisate in quelle di
speciale prevenzione, considerata la gravità del fatto e la personalità
dell’indagato, già condannato per detenzione di arma clandestina e connessa
ricettazione, commesse nel 2007, ritenendosi inadeguate misure meno afflittive

ritrovamento dell’arma e la sua abitazione era ubicata nello stesso cortile di
quella della persona offesa, donde il concreto pericolo di altre aggressioni
armate.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Florio
personalmente, il quale deduce il vizio di motivazione in merito alle esigenze
cautelari e l’erronea valutazione degli indizi di colpevolezza.
Il Tribunale avrebbe ignorato le produzioni del suo difensore all’udienza del
15 marzo 2013, attestanti la sua assunzione come operano presso un caseificio
sito in un paese distante circa 20 chilometri dalla sua abitazione e, soprattutto, il
trasferimento del fratello, Domenico, non più convivente con i genitori, in altra
abitazione, distante svariati chilometri dalla conservata residenza dell’indagato
nel luogo del fatto.
Aggiunge il ricorrente che il suo precedente penale specifico risale a cinque
anni fa, fu giudicato con sentenza ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., e
sarebbero già maturate le condizioni per dichiarare estinto il reato ex art. 445
cod. proc. pen., con la conseguenza che l’indagato, per il fatto oggetto
dell’attuale procedimento, potrebbe ottenere il beneficio della sospensione
condizionale della pena.
Illegittimamente sarebbe stata ignorata la richiesta difensiva di applicazione
della misura degli arresti domiciliari con facoltà di lavorare per consentire al
Florio di mantenere moglie e figlio.
Quanto agli indizi di colpevolezza, illogicamente il Tribunale avrebbe
accreditato solo una parte delle sue dichiarazioni, rese nell’immediatezza del
fatto, circa il colpo di pistola da lui sparato e gli altri che avrebbe esploso se
l’arma non si fosse inceppata; mentre non gli avrebbe creduto allorché, nel
medesimo contesto, aveva riferito che l’arma era del fratello e che se ne era
impossessato nel corso della violenta colluttazione.
Il Tribunale, inoltre, avrebbe omesso di sottoporre a vaglio critico le
dichiarazioni della persona offesa che aveva negato la sua disponibilità dell’arma.

3

rispetto alla custodia in carcere, poiché il Florio non aveva consentito il

Soprattutto sarebbe stata omessa una valutazione comparativa tra le varie
misure cautelari possibili prima di applicare quella più afflittiva.
Il ricorrente chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza per vizio della
motivazione e il conseguente rinvio degli atti al giudice cautelare per nuovo
esame.

1. Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.
Generica e, come tale, inammissibile è la censura in tema di gravità
indiziaria, avendo il Tribunale esaurientemente spiegato, con argomentazioni
aderenti agli atti di indagine ed esenti da illogicità, la dinamica della violenta lite
tra i due fratelli, degenerata nell’unico colpo di pistola sparato, per
l’inceppamento dell’arma, da Florio Sebastiano contro Florio Domenico, al
ritenuto fine di cagionare solo lesioni alla vittima e di minacciarla, come da capi
della provvisoria imputazione formulata.
Parimenti motivate risultano le ravvisate esigenze cautelari di speciale
prevenzione che il Tribunale, con argomentazioni puntuali ed esenti da vizi logici
e giuridici, ha tratto dalla gravità del fatto e dalla personalità dell’indagato, già
pregiudicato per porto di arma clandestina, senza che la pregnanza del
precedente, raccordata al fatto analogo oggetto dell’attuale procedimento, sia
elisa dalla sua definizione con sentenza di patteggiamento risalente ad oltre
cinque anni fa.
Risulta, invece, carente il giudizio di adeguatezza della sola custodia in
carcere a soddisfare le riconosciute esigenze cautelari, poiché i documenti
depositati dal ricorrente nell’udienza davanti al Tribunale del riesame in data 15
marzo 2013, cui pure si fa cenno nella narrativa dell’ordinanza impugnata, a
dimostrazione non solo dell’attività lavorativa intrapresa dal Florio, ma anche del
trasferimento della vittima in altra residenza distante da quella dell’indagato, non
hanno formato oggetto di esame alcuno da parte del Tribunale nella selezione
della misura cautelare più adeguata, con la conseguente discrasia tra il
contenuto della detta documentazione, ignorata dal decidente, e le ragioni
giustificatrici della più severa misura della custodia in carcere, che risulta
applicata anche sul presupposto della stretta prossimità abitativa dei due fratelli
benché questa sia smentita dalla prodotta certificazione anagrafica attestante la
diversa residenza dei fratelli Florio, seppure nell’ambito dello stesso comune di
Villa Literno (in Piazza Garibaldi n. 16, Florio Domenico, e in via Donizetti 58/B,
Florio Sebastiano).
4

L-4(

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Tale noncuranza delle produzioni difensive, con particolare riguardo ai
criteri di scelta della misura coercitiva più adeguata, si pone in contrasto con il
chiaro disposto normativo di cui all’art. 292, comma 1, lett. c bis), cod. proc.

pen., che impone al giudice che applica la misura coercitiva (nel caso di specie il
Tribunale, avendo il Giudice per le indagini preliminari respinto l’iniziale richiesta)
di esporre i motivi per i quali non ritiene rilevanti gli elementi forniti dalla difesa

esporre le concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all’articolo
274 cod. proc. pen. non possono essere soddisfatte con altre misure.
L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata nei limiti suddetti, con rinvio
degli atti per nuovo esame al Tribunale di Napoli.
Nel resto, il ricorso deve essere respinto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’adeguatezza della misura
coercitiva e rinvia per nuovo esame, sul punto, al Tribunale di Napoli.
Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso, in Roma, in data 23 ottobre 2013.

e, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA