Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48169 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48169 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GULLUNI ROCCO N. IL 22/05/1957
avverso il decreto n. 116/2012 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 01/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
1-2 ot-Q

lette/sentite le conclusioni del PG Pgrt.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 17/10/2013

ritenuto in fatto

1.

Con decreto del 10 febbraio 2013, la corte d’appello di Reggio Calabria

confermava il provvedimento con cui il Tribunale della stessa città aveva applicato
a GULLUNI Rocco la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la
durata di un anno, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, con relative
prescrizioni e cauzione di euro 2000,00. La corte condivideva l’excursus del

processi pendenti, tra cui uno in materia di sfruttamento dell’immigrazione
clandestina, essendo risultato che aveva occupato nell’ambito della sua impresa
agricola, soggetti extracomunitari in condizioni di illegalità; rispetto a quest’ultimo
profilo evidenziavano i giudici a quibus che per quanto le condotte non fossero
state ancora accertate con sentenza definitiva, risultava che si erano dipanate dal
2010 in avanti e che dalle conversazioni intercettate era emerso che Gullini aveva
utilizzato per lo svolgimento di attività lavorativa agricola, stranieri irregolari che
sfruttava. Tale condotta allarmante giustificava la misura di prevenzione nel tipo,
nella durata e nelle forme che erano state stabilite.

2. Avverso tale decisione, ha interposto ricorso per cassazione la difesa del
Gulluni, per dedurre violazione di legge e contestuale illogicità della motivazione: si
lamenta la difesa che i precedenti penali siano risalenti e che la pendenza giudiziaria
per quanto possa ritenersi grave, sia un isolato segmento di condotta, tutta da
chiarire e che non è escluso che si possa avere un esito giudiziario favorevole per
l’interessato. Non sarebbe quindi stata data adeguata ragione alla attualità della
pericolosità.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni che seguono.
Il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di prevenzione è limitato
alle violazioni di legge, non estendendosi al controllo sull’adeguatezza e coerenza
logica del discorso giustificativo della decisione: tale limitazione già contemplata
dall’art. 4 c. 11 L. 1423/1956, è stata ripresa dall’art. 10 del d.lgs 159/2011. Il
ricorrente, pur denunciando formalmente la violazione e l’erronea applicazione di
legge, di fatto contesta la motivazione del provvedimento impugnato, nella chiara
prospettiva di accreditare una diversa interpretazione delle circostanze di fatto
emerse, onde depotenziare la valenza degli elementi posti a base del giudizio di
2

tribunale che aveva valorizzato il dato dei plurimi precedenti penali del proposto, i

pericolosità sociale a fondamento della decisione adottata. Invero, il decreto
impugnato risulta supportato da un apparato argomentativo corretto e correlato alle
risultanze in atti, le quali sono state apprezzate e valutate nel pieno rispetto di
principi normativi esattamente interpretati ed applicati, con il che non può opinarsi
nel senso di ritenere che la motivazione sia mancante od apparente: sono infatti
state valorizzate le risultanze disponibili quanto alle pregresse condanne ed ai gravi
procedimenti penali pendenti, per reati di allarme sociale, significativi di

soggetti stranieri irregolari ed esposti allo sfruttamento, sia in termini di sicurezza
sul lavoro, che in termini di rispetto dei loro diritti.
Va sottolineato che come è noto la limitazione del ricorso alla sola “violazione
di legge” è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale non irragionevole (sent. n.
321/2004), data la peculiarità del procedimento di prevenzione, sia sul piano
processuale, che sul piano sostanziale.

Alla declaratoria d’inammissibilità, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.
p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in solido
delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille, in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 Ottobre 2013.

un’inclinazione del ricorrente a fare ricorso per la sua attività lavorativa all’opera di

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