Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48173 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48173 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA SANTE N. IL 14/01/1967
avverso il decreto n. 14/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
16/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
lette(,seiftite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difens Avv.,

Data Udienza: 23/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello dell’Aquila, con decreto del 16/11/2012, confermava il
decreto del Tribunale di Pescara che aveva disposto la confisca di un immobile
ubicato in Pescara, intestato a Di Rocco Linda e nella disponibilità dei coniugi
Bevilacqua Sante e Spinelli Violetta.
La Corte disattendeva l’eccezione di ne bis in idem sollevata dalla difesa del
ricorrente, che sottolineava come la confisca ex art. 12 sexies legge 356 del
1992 fosse stata revocata dalla stessa Corte con sentenza del 4/3/2005: si

appellanti non avessero dimostrato la legittima provenienza del bene.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Bevilacqua Sante, deducendo
carenza motivazionale e erronea applicazione di legge.
La Corte non aveva tenuto in adeguata considerazione il precedente decreto
di rigetto del Tribunale di Pescara, emesso il 7/1/2008 e divenuto irrevocabile
per mancata impugnazione del pubblico ministero. La Corte territoriale aveva
sostenuto erroneamente che quel decreto facesse leva sui reati di usura ed
estorsione dai quali il ricorrente era stato assolto.
L’immobile in questione era stato acquistato il 28/9/1996 per l’importo di
lire 77 milioni, parte dei quali Bevilacqua aveva ricevuta dal proprio padre, altra
parte proveniente dalla vendita di un’autovettura e altra parte ancora dalle
giacenze di un libretto di risparmio intestato a Spinelli Violetta. L’immobile era
stato poi venduto a Di Rocco Romolo il 10/3/2003 per l’importo di euro 73.500 al
fine di procurarsi i mezzi finanziari per il mantenimento della famiglia e per fare
fronte al risarcimento dei danni a favore della persona offesa dei reati di
estorsione ed usura.
Il Tribunale aveva ritenuto tale ultima vendita fittizia, con motivazione che
dava atto erroneamente della mancata attività lavorativa del Bevilacqua.

In precedenza, la Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza del 4/3/2005
resa nel processo per usura ed estorsione, aveva accolto l’appello di Bevilacqua
con riferimento alla confisca dell’immobile ex art. 12 sexies legge 356 del 1992,
ritenendo che gli imputati avessero acquistato l’immobile in epoca anteriore
all’inizio dell’attività delittuosa e avessero dimostrato la disponibilità del denaro
per detto acquisto.
Tale valutazione, benché riferita ad una confisca penale e non di
prevenzione, non poteva non avere incidenza sulla seconda, che è possibile nel
caso in cui il soggetto non possa giustificare la legittima provenienza del bene o

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trattava di confisca penale e non di prevenzione. La Corte, infine, riteneva che gli

se esso abbia un valore sproporzionato al proprio reddito.
Di tale statuizione aveva preso atto il Tribunale di Pescara che, con il
decreto del 7/1/2008, aveva respinto la richiesta di confisca di prevenzione,
proprio menzionando la revoca della confisca disposta in appello nel processo
penale e sottolineando l’occasionalità della condotta illecita posta in essere da
Bevilacqua e Spinelli.

Si trattava, quindi, di un caso di ne bis in idem: era già stata accertata la

successivamente stipulato.
Il ricorrente conclude per l’annullamento del decreto impugnato.

3.

Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per

l’annullamento senza rinvio del decreto di confisca impugnato e del decreto di
sequestro che ne è il presupposto: il Procuratore Generale ritiene operante nel
caso di specie il principio della preclusione processuale, attesa la revoca del
provvedimento ex art. 12 sexies d.l. 306 del 1992 e il precedente decreto di
rigetto della richiesta di confisca, entrambi provvedimenti aventi ad oggetto lo
stesso immobile, essendo mancata la deduzione di fatti nuovi modificativi della
situazione definita; né era sufficiente a superare la preclusione il richiamo
all’autonomia del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale: il
ricorrente, con la produzione dei due provvedimenti, aveva dimostrato che le
parti erano identiche, così come identico è il bene immobile; in tutti i
procedimenti, come nel presente, si discuteva della mancata giustificazione della
legittima provenienza del bene che, al contrario, in altro procedimento era già
stata provata.

4.

Il ricorrente ha depositato memoria, approfondendo il tema della

preclusione e insistendo per l’annullamento senza rinvio del decreto impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere accolto e il decreto impugnato deve essere annullato
senza rinvio.

