Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48051 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48051 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: AIELLI LUCIA

Data Udienza: 06/11/2015

RUCCELLA GAETANO nato a Catania 1’11.9.1973
BORRELLI Antonio nato a Napoli il 3.7.1992
AGRICOLA Agostino nato a San Severo ( FG) il 25.9.1984
FLORIO Soccorsa nata a San Severo (FG) il 6.1.1972
avverso la sentenza n. 2020/2014 della Corte d’Appello di Ancona del 22.1.2015
visti gli atti , la sentenza ed il ricorso;
sentita la relazione del Consigliere dott. Lucia AIELLI ;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Mario PINELLI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in subordine, rigetto.

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Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 22.1.2015, la Corte d’Appello di Ancona confermava la sentenza
del GUP del Tribunale di Pesaro del 14.5.2014, che aveva condannato RUCCELLA
GAETANO, BORRELLI ANTONIO, AGRICOLA AGOSTINO e FLORIO SOCCORSA per una
serie rapine e furti .
La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di
sussistenza della responsabilità dell’imputato Ruccella per il reato di furto ( capo M) ,

argomentava in merito alla determinazione della pena richiamando l’art. 99 c. 5 c.p.
circa l’obbligatorietà della recidiva e l’art. 69 c.p., circa l’ostatività della ritenuta
recidiva , al giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche.
Parimenti respingeva l’appello proposto dall’imputato BORRELLI che contestava l’ entità
della pena e l’appello proposto dalla imputata FLORIO che denunciava il mancato
accertamento del concorso di persone nel reato, l’insussistenza dell’aggravante della
destrezza, e l’ erronea configurazione del tentativo, ricorrendo, ad avviso della FLORIO,
I’ ipotesi di desistenza volontaria.
Avverso tale sentenza propongono ricorso gli imputati, per mezzo dei rispettivi
difensori di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
RUCCELLA GAETANO:
1) inosservanza o erronea applicazione dell’art. 56 c.p., in relazione al capo M). La
Corte di merito si sarebbe adeguata alla motivazione del giudice di primo grado
errando nella interpretazione degli elementi costituitivi del tentativo e omettendo
la valutazione circa la sussistenza di un’ipotesi di desistenza volontaria;
2)

inosservanza o erronea applicazione della norma di cui all’art. 73 d.p.r. 309/90 (
capo N); erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., da cui deriverebbe la mancanza
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. In questo caso il
ricorrente contesta la valorizzazione, da parte della Corte di merito, del contenuto
delle intercettazioni telefoniche, peraltro rimaste, avviso del ricorrente, prive di
riscontri oggettivi;

3)

inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 69 c.p., da cui deriverebbe
l’illogicità, contraddittorietà della motivazione, atteso che la Corte di merito non
avrebbe correttamente tenuto conto nella quantificazione della pena, delle
sentenze della Corte Costituzionale n. 105 e 106 laddove non consentono più di
considerare ostativa ai fini del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti
generiche, la recidiva contestata .

BORRELLI ANTONIO deduce :
1) la mancanza o manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 C. 1 lett. e)
c.p.p., in quanto la Corte non avrebbe preso in considerazione, nella
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per il reato di detenzione e fini di spaccio di sostanza stupefacente ( capo N) e

determinazione della pena, la personalità dell’imputato e le circostanze da questi
evidenziate relativamente alle modalità del fatti .
FLORIO SOCCORSA lamenta :
1) la violazione e falsa applicazione della legge in tema di concorso di persone ed il
travisamento della prova ( art. 606 c. 1 lett. b), c) ed e) c.p.p.), da cui
deriverebbe la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
In particolare secondo la difesa, non vi sarebbe stata corretta applicazione della
norma penale in materia di concorso di persone nel reato, avendo la Corte errato

2) violazione e falsa applicazione della legge penale in riferimento all’art. 56 c.p., ai
sensi dell’art. 606 c. 1 lett. b) c.p.p. , in quanto la condotta della Florio sarebbe
rimasta al livello di mero proposito criminoso e la Corte non avrebbe
correttamente valorizzato la sua desistenza attiva ;
3)

