Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4811 del 23/10/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4811 Anno 2013
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) ZHANG LIZHEN N. IL 12/08/1976
avverso l’ordinanza n. 41/2012 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
02/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
t.

Data Udienza: 23/10/2012

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.
Antonio Mura, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile.
Osserva

Con decreto del 2.3.2012, il Giudice per le indagini preliminari presso il

Tribunale di Bologna dispose il sequestro preventivo di un immobile con box
nei confronti di Zhang Libin e di alcuni immobili e delle quote sociali della
C.Z. s.r.l. nei confronti di Zhang Lizhen, entrambi indagati per i reati di cui
all’art.12 quinquies del d.l. n.306/1992 e 648 ter c.p., la Zhang Lizhen, anche
nella qualità di coniuge e intestataria fittizia dei cespiti di pertinenza del
marito Chen Weimin, nei cui confronti si procede per il delitto di cui
all’art.73 dpr 309/90.
Avverso tale provvedimento gli indagati proposero istanza di riesame,
e il Tribunale del Riesame di Bologna, con ordinanza del 2.4.2012, annullava
il decreto nei confronti di Zhang Libin, e confermava il decreto nei confronti
di Zhang Lizhen, rilevando che i redditi ufficiali di entrambi i coniugi ChenZhang sono enormemente inferiori alla capacità di esborso ufficialmente
desumibile dai dati denunciati al fisco e agli acquisti (costose autovetture ed
un immobile del valore di oltre 900.000 euro) ed investimenti effettuati; che
non è stato in alcun modo dimostrato che gli esborsi non coerenti con le
dichiarazioni siano giustificabili unicamente in forza di evasione d’imposta, e
che la compagine societaria della CZ è stata costruita “ad hoc” per gestire ed
occultare l’ingente patrimonio accumulato, e non per operare realmente sul
mercato.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagata

Zhang Lizhen,

deducendo: 1) violazione di legge ex art.125 c.p.p. motivazione omessa e/o
apparente. In primo luogo, la fattispecie criminosa è contestata a tal Zhang
When solo quale moglie di Chen Weimin; assente è qualunque motivazione
sulla presunta esistenza di una forma di concatenazione con le operazioni
compiute dal marito, nonché sulla consapevolezza della ricorrente
dell’esistenza del reato presupposto, ovvero della provenienza delittuosa del
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denaro e dei beni impiegati. Invero, riconducibile ad attività lecite sono i
guadagni della coppia con cui sono state acquistate quote societarie ed
immobili; la sola somma indebitamente incriminata in quanto ritenuta
illogicamente ed immotivamente essere frutto di transazione di attività
ammonterebbe ad € 150.000,00, secondo intercettazioni del maggio 2008; 2)
erronea applicazione dell’art.12 sexies din.306/1992; la misura preventiva

del sequestro funzionale alla confisca è legittima solo se è provata l’esistenza
di una sproporzione tra il reddito dichiarato o i proventi della sua attività
economica e il valore dei beni da confiscare e non risulti una giustificazione
credibile circa la loro provenienza; il Tribunale immotivatamente non ha
tenuto conto dei proventi derivanti dalla lecita attività economica della
signora Zhang e del coniuge Chen Weimin, sia pur non denunciati ai fini
delle imposte sul reddito. La ricorrente ha offerto la prova positiva della
provenienza dei beni oggetto di sequestro, mediante allegazioni puntuali a
corredo della copiosa produzione documentale.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.

Motivi della decisione
1. Il sindacato di legittimità esercitato da questa Corte Suprema, con
riferimento alle ordinanze emesse dal Tribunale del riesame ai sensi degli
artt. 322 bis e 324 c.p.p. in materia di misure cautelari reali è limitato, ai sensi
dell’art. 325 c.p.p., comma 1, al solo vizio di violazione di legge; ne consegue
che non possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi
della motivazione, atteso che nel predetto concetto di “violazione di legge”,
come indicato nell’art. 111 Cost. e art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), non
rientrano anche la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità
della motivazione, che sono invece separatamente previsti come motivo di
ricorso dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), non applicabile al ricorso ex art.
325 c.p.p. ( v.Cass. S.U., 28.1.2004 n. 5876; S.U., sent. n. 25932 /2008 Rv.
239692).

