Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48164 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48164 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COMUNALE GIUSEPPE N. IL 18/06/1936
avverso la sentenza n. 13/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
SALERNO, del 18/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SQ.L.t;e 3 p,.,ut_z_c;
che ha concluso per °t ec.e.t’Grk)r..427c4,‘ 1,e_ xicj• tc •o t’Axt.40.0.( 10),4,’-e.4_ ‘
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Udito, per la parte civile, l’Avv &-VC.R.ttot« -u-J 12.. Qffil • 4. kji-Oce22,:,
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 13/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 18 luglio 2012 la Corte d’Assise d’Appello di
Salerno confermava i contenuti della decisione emessa dalla Corte di Assise di
Salerno in data 8 aprile 2011 nei confronti di Comunale Giuseppe.
Costui, con le due conformi decisioni in parola, è stato ritenuto responsabile del
delitto di duplice omicidio commesso in Pagani il 5 febbraio 2010 ai danni della

da più colpi di arma da fuoco, consistente in un fucile calibro 12 detenuto dallo
stesso imputato.
Nel corso del giudizio di primo grado, non essendovi dubbio alcuno circa
l’attribuibilità della condotta all’imputato, risulta affrontato essenzialmente il
tema della capacità di intendere e di volere del Comunale al momento del fatto,
in una con altre questioni riguardanti la ricorrenza di circostanze aggravanti o
attenuanti e la sussistenza o meno della legittima difesa, effettiva o putativa.
L’esplosione dei colpi è infatti pacificamente ricollegata alla condotta
dell’imputato, che viene rivolta contro due persone appartenenti al medesimo
contesto familiare (nuora e nipote) residenti in una abitazione confinante a
quella del Comunale, cui si accede mediante un unico viale di ingresso.
Il motivo del risentimento dell’imputato nei confronti delle congiunte è
rappresentato dal fatto che il cancello di accesso veniva sovente lasciato aperto dalle vittime – lì dove il Comunale desiderava fosse chiuso.
Tale circostanza – obiettivamente di risibile significato in rapporto alla gravità del
gesto compiuto – evidenzia di per sè un aspetto patologico, di tipo
ossessivo/maniacale che orienta i giudici di primo grado alla concessione, a
seguito di apposita perizia collegiale, affermativa di un disturbo paranoide di
personalità con aspetti di organicità – della circostanza attenuante della semiinfermità di cui all’art. 89 cod. pen. .
Viene altresì, nella decisione di primo grado, esclusa l’aggravante della
premeditazione e viene ritenuta la diminuente di cui all’art. 89 cod. pen.
equivalente alle ulteriori aggravanti contestate (qualità soggettiva delle vittime e
futili motivi) con quantificazione della pena in anni trenta di reclusione,
statuizioni accessorie anche in tema di misure di sicurezza e condanna al
risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.
In sede di Appello, valutando i motivi proposti, la Corte territoriale ritiene del
tutto esauriente la ricostruzione del fatto operata dal primo giudice e disattende
ogni censura.

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nuora Vanacore Anna Rosaria e della nipote Comunale Renata Maria, raggiunte

In particolare, viene riaffermata la qualificazione del vizio di mente come vizio
parziale (dati i convincenti risultati dell’approfondita perizia) viene esclusa la
ricorrenza della scriminante – quanto meno putativa – della legittima difesa,
viene esclusa la ricorrenza – in fatto e in diritto – della attenuante della
provocazione e viene ritenuto condivisibile il rigetto della richiesta applicativa
delle circostanze attenuanti generiche, con piena conferma dei passaggi
determinativi della pena.
La Corte, sui punti qui in rilevo, osserva in sintesi che :
– sia la legittima difesa (effettiva o putativa) che l’attenuante della provocazione

