Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 48015 del 27/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 48015 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Asciolla Massimo, nato a Sessa Aurunca (Ce) il 30.7.69
imputato art. 256 d.lgs 152/06
avverso la sentenza del Tribunale di S. Maria C. V. sez. dist di Carinola,

del 10.11.11

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Letta la richiesta del P.G. che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
osserva

Il ricorrente è stato condannato alla pena di 5000 C di ammenda per avere effettuato
una illecito stoccaggio di rifiuti speciali provenienti dalla molitura delle olive, contenute
all’interno di una vasca in cemento che essendo aperta su un lato determinava la fuoriuscita di
un liquido scuro confluente verso un tombino per le acque piovane confinante con il giardino
della p.o..
Nel presente gravame, il ricorrente osserva come i testi abbiano fatto affermazioni
diverse da quelle riportate in sentenza, non siano state riscontrate infiltrazioni nel terreno
(tanto che non è stato operato alcun sequestro) e che le eventuali infiltrazioni verso il vicino confinante
dipendono dalla permeabilità del muro e non dal frantoio. In sostanza, la situazione di fatto è
diversa da quella descritta in sentenza e che quanto rinvenuto può, al massimo, definirsi
deposito temporaneo di rifiuti provenienti da attività produttiva.

Data Udienza: 27/09/2013


Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
Come è possibile evincere anche solo dalla breve sintesi dei motivi appena fatta, gli
argomenti svolti dal ricorrente si risolvono essenzialmente in un invito a questa S.C. a
rivalutare le risultanze processuali per trarne conclusioni più favorevoli all’imputato.
Si tratta, però, di richiesta inammissibile perché l’unico controllo che questo giudice di
legittimità può svolgere sulla motivazione dei giudici di merito deve puntare alla verifica che
questi abbia preso in considerazione tutte le emergenze, non le abbia travisate ed, anzi ne
abbia dato una lettura non manifestamente illogica.
Precisato poi che si ha travisamento solo quando la prova sia stata distorta e vi sia una
palese ed incontrovertibile difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dalla prova
assunta e le conseguenze che il giudice di merito ne abbia tratto, diversamente, non ha alcun
rilievo che la stessa prova possa essere suscettibile di diverse altre interpretazioni perché, una
volta che il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della propria analisi
probatoria l’esame del giudice di legittimità non può andare oltre il controllo della chiave
interpretativa essendo preclusa (sez. II 11.1.07, Messina, Rv. 235716) “la possibilità di una nuova
valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito,
attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa
ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di
prova”.
Tutto ciò premesso, va anche detto che la motivazione qui in esame non presta il fianco
a critiche di sorta.
Ed infatti, la sentenza è puntuale e chiara nel ricordare che il responsabile del Settore
Ambiente del Comune, nella propria deposizione, abbia riferito che, recatosi sul posto, aveva
riscontrato «la presenza, all’interno del piazzale di cemento retrostante il frantoio, di una vasca
di raccolta contenente la sansa derivante dalla spremitura delle olive».
Il teste ha anche soggiunto che il muretto era scoperto e non impermeabilizzato
«poggiato direttamente sul suolo ed aperto su un lato da cui dipartivano rivoli di acqua
confluenti in una pozza colma» e che essendo tutto scoperto, la vasca raccoglieva anche le
acque piovane.
Il teste ha, infine, precisato di avere riscontrato la presenza di «infiltrazioni di sansa nel
muro di confine con la proprietà Chianese Sara e nel terreno retrostante».
A fronte di siffatte ed altre emergenze probatorie dettagliatamente descritte in
sentenza, le mere asserzioni negative del ricorrente sono del tutto inidonee ad inficiare un
giudizio che risulta congruamente e correttamente motivato.

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Così deciso in Roma nell’udienza del 27 settembre 2013

D E :** gi

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