Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48168 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48168 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PES FABIO N. IL 23/06/1972
avverso l’ordinanza n. 106/2012 TRIB. LIBERTA’ di CAGLIARI, del
18/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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e.Lc„z,

Uditi difensor Avv

ok-

Data Udienza: 17/10/2013

ritenuto in fatto

I.. Con ordinanza del 20.1.22012 il Tribunale di Cagliari dichiarava
inammissibile la richiesta di riesame interposta da PES Fabio, ai sensi dell’art. 324
cod.proc.pen., relativamente al provvedimento di sequestro di munizioni e tre
serbatoi di arma da sparo, sequestro che era intervenuto il 20.10.2012, a seguito di
perquisizione domiciliare. In particolare veniva ritenuto che il decreto con cui

impugnazione; che l’interesse alla impugnazione può essere ravvisato solo là dove il
ricorrente possa conseguire la restituzione di quanto sottoposto a vincolo reale,
interesse che nel caso di specie non ricorreva, visto che le munizioni e le armi,
dovevano in ogni caso essere confiscate.
Sull’eccezione di nullità del sequestro veniva rilevato che per esaminare il
corpo del reato non era necessaria alcuna autorizzazione, che quanto alla mancata
motivazione del decreto di convalida, la natura delle cose in sequestro e la loro
finalità andavano di per sé a dimostrare la natura di corpo di reato, con il che la
motivazione doveva ritenersi implicita.

2.

Avverso tale decisione, interponeva ricorso per cassazione la difesa del

Pes per ribadire di avere ripetutamente fatto istanza per esaminare il corpo del
reato, direttamente o pel tramite di consulente, di avere di conseguenza riportato
una limitazione al diritto di difesa in ragione del mancato accesso al corpo di reato,
essendogli stato impedito di difendersi, provando, magari facendo esaminare il
bene al proprio consulente tecnico. L’ordinanza impugnata sarebbe quindi illegittima
per non aver sanzionato processualmente l’inerzia del Pm e la violazione dei diritti
della difesa, così come stabiliti nell’art. 111 Cost. che stabilisce la parità delle armi
nel processo. Viene dedotta violazione dell’art. 366 cod.proc.pen., posto a presidio
delle garanzie difensive, con il che si sarebbe verificata una nullità ai sensi dell’art.
178 cod.proc.pen., con conseguente vizio di acquisizione della prova attraverso il
sequestro in contestazione. Veniva lamentato che anche il tribunale ometteva di
valutare le vicende successive all’imposizione del sequestro probatorio, nonché il
diniego opposto di esaminare il corpo di reato in occasione dell’udienza di riesame ;
il tribunale avrebbe dovuto tenere in conto le doglianze formulate in udienza dal
difensore che aveva depositato memoria. Le affermazioni dei giudici a quibus,
secondo cui il materiale sequestrato riguardava munizioni di arma da guerra e
non, sarebbero mere petizioni di principio, non avendo né il giudice , né la difesa
potuto esaminare il corpo del reato. Viene quindi dedotto anche un vizio di
motivazione del decreto di convalida del sequestro, decreto stilato sulla base di un
modulo prestampato privo del discorso giustificativo dei presupposti per poter
2

venne convalidata la perquisizione non era soggetto ad alcuna forma di

procedere al sequestro, essendo stato riportato soltanto che i beni costituivano
corpo di reato. Ancora, secondo la difesa erano del tutto mancanti le indicazioni
sulle esigenze probatorie: il fatto che dette munizioni non fossero state fatte
vedere, non permetteva a nessuno di valutare se le esigenze probatorie fossero in
re ipsa. Ancora veniva lamentata la mancanza della indicazione delle ragioni che
imponevano il mantenimento del vincolo sui beni in sequestro, la cui esplicazione è
necessaria. Veniva infine contestata la pronuncia in termini di inammissibilità del

perquisizione e considerato che neppure il giudice poteva affermare che le cose
sequestrate erano destinate alla confisca, poiché non fu possibile prendere contezza
delle stesse.

