Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48160 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 48160 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da

SAOUDI Wajdi, nato a Kairouan (Tunisia) il 23 agosto 1981,

avverso la sentenza in data 26 febbraio 2013 della Corte di appello di Milano nel
proc. n. 6589/2012.

Letti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita, nella pubblica udienza del 23 ottobre 2013, la relazione svolta dal
consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
udite le conclusioni del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale, dott. Antonio Gialanella, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
rilevato che il difensore dell’imputato non è comparso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 26 febbraio 2013, ha
confermato la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio in data 24 settembre 2012,
con la quale Saoudi Wajdi era stato condannato, all’esito di giudizio abbreviato,
esclusa la contestata recidiva, con le circostanze attenuanti generiche e la

Data Udienza: 23/10/2013

diminuzione per il rito, alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione per il
reato previsto dall’art. 13, comma 13 bis, d.lgs. n. 286 del 1998, perché,
accompagnato coattivamente alla frontiera in data 20/12/2010, in esecuzione del
decreto di espulsione dallo Stato emesso ex art. 16 T.U. imm. in data
21/06/2010 dal Magistrato di sorveglianza di Varese, nell’ambito di procedimento
penale n. 2009/864, faceva rientro in Italia, senza la speciale autorizzazione del

Ha osservato la Corte che il provvedimento del Magistrato di sorveglianza
applicativo della espulsione come misura alternativa alla detenzione non poteva
essere “disatteso” o altrimenti “rivisto”, secondo le testuali richieste
dell’appellante, essendo un provvedimento giurisdizionale e non un atto
amministrativo; che il medesimo provvedimento era stato oggetto di opposizione
da parte del difensore dell’interessato con esito negativo, giusta provvedimento
del 14 ottobre 2010 acquisito al fascicolo processuale; che, conseguentemente, il
Saoudi avrebbe dovuto ottemperare al decreto di espulsione e al divieto di fare
rientro in Italia prima della scadenza dei termini di legge.
Ha precisato la Corte che la fattispecie di reato per la quale era intervenuta
condanna era già stata ritenuta dalla Corte di legittimità compatibile con la
direttiva n. 2008/115/CE del Consiglio e Parlamento europeo.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Saoudi
tramite il difensore, avvocato Alberto Talamone del foro di Busto Arsizio, il quale
deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione
di legge in relazione alla qualificazione del provvedimento di espulsione del
Magistrato di sorveglianza come provvedimento giurisdizionale, e totale assenza
di motivazione sui profili di gravame inerenti ai vizi del provvedimento di
espulsione emesso dal Magistrato di sorveglianza.
Ripropone a sostegno del gravame le censure già sollevate con l’atto di

Ministero dell’interno, come accertato in Saronno, il 20 agosto 2012.

appello: il provvedimento di espulsione sarebbe illegittimo perché il Saoudi, al
momento della sua adozione, il 21 giugno 2010, era titolare di regolare
permesso di soggiorno con scadenza 8 agosto 2013; conseguentemente non
sussisterebbe il contestato reato di cui all’art. 13, comma 13 bis, T.U. imm., che
presuppone la legittimità del provvedimento di espulsione del Magistrato.
Erroneamente la Corte territoriale avrebbe definito il provvedimento de quo
come atto giurisdizionale e non amministrativo, in contrasto con quanto
affermato dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n. 226 del 2004 e da questa
Corte di cassazione nella sentenza n. 10752 del 2009, sicché bene avrebbe

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potuto e dovuto procedere la Corte di merito al controllo della legittimità del
provvedimento di espulsione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

legge e vizio della motivazione per mancata disapplicazione del decreto di
espulsione, emesso dal Magistrato di sorveglianza di Varese a norma dell’art. 16,
comma 5, d.lgs. 25/07/1998, n. 286 (T.U. imm.), assimilato dal ricorrente ad un
atto amministrativo che sarebbe illegittimo, perché emesso in assenza delle
situazioni indicate nell’art. 13, comma 2, del T.U. imm.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’espulsione dello straniero,
identificato, il quale sia stato condannato e si trovi detenuto in esecuzione di
pena anche residua non superiore ad anni due per reati non ostativi, prevista
dall’art. 16, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, cit., ha natura amministrativa e
costituisce un’atipica misura alternativa alla detenzione, finalizzata ad evitare il
sovraffollamento carcerario, della quale è obbligatoria l’adozione in presenza
delle condizioni fissate dalla legge (Sez. 1, n. 45601 del 14/12/2010,
dep. 29/12/2010, Turtulli, Rv. 249175).
La natura amministrativa di tale espulsione non esclude che giurisdizionale
sia l’autorità, magistrato di sorveglianza, cui è riservata la sua applicazione con
decreto motivato, ai sensi del comma 6 (primo periodo) dell’art. 16 T.U. Imm.,
cit., e che giurisdizionale sia il procedimento di impugnazione dell’emesso
decreto di espulsione da comunicare allo straniero, il quale può proporre
opposizione entro il termine di dieci giorni dinanzi al tribunale di sorveglianza,
che decide nel termine di venti giorni (secondo e terzo periodo del medesimo
comma 6), salvo il ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale,
trattandosi di provvedimento incidente sulla libertà personale dello straniero.
Nel caso in esame, risulta che il decreto di espulsione emesso il 21 giugno
2010 dal Magistrato di sorveglianza di Varese fu oggetto di opposizione da parte
dell’interessato, Saoudi, con esito negativo, come da provvedimento del 14
ottobre 2010 del Tribunale di sorveglianza, acquisito al fascicolo processuale ed
espressamente richiamato in entrambe le sentenze di merito.
La natura amministrativa dell’atipica misura alternativa dell’espulsione
prevista dall’art. 16, commi 5 e 6, d.lgs. 25/07/1998, n. 286, non postulando la
necessaria natura amministrativa anche del procedimento e provvedimento
applicativo di essa, rende, dunque, infondata la pretesa del ricorrente di attuale
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1. Il ricorso è infondato in entrambe le sue deduzioni di inosservanza di

disapplicazione del decreto di espulsione emesso dal magistrato di sorveglianza e
già assoggettato, con esito negativo, al previsto rimedio dell’opposizione davanti
al tribunale di sorveglianza, con la conseguenza che correttamente è stata
dichiarata la penale responsabilità dell’imputato per essere rientrato nel territorio
nazionale, come accertato il 20 agosto 2012, in violazione della disposta
espulsione eseguita nei suoi confronti meno di due anni prima, il 20 dicembre

2. Alla luce delle suddette considerazioni, il ricorso deve essere respinto e il
ricorrente condannato, a norma dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso, in Roma, il 23 ottobre 2013.

2010.

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