Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47999 del 30/11/2015


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Penale Ord. Sez. 6 Num. 47999 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA
sul ricorso straordinario di
ROSACI Antonio, nato a Melito di Porto Salvo il 08/10/1970,
avverso la sentenza del 26/05/2015 della Corte di Cassazione;
esaminati gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita in camera di consiglio la relazione svolta dal consigliere Giacomo Paoloni.
FATTO E DIRITTO
1. Con tempestivo atto d’impugnazione il difensore di Antonio Rosaci, munito di
procura speciale, propone ricorso straordinario per errore di fatto avverso la sentenza
pronunciata il 26.5.2015 da questa Corte (Sez. 2, n. 36426/15) che, accogliendone
parzialmente l’impugnazione contro la sentenza resa il 17.6.2013 in sede di rinvio (art.
627 c.p.p.) dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, ha annullato tale decisione di merito,
dichiarando estinto per prescrizione il reato di ricettazione continuata di due carte di
identità provento di furto contestato al Rosaci con il capo D1) della rubrica e rinviando gli
atti alla competente Corte di Appello di Messina per la determinazione della pena relativa
al residuo reato di ricettazione continuata (accertato a Messina il 24.6.1998) di alcuni
timbri tondi dell’Università degli Studi di Messina e di libretti universitari provento di furto
in danno del medesimo Ateneo oggetto dell’imputazione di cui al capo D6) della rubrica.
2. Con l’odierna impugnazione straordinaria si censura l’errore di fatto in cui
sarebbe incorsa la decisione di legittimità nel ritenere non ancora maturata la prescrizione
(operando nel caso di specie il previgente regime dell’art. 157 c.p.) del predetto secondo
reato di ricettazione (capo D6), benché il ricorso originario avverso la sentenza di appello
recasse specifiche indicazioni sulla possibilità di individuare la data di consumazione del

Data Udienza: 30/11/2015

reato istantaneo di cui all’art. 648 c.p. in epoca prossima, quanto meno, al furto dei
libretti universitari avvenuto durante l’anno accademico 1994/1995 e, dunque, in un
momento certamente anteriore alla perquisizione eseguita nel domicilio del Rosaci il
24.6.1998. Si afferma testualmente nell’odierno ricorso: “E’ vero che nulla è indicato nella
sentenza dei giudici di appello di Reggio Calabria, ma è altrettanto vero che la data di
commissione del fatto era compiutamente indicata nel primo ricorso per cassazione dietro
rimando alla sentenza di primo grado in cui, con riferimento al materiale oggetto del capo
D6), si indicava come periodo di commissione del reato gli anni dal 1994 al 1995 […] il

sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria [emessa in sede di rinvio, ndr_1”.
L’errore di fatto rilevante ex art. 625-bis c.p.p. in cui, nell’esame degli atti interni
al giudizio di legittimità, sarebbe caduta la sentenza del 26.5.2015 di questa Corte
consisterebbe, dunque, nella mancata considerazione degli elementi e argomenti
enunciati negli atti impugnatori dell’imputato (segnatamente nel ricorso contro la
sentenza resa in sede di rinvio). Non incorrendo in tale omissione, questa Corte, adduce il
ricorrente, “avrebbe deciso in modo analogo a quello per il capo D1 [declaratoria di
prescrizione del reato, ndr]”.
3. Il ricorso straordinario proposto nell’interesse di Antonio Rosaci va dichiarato de
plano inammissibile, ai sensi dell’art. 625-bis -comma 4, prima parte- c.p.p., per
indeducibilità e infondatezza manifesta delle censure mosse alla sentenza di legittimità del
26.5.2015, che ha rigettato il ricorso per cassazione del Rosaci relativamente al reato di
ricettazione ascrittogli al capo D6) della rubrica. Inammissibilità che discende dalla
impropria interpretazione dei caratteri dell’impugnazione straordinaria.
E’ agevole osservare, infatti, che le doglianze del condannato non individuano
nessuna erronea percezione fattuale riferibile alla decisione parzialmente reiettiva del suo
ricorso e che gli attuali rilievi critici sono estranei all’area di inferenza dell’art. 625-bis
c.p.p., non ponendo in luce un reale errore di fatto nell’esame delle vicenda criminosa ex
art. 648 c.p. di cui è stato definitivamente riconosciuto colpevole.
Diversamente da quanto si sostiene nell’impugnazione straordinaria, questa Corte
non ha affatto pretermesso l’esame delle censure enunciante dall’imputato (nei due ricorsi
contro le decisioni di appello susseguitesi nel tempo) con riferimento al fatto reato
sussunto nella ricettazione sub D6). In vero la decisione di legittimità, dopo aver dato atto
puntualmente (parte in fatto della sentenza) dei rilievi proposti dal ricorrente sulle due
contestazioni di ricettazione ascrittegli, ha analiticamente vagliato tali censure (parte
motiva della decisione: pp. 22-23), giudicandole fondate con riguardo alla sola condotta
di ricettazione di cui al capo D1) (per la quale ha appunto annullato la decisione di merito,
dichiarando il reato estinto per prescrizione). Non ha, invece, ritenuto meritevoli di
accoglimento le omologhe censure delineate anche con riguardo alla condotta di
ricettazione di cui al capo D6), evidenziandone la specificità e la diversità dei dati

2

medesimo argomento era indicato nel ricorso per cassazione proposto avverso la

emergenti ex actis in punto da data di consumazione del reato e, quindi, di eventuale
prescrizione del reato («[…] Analogo ragionamento non può essere fatto con riguardo al
reato sub D6, non emergendo dal capo di imputazione, dalla sentenza impugnata e
neppure dal ricorso elementi certi in ordine al momento da cui far decorrere il termine
della prescrizione; trattasi pertanto di questione di merito non delibabile in questa sede»).
La conseguenza da trarre da quanto esposto è palese.
La doglianza enunciata con l’attuale ricorso straordinario non individua un errore
materiale o di fatto della decisione di legittimità, ma -a tutto concedere e in tesi- una non

giudizio ovvero una supposta erronea valutazione di risultanze processuali, in nessun caso
emendabili attraverso l’istituto disciplinato dall’art. 625-bis c.p.p., integrando ictu ocull,
l’uno o l’altra, situazioni sottese a profili di stretto diritto e a giudizi di valore sviluppati dal
giudice di legittimità. Evenienza, questa, che è cosa ben diversa dall’errore percettivo sul
fatto cui è destinato a porre rimedio il mezzo straordinario di impugnazione previsto
dall’art. 625-bis c.p.p. Mezzo dalla cui latitudine applicativa sono avulsi eventuali errori
che, trascendendo semplici sviste percettive di dati fattuali, investono il percorso
valutativo del giudice di legittimità. Il ricorso straordinario del Rosaci è, per ciò, affetto da
genetica indeducibilità, prospettando in modo inesatto come frutto di apparente errore
percettivo su elementi di fatto il giudizio valutativo espresso da questa Corte (cfr.,

ex

plurimis: Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686; Sez. 6, n. 46065 del
17/09/2014, Marrelli, Rv. 260819; Sez. 6, n. 37243 del 11/07/2014, Diana, Rv. 260817:
“Il ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p. non è ammissibile quando viene dedotto un
erroneo vaglio delibativo di aspetti del compendio storico-fattuale, essendo in tal caso
prospettato un errore non di fatto, bensì di giudizio”).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende, che si ritiene equo stabilire in misura di euro 1.500 (millecinquecento).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro millecinquecento in favore della cassa delle ammende.
Roma, 30 novembre 2015
Il consigliere estensore
Giacomo aolon/

Il Presidente
Antonio Stef no Agrò

condivisa specifica valutazione decisoria di questa Corte, cioè un presunto errore di

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