Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47996 del 27/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47996 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Dubois Giacomo, nato a Carignano (To) il 3.1.73
imputato art. 44/b D.P.R. 380/01
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 25.1.13

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Letta la richiesta del P.G. che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
osserva

La Corte d’appello ha confermato la condanna inflitta al ricorrente per avere, in qualità
di proprietario e di esecutore delle opere, realizzato, in assenza di permesso di costruire un
prefabbricato ad uso abitativo.
Con il ricorso, ci si duole della motivazione con la quale la Corte ha escluso che l’opera
possa essere definita precaria. Si ribatte che la struttura non è ancorata al suolo e, per le sue
dimensioni, non può incidere sull’assetto urbanistico. Altro motivo di doglianza è dato dal
mancato accoglimento della richiesta di conversione della pena detentiva e si ribatte che la
modestia dell’opera e dell’unico precedente non possono rappresentare un ostacolo a tal fine.
Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
La motivazione con la quale la Corte ha ribadito il giudizio di responsabilità ravvisando
gli estremi del reato ipotizzato non offre il fianco a critiche di sorta perché spiega come, dagli

Data Udienza: 27/09/2013

conversione).

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Così deciso in Roma nell’udienza del 27 settembre 2013

Il Consigl ere tensore

atti processuali e dalle fotografie scattate in diversi momenti, risulti che l’opera, consistente in
una sorta di abitazione prefabbricata, inizialmente sollevata dal suolo mediante pali di altezza
inferiore al metro, in seguito, era stata completata in modo tale che dei mattoni colmavano la
distanza tra il prefabbricato ed il suolo.
La decisione dei giudici d’appello, dato atto delle argomentazioni difensive (di contenuto
analogo a quelle del presente ricorso) replicano, quindi ricordando anche una recente sentenza di
questa S.C. (sez. III, 23.3.11, Rv. 250601) e correttamente ribadiscono una linea interpretativa
costante (v. anche Sez. III, 12.7.99, Piparo, Rv. 215417) secondo cui, la natura precaria di una costruzione
non dipende dal tipo di materiali utilizzati e, quindi, dalla facilità della rimozione, ma dalle
esigenze che il manufatto è destinato a soddisfare e cioè dalla stabilità dell’insediamento
indicativa dell’impegno effettivo e durevole del territorio. Orbene, laddove sia accertato
l’apposizione di un massetto ovvero, come nel caso in esame, quella di mattoni, è evidente
che, malgrado la struttura leggera, vi è un collegamento fisso ed una intuibile destinazione,
dell’opera, duratura nel tempo.
Nessun rilievo va mosso alla sentenza anche nella parte in cui nega la conversione della
pena sul rilievo che l’imputato ha eseguito l’opera dopo che gli era già stata concessa la
sospensione condizionale della pena per una precedente condanna. Si tratta di argomento
logico e basato su dati obiettivi che, certamente, non può essere inficiato dalla mera negativa
dell’odierno ricorso (secondo cui, invece, la modestia dell’opera e del precedente non precluderebbero l’invocata

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