Pacifico – e presupposto dallo stesso decreto – è il pregresso dato
processuale: l’immobile in questione, inizialmente confiscato ai sensi dell’art. 12
sexies legge 356 del 1992 in sede di condanna per i reati di usura ed estorsione,
era stato restituito in sede di appello, ritenendo la Corte d’appello dell’Aquila che

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legittima provenienza dell’immobile e la legittimità dell’atto di compravendita

gli imputati, che avevano acquistato l’immobile prima dell’inizio dell’attività
delittuosa, avessero dimostrato la disponibilità del denaro necessario.
La Corte territoriale sostiene l’irrilevanza del provvedimento a suo tempo
adottato in sede penale: la revoca della confisca ex art. 12 sexies legge 356 del
2002 era collegata agli specifici reati contestati all’imputato e, quindi, si
verterebbe in un’ipotesi del tutto diversa. La Corte tace, peraltro, del
provvedimento di rigetto della confisca di prevenzione adottato dal Tribunale di

La requisitoria del Procuratore Generale individua esattamente la fattispecie
che si è prodotta: quella della preclusione processuale, che discende non solo dal
rigetto della richiesta di confisca di prevenzione, ma anche dalla revoca di quella
adottata ex art. 12 sexies legge 356 del 1992.

Questa Corte ha recentemente affermato che la definitività del
provvedimento di rigetto della richiesta di applicazione di una misura
patrimoniale ex art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992, conv. in L. n. 356 del 1992,
costituisce ostacolo radicale ad un intervento ablativo di segno positivo nel
procedimento di prevenzione avente ad oggetto i medesimi beni se la decisione
afferisca agli accertamenti in fatto relativi ai presupposti costitutivi comuni, non
anche se la stessa attenga a ragioni di mero rito o ad altri momenti di
concessione delle misure (Sez. 6, n. 47983 del 27/11/2012 – dep. 12/12/2012,
D’Alessandro, Rv. 254278); in un procedimento quasi contestuale, questa Corte
ha ribadito che è ostativo all’applicazione della confisca ex art. 2 ter I. n. 575 del
1965 l’accertamento della lecita provenienza di un bene (nella specie, immobile)
contenuto in un provvedimento del tribunale del riesame, relativo a sequestro
adottato ai sensi dell’art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1996, conv. in I. n. 356 del
1992 (Sez. 1, n. 25846 del 04/05/2012 – dep. 04/07/2012, Franco e altri, Rv.
253080).
Numerose sono, poi, le pronunce che affermano il medesimo principio per la
situazione opposta, statuendo che la decisione conclusiva del procedimento di
prevenzione patrimoniale, ex art. 2 ter L. n. 575 del 1965, ha effetto preclusivo
su un eventuale procedimento avente ad oggetto gli stessi beni e in danno della
stessa persona, per la confisca ex art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992, conv. in L.
n. 356 del 1992, in mancanza di deduzione di fatti nuovi modificativi della
situazione definita (Sez. 5, n. 22626 del 28/04/2010 – dep. 11/06/2010, P.M. in
proc. D. F. e altro, Rv. 247441; Sez. 1, n. 44332 del 18/11/2008 – dep.
27/11/2008, P.G. in proc. Araniti, Rv. 242201).

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Pescara con decreto del 7/1/2008 e non impugnato.

In forza del principio della preclusione processuale, una questione già
decisa, per le esigenze di certezza del diritto e di funzionalità della giurisdizione,
non può formare oggetto di nuova cognizione, salva l’ipotesi di deduzione di fatti
nuovi modificativi della situazione già in precedenza delibata (Cass., Sez. Un.
31.03.1999, Liddi).
Non è decisiva la circostanza che le misure sono state proposte nell’ambito
di procedimenti giudiziari diversi, uno di prevenzione, l’altro penale (fermo
restando che, come già osservato, anche in relazione alla confisca di prevenzione

preclusione opera ugualmente, perché i processi coinvolgono le stesse parti e gli
stessi beni, i contenuti della cognizione sono stati omogenei, le finalità giuridiche
comuni e identico il thema decidendum.
In entrambe le procedure il provvedimento finale è dato dalla confisca dei
beni, collegato al dato fattuale della mancanza di giustificazione in ordine alla
loro legittima provenienza: in effetti, così come la confisca di prevenzione è
adottata se il proposto non è riuscito a dimostrare la legittima provenienza del
danaro utilizzato per l’acquisto dei beni, la confisca ex art. 12 sexies D.L. 306 del
1992 è disposta per i beni di cui il condannato non può giustificare la
provenienza.

L’accertamento della legittima provenienza del denaro utilizzato per
l’acquisto del bene da parte della Corte d’appello dell’Aquila preclude, in
definitiva, l’adozione della misura di prevenzione della confisca sullo stesso bene.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il decreto impugnato.

Così deciso il 23 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

è già stato emesso provvedimento negativo non oggetto di impugnazione): la

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