violazione e falsa applicazione della legge penale in riferimento all’art. 625 n. 4
c.p., per i capi K) ed L): difetto di motivazione ai sensi dell’art. 606 c. 1 lett. b) ed
e) c.p.p., non avendo la Corte territoriale , correttamente applicato la legge
penale, ritenendo sussistente la circostanza aggravante della destrezza, invero
inesistente, e considerando la fattispecie quale furto (consumato o tentato)
aggravato, invece che furto semplice da dichiararsi improcedibile per mancanza di
querela.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Tutti e tre i ricorsi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati.
I ricorsi contengono censure sulle valutazioni di merito che sono insindacabili nel giudizio di
legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. (Sez. U., n. 24
del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U.
n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074). Inoltre le doglianze riproducono
pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la Corte d’appello, attraverso
una lettura critica delle risultanze dell’istruttoria dibattimentale per come interpretate dal
giudice di prime cure, ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in
diritto, che i ricorrenti non considerano e si limitano a censurare genericamente.
Il giudice di appello per affermare l’infondatezza della tesi difensiva del RUCCELLA in punto di
insussistenza dei requisiti di inequivocità e idoneità degli atti ai fini della configurabilità del
tentativo di furto, ha infatti, con argomentazioni ineccepibili sia logicamente che
giuridicamente, valorizzato il contenuto delle conversazioni tra il Ruccella ed altro imputato,
captate all’interno dell’autovettura , le rilevazioni del GPS , le informative di P.G. in esito ad
appostamenti nei pressi degli esercizi commerciali, argomentando in maniera diffusa sulla
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nella valutazione dei dati probatori ;

ricorrenza del tentativo, piuttosto che della desistenza volontaria ( pag. 10 e 11 della
sentenza).
Quanto al secondo motivo di gravame, riguardante il reato di detenzione a fini di spaccio di
sostanza stupefacente (capo N) il Giudice di secondo grado ( pag. 11) richiama ancora una
volta le eloquenti conversazioni telefoniche condividendone , in ragione del loro contenuto
specifico, l’elevata capacità probante.
Inconferente il richiamo del ricorrente alle sentenze della Corte Costituzionale n. 105 e 106 del
2014 che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69 c. 4 c.p., come modificato

all’art. 648 bis c.p., ovvero 609 bis 3. C. c.p., sulla recidiva, che, evidentemente, non attiene
al caso di specie , tenuto conto della tipologia di reati contestata ( furto e detenzione a fini di
spaccio di sostanze stupefacenti).
E’ manifestamente infondato e quindi inammissibile il ricorso proposto da BORRELLI ANTONIO,
il quale si duole del mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle
aggravanti, la Corte territoriale a pag. 12 della sentenza, ha speso puntuali ed esaustive
argomentazioni, per giustificare il dosaggio della pena, avuto riguardo alle circostanze del
caso concreto ricavate da intercettazioni telefoniche.
Da ultimo anche il ricorso della FLORIO è inammissibile perché, sotto la forma della violazione
della legge e del vizio di motivazione, tenta di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito,
non consentito neppure alla luce della modifica dell’art. 606 lettera e) cod. proc. pen.
introdotta con L. n. 46/2006, ed inoltre è manifestamente infondato.
Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 lettera e) cod. proc. pen., di cui alla L. 20
febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di
cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di
merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza,
illogicità o contraddittorietà può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento
impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati.
È perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorché si
introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure
quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia (Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 47035 del 03/10/2013, Rv. 257499).
Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa si consente nel
giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione.
Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto
nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutum non può essere superato
ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di
rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio
non esaminati dal primo giudice (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4060 del 12/12/2013 Ud. dep.
29/01/2014 Rv. 258438). Nel caso di specie la Corte ha espressamente e specificamente
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dalla L. 251/2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza dell’attenuante di cui

motivato in ordine alla ravvisabilità del concorso di persone nel reato, ha indicato i dati
significativi per la configurabilità del tentativo ed ha infine argomentato in merito alla egli
indicatori della sussistenza della circostanza aggravante della destrezza così come in tema di
dosimetria della pena essendo sufficiente nella determinazione della stessa il richiamo ai
parametri dell’art. 133 c.p.,che la Corte ha esplicitato per ciascun imputato ( cfr. Sez. 2,
3288/2005; Sez. 6, 9120/1998, rv. 211582).
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc.
pen., la condanna degli imputati che li hanno proposti, al pagamento delle spese del

inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di
colpa, si stima equo determinare in C 1.000,00 ciascuno .

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di C 1000,00 ciascuno, in favore della Cassa delle ammende.
COSI’ DECISO IL 6.11.2015
Il consigliere estensore dott.ssa Lucia Aielli

Il presidente dott. Domenico Gallo
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(4P-020

procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di

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