Considerato in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato
inammissibile, così come richiesto dal Procuratore Generale.
Il sequestro di cui si controverte ebbe luogo a seguito di perquisizione
domiciliare presso l’abitazione del Pes, in Ussana, di iniziativa della polizia
giudiziaria ( nella specie i Carabinieri), a cui partecipò il difensore del ricorrente (
avv. Pieramandrea Setzu) ed alla cui presenza vennero rinvenute tra l’altro quattro
cartucce cal. 9 da esercitazione, 12 cartucce 9×19 parabellum, due cartucce cal.
7,65, oltre che tre serbatoi per armi da guerra. Detto materiale veniva
obbligatoriamente sequestrato e l’attività della polizia giudiziaria veniva convalidata
con decreto del 22.10.2012 dal Pm che richiamava l’art. 41 TULPS e l’obbligatorietà
del vincolo reale , trattandosi di corpo di reato. Detto decreto veniva correttamente
notificato al difensore , avv.to Setzu, con il che l’iter seguito non si presta ad alcun
rilievo procedurale.
Come correttamente rilevato dal Tribunale, trattandosi di materiale
balistico, irregolarmente detenuto, anche perchè riguardante munizioni da guerra
non in libera vendita, detto materiale non poteva che essere sequestrato, non solo
per ragioni probatorie, ma per ragioni preventive; infatti, le cose che soggiacciono a
confisca obbligatoria non possono essere restituite in nessun caso all’interessato ,
anche ove siano state sequestrate dalla polizia giudiziaria, di propria iniziativa e
per finalità esclusivamente probatorie (Sez. II, 6.11.2012, n. 3185, Rv 254508).
Questa Corte si è spinta ancora più avanti nell’affermazione del principio in parola,
tanto da avere statuito che l’eventuale illegittimità della perquisizione eseguita di
iniziativa della polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 41 TULPS , sanzionabile con
provvedimenti penali e/o disciplinari, non comporta l’inutilizzabilità del sequestro
del corpo di reato ( Sez. I , 28.10.2010, n. 42010, Rv 249021). Tale orientamento
3

gravame, poiché il ricorrente intendeva dolersi del sequestro e non della

trova la sua base normativa nel testo dell’art. 225 disposiz. att cod.proc.pen., là
dove si dispone che continuano ad osservarsi (anche dopo l’avvento della nuova
procedura penale) le disposizioni del vecchio art. 41 TULPS, in considerazione del
fatto che le esigenze di difesa sociale e di accertamento dei reati prevalgono sulla
tutela dei diritti dei privati, che possono anche subire un ridimensionamento,
all’esito del giusto contemperamento degli interessi in gioco .
Dunque corretto è stato l’opinare del Tribunale a quo che ha ritenuto del

ipotizzabilità della restituzione di quanto fu appreso, in quanto corpo di reato,
soggetto a confisca obbligatoria.
Per ciò che attiene alle doglianza avanzate dalla difesa sul fatto di non aver
avuto accesso ai beni sequestrati va ricordato che, quanto all’individuazione dei
beni in sequestro, il ricorrente non poteva versare in dubbio poiché erano stati
sequestrati presso la sua abitazione, alla sua presenza ed alla presenza del
difensore. Quanto alla potenzialità lesiva ed alle caratteristiche da un punto di
vista balistico del materiale in sequestro, sicuramente la difesa poteva avanzare
qualsivoglia deduzione e riserva, ma non poteva pretendere che fosse consegnato
il corpo di reato per accertamenti di parte; il parametro normativo di riferimento è
quello previsto dall’art. 233 cod.proc.pen. che presuppone la nomina del consulente
tecnico fuori dei casi di perizia, l’istanza al pm di autorizzazione ad esaminare le
cose sequestrate nel luogo in cui si trovano, con facoltà di interporre opposizione al
provvedimento formale di diniego. Va peraltro sottolineato che le doglianze
avanzate in ogni caso nessuna incidenza potevano e possono rivestire sulla
legittimità del provvedimento di sequestro e sulla conseguente inammissibilità della
relativa istanza di restituzione di quanto sottoposto a vincolo reale. Al più ricadono
sulla valutazione del materiale in sequestro, ma nessuna ricaduta hanno sul
provvedimento istitutivo del vincolo reale.
Alla declaratoria d’inammissibilità, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.
p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in solido
delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille, in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 Ottobre 2013.

tutto privo di interesse il ricorso contro l’intervenuto sequestro, attesa la non

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