sono anzitutto da escludersi in fatto, dato che l’ipotesi ricostruttiva offerta sul
punto dall’imputato, che ha riferito di minacce a lui rivolte – immediatamente
prima della reazione criminosa – dalle congiunte e del tentativo della nuora di
estrarre qualcosa dalla borsetta è stata smentita in pieno dalle risultanze
processuali di tipo istruttorio, sia in tema di prova generica che di prova
dichiarativa, compiutamente illustrate ;
– in ogni caso, pur potendosi ritenere sussistenti i precedenti dissidi con le
vittime, circa la frequente apertura del cancello, ciò non poteva rappresentare il
fondamento della attenuante dello stato d’ira determinato da fatto ingiusto altrui,
e ciò in relazione alla macroscopica sproporzione tra l’azione posta in essere
dall’imputato e la condotta delle vittime, sintomo – in realtà – della condizione
patologica già oggetto di valutazione sub art. 89 cod. pen. .
Inoltre, circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la
commisurazione della pena, la Corte territoriale nel confermare pienamente le
valutazioni espresse in primo grado evidenzia la mancanza di segni di
resipiscenza, la progressione dell’azione omicidiaria in danno delle vittime, la
particolare capacità a delinquere dimostrata nel compimento del tragico gesto.

2. Ha proposto ricorso per cassazione – con sottoscrizione personale – Comunale
Giuseppe, articolando due motivi.
Con il primo denunzia vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine al
mancato riconoscimento della legittima difesa o, quantomeno, della attenuante
della provocazione. A giudizio del ricorrente vi sarebbero, sul punto, lacune
motivazionali e travisamenti delle risultanze istruttorie. In particolare, il
ricorrente ribadisce la propria versione dei fatti, tesa ad accreditare il gesto
commesso come derivante da una condotta aggressiva o comunque provocatoria
delle vittime, che avrebbero più volte ribadito che il cancello doveva restare
aperto, senza tener conto della contraria volontà del ricorrente. Si ribadisce,
altresì che il ricorrente – quel tragico giorno – ebbe la percezione, forse inesatta,
di un tentativo delle due donne di ‘estrarre’ qualcosa dalle borsette e ciò
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L

determinò in lui timore per la propria incolumità. Tale circostanza sarebbe stata
ingiustamente svalutata nella economia della decisione.
Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione della decisione impugnata
in riferimento alla mancata derubricazione della condotta in omicidio
preterintenzionale. Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto,
quantomeno, ravvisare la meno grave ipotesi delittuosa dell’omicidio
preterintenzionale, di cui ricorrevano i presupposti in fatto e in diritto.

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, in
realtà diretti ad ottenere una non consentita rivalutazione – nel merito- dei fatti
oggetto di giudizio nella presente sede di legittimità .
Quanto al primo motivo, va detto che a fronte di una motivazione ampia,
esaustiva e non affetta da palesi vizi logici, il ricorrente ripropone argomenti di
fatto già oggetto di valutazione e non si confronta minimamente con le
considerazioni espresse in sentenza, che danno conto del contrasto tra la sua
versione dei fatti e le risultanze complessive dell’istruttoria.
Il diniego della esimente della legittima difesa e della attenuante della
provocazione è infatti rapportato in primis alla totale assenza dei presupposti di
fatto, cui si uniscono condivisibili valutazioni in diritto. La condotta è in tutta
evidenza correlata ad una condizione patologica che, secondo le verifiche peritali,
ha determinato il vizio parziale di mente, oggetto di dovuta considerazione nella
determinazione del trattamento sanzionatorio.
Quanto al secondo motivo vi è ulteriore ragione di inammissibilità, consistente
nel fatto che il motivo qui illustrato non risulta proposto tra i motivi di appello.
Risulta pertanto applicabile la specifica previsione di inammissibilità di cui all’art.
606 comma 3 cod.proc.pen., atteso che – in ipotesi – si tratterebbe di violazione
di legge e non già di vizio di motivazione (la motivazione è assente perchè
l’ipotesi non è stata introdotta nel giudizio di appello). In ogni caso, va per
completezza affermato che l’ampia disamina del fatto contenuta nelle due
decisioni di merito esclude che l’azione fosse diretta a scopi diversi da quello di
uccidere le due congiunte, in ragione del mezzo utilizzato e della direzione dei
colpi verso zone vitali. Del resto, nella sentenza impugnata si evidenzia la
progressione dell’azione diretta a colpire più di una volta la nipote Comunale
Renata Maria che aveva cercato, pur ferita, di sottrarsi all’azione.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonchè di una somma di denaro in favore
della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro 1.000,00 . Va
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CONSIDERATO IN DIRITTO

inoltre condannato il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel presente
grado dalle parti civili, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al pagamento di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado dalle

spese generali, IVA e CPA come per legge.
Così deciso il 13 novembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

parti civili, liquidate nella somma di euro 3.000,00 per ciascuna parte civile, oltre

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