Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48048 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 48048 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: AIELLI LUCIA

Data Udienza: 06/11/2015

BLASI Marcello nato il 2.6.2012
avverso la sentenza n. 8705/2012 della Corte d’Appello di BOLOGNA del 29.1.2014
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
sentita la relazione del Consigliere dott. Lucia AIELLI ;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Mario PINELLI che ha concluso per il rigetto del ricorso ;

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RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 29/1/2014 la Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza di condanna
emessa dal Tribunale di Bologna il 3.3.2009, nei confronti di BLASI Marcello per il reato di
estorsione .
Proponeva ricorso per Cassazione il difensore del BLASI il quale, con il primo motivo,
denunciava il vizio di motivazione di cui all’art. 606 c. 1 lett. C) c.p.p., in relazione alla

che erroneamente la Corte d’Appello aveva respinto la richiesta di legittimo impedimento
dell’imputato, dichiarandone la contumacia, poiché il Blasi, sottoposto alla misura della
sorveglianza speciale, non era stato posto in grado di partecipare al processo in quanto non
autorizzato .
Con il secondo motivo il difensore eccepiva che la sentenza era viziata ai sensi dell’art. 606
lett. C) e D) c.p.p., in quanto la Corte d’Appello non avrebbe assunto una prova testimoniale
decisiva, sollecitata dalla parte, violando l’art. 6 della CEDU ed erroneamente motivando sul
punto della irrilevanza della prova stessa, che invece appariva essenziale per l’accertamento
dei rapporti tra le parti.
Ancora il ricorrente denunciava il vizio di erronea applicazione della legge penale con
riferimento agli artt. 629 c.p. e 393 c.p., in quanto la Corte d’Appello non avrebbe
correttamente inquadrato la condotta del Blasi nella fattispecie di esercizio arbitrario delle
proprie ragioni.
Sosteneva infine, con il quarto motivo, che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente motivato
in tema di trattamento sanzionatorio, non avendo concesso al BLASI le circostanze attenuanti
generiche ed avendo mal inquadrato la personalità dell’imputato, avuto riguardo ai criteri di cui
all’art. 133 c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

li ricorso è infondato e va respinto
Il primo motivo di doglianza è di natura processuale e riguarda la mancata partecipazione al
processo dell’imputato, a dire della difesa, legittimamente impedito.
Sul punto deve sottolinearsi che la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato
che è legittimo il provvedimento dichiarativo di contumacia nell’ipotesi in cui l’imputato, al
quale sia stato ritualmente notificato il decreto di citazione per il giudizio, si trovi in stato di
libertà, anche se sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e non si sia
presentato all’udienza; infatti, in tal caso, spetta all’interessato attivarsi tempestivamente per
ottenere dall’autorità competente la prescritta autorizzazione ad allontanarsi dal luogo del
soggiorno obbligato o fare conoscere al giudice procedente, prima del dibattimento, il motivo

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violazione del diritto di difesa ( artt. 178 e 179 c.p.p.); in particolare, sosteneva il ricorrente,

del suo impedimento a comparire in caso di ritardo di rilascio della detta autorizzazione ( Sez.
1, 5009/1986 rv. 172991; Sez. 5, 2341/99, rv. 21254; Sez. 5, 20726/2014, rv. 262883).
La Corte d’Appello con ordinanza del 29.1.2014, allegata dal difensore , non solo si è
conformata a tali principi ed ha correttamente respinto l’ eccezione , ma ha anche
incidentalmente evidenziato la carenza di documentazione probante la sottoposizione del Blasi
alla misura .
I motivi di ricorso successivi sono parimenti infondati in quanto attengono ad asseriti vizi di
motivazione della sentenza, ma in realtà introducono motivi di censura relativamente alla

delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come
nel caso di specie. (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del
31.5.2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Trattasi, inoltre, di questioni già prospettate nei motivi di appello, alle quali la Corte territoriale
ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il
ricorrente si limita a censurare genericamente.
E così segnatamente, con riferimento alla mancata assunzione della prova testimoniale di uno
dei membri della famiglia Cacchiullo, a dire della difesa effettivi conduttori dell’immobile in
luogo del Blasi, la Corte ha disatteso la richiesta di rinnovazione istruttoria , motivando
specificatamente circa la sua superfluità ed irrilevanza ( pag. 3 punti 5 e 6 della sentenza).
Deve evidenziarsi che nel caso di specie ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè
doppia pronuncia di eguale segno (nel nostro caso, di condanna) per cui il vizio di travisamento
della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente
rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è
stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del
provvedimento di secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza
della novella dell’art. 606 c.p:p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora
sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di
un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di
una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia
riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il
limite del “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice
d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto
probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass., n. 5223/07, ric. Medina, rv. 236130).
Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio
già sottoposto al giudice di prime cure e, dopo avere preso atto delle censure dell’imputato in
ordine alla asserita rilevanza della prova testimoniale, è giunto alla medesima conclusione in
ordine alla responsabilità dell’imputato per i fatti allo stesso ascritti. In conclusione deve
ritenersi che la sentenza impugnata regga al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza,
contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del fatto o della prova.

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valutazione delle prove, insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione

Adeguato e puntuale è poi il percorso logico motivazionale seguito dalla Corte di merito , per
disattendere la prospettazione difensiva riguardante la diversa qualificazione del fatto ai sensi
dell’art. 393 c.p.. Al punto 7 della sentenza la Corte sottolinea la rilevanza della
consapevolezza , da parte del Blasi che egli nulla poteva eccepire ai locatori , ed infatti nella
liberatoria di cui si discute, egli offre ai locatori una prestazione propria ( la liberazione
dell’immobile peraltro inadempiuta), e non fa cenno a prestazioni dei Cacchiullo ( sub affittuari)
. Da tale argomento la Corte di merito ha ricavato correttamente il distinguo per affermare la
sussistenza del reato di estorsione, in luogo di quello di esercizio arbitrario delle proprie

pretendeva invece ingiustamente una dichiarazione liberatoria dalla sua obbligazione di versare
i canoni arretrati inerenti varie mensilità . Al riguardo è stato affermato da questa Corte che l’
assenza del diritto esclude in maniera decisiva ogni possibile ipotesi alternativa in termini di
esercizio arbitrario delle proprie ragioni in quanto nel caso di cui all’art. 393 c.p., l’agente
persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione ragionevole, anche se infondata, di
esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe
formare oggetto di azione giudiziaria; nell’estorsione, invece, l’agente persegue il
conseguimento di un profitto, pur nella consapevolezza di non averne diritto ( Sez. 2,
12/06/2012, Rv. 253192).
Con riferimento all’ultimo motivo di ricorso, riguardante il trattamento sanzionatorio, la Corte
d’Appello motivatamente giustifica la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche riferendosi a dati certi e rilevanti quali i recenti precedenti penali specifici e la
personalità dell’imputato evidenziando che proprio nella prospettazione difensiva 11 Blasi faceva
da prestanome per pericolosi malavitosi”, con ciò conformandosi a specifici parametri indicati
all’art. 133 c.p. ( Sez. 6, n. 9120/1998; rv.211582) .
Tutto ciò comporta il rigetto dell’impugnazione per infondatezza dei motivi proposti.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese .
COSI’ DECISO IL 6.11.2015
Il con ‘gliere estensore dott.ssa Lucia Aielli

toL

Il presidente dott. Domenico Gallo

ragioni, atteso che il Blasi non vantava alcun diritto nei confronti del Magli (locatore) dal quale

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