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E pertanto il giudizio della Corte in tale materia ha un orizzonte
circoscritto, dovendo essere limitato, per espresso disposto normativo, alla
assoluta mancanza di motivazione ovvero alla presenza di motivazione
meramente apparente del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e di
completezza, si da non essere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice
di merito, ovvero che le linee argomentative del provvedimento siano così

scoordinate da rendere impossibile la percezione delle ragioni che hanno
giustificato il provvedimento (cfr., in termini, Cass. II, sent.n.5225/ 2006).
2. Nel giudizio incidentale di impugnazione avverso il provvedimento
che dispone il sequestro preventivo, il controllo del giudice del riesame non
può quindi investire la concreta fondatezza dell’accusa, ma deve limitarsi
all’astratta possibilità di assumere il fatto attribuito ad un soggetto in una
determinata ipotesi di reato.
Ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensi dell’art. 12
sexies del D.L. n. 306 del 1992, convertito con modificazioni nella legge n. 356
del 1992, è sufficiente la presenza di un ‘fumus boni iuris”, ovvero l’astratta
configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato di uno dei reati indicati dalla
norma citata, in rapporto alla congruità degli elementi rappresentati, che non
possono essere censurati in punto di fatto, ma che vanno valutati così come
esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi
formulata in quella tipica, senza alcuna possibilità di apprezzamento quanto
alla fondatezza dell’accusa ed alla probabilità di una pronuncia sfavorevole
per l’imputato.
Quanto al “periculum in mora”, attesa la coincidenza di quest’ultimo
requisito con la confiscabilità del bene, è necessario accertare la presenza di
seri indizi di esistenza delle condizioni che legittimano la confisca, e cioè da
un lato la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività
economiche del soggetto, e dall’altro la mancata giustificazione della lecita
provenienza dei beni stessi.
3. Allorché sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito
dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore
economico dei beni da confiscare e non risulti una giustificazione credibile
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circa la provenienza di essi, è necessario, poi, che, ai fini della “sproporzione”,
i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella
stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle
attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni
presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di
volta in volta acquisiti, e, dall’altro, che la “giustificazione” credibile consista

nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella
negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta
condanna (v.Cass.S.U, Sent. n. 920/2003 Rv. 226491).
4. Nel caso di specie, osserva il Collegio, che le censure mosse con
entrambi i motivi di ricorso all’impugnato provvedimento, sotto l’apparente
deduzione di vizi attinenti alla violazione di legge, prospettano invece una
inammissibile richiesta di rivalutazione del merito laddove è stata data per
contro adeguata dimostrazione del ” fumus” del reato di riciclaggio contestato
non già in esclusivo riferimento all’episodio criminoso per cui si procede nei
confronti di Chen Weimin, bensì in relazione alla sua attività delinquenziale
ben più risalente e strutturata sulla scorta dell’analisi del fatto in sé
indicativo di stabile e consolidato inserimento in organizzazioni criminali
dedite al narcotraffico, “ed altresì all’episodio rilevato presso l’Aereoporto di
Fiumicino in data 10 ottobre 2008 (fogli 101-102 dell’ordinanza di custodia
cautelare) che indubbiamente corrobora la presunzione di capacità del
prevenuto di occultare enormi capitali di illecita provenienza”(v.pag.6
dell’ordinanza impugnata). Contrariamente a quanto dedotto in ricorso, il
Tribunale ha dato poi esauriente risposta a tutte le doglianze difensive,
illustrando le ragioni per le quali non poteva ritenersi dimostrata la
provenienza dei redditi da lecita attività imprenditoriale, ed evidenziando in
particolare sia la disponibilità reale in depositi bancari della società CZ, di
cui la Guardia di Finanza aveva verificato la sussistenza al 31.12.2010, che
l’omessa produzione dei bonifici provenienti dalla Cina, preannunciati con la
memoria del 12.3.2012.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

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Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. peri., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Cos i e berato, in carriera di consiglio il 23.10.2012
liere estensore

Cervadr

Il Presidente
asucci

dedotti.

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