Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47911 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 47911 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZOGU MARIAN N. IL 25/07/1977
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 70/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del
15/04/2011
sentita la elazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
1ette/seutie le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 24/10/2013

Ritenuto in fatto

ZOGU Marian, a mezzo del difensore, ricorre avverso l’ordinanza di cui in epigrafe che
ha rigettato la sua richiesta di riparazione per ingiusta detenzione subita nell’ambito di un
procedimento in cui gli era stato contestato il reato di concorso in detenzione ai fini di
spaccio di sostanze stupefacenti, dal quale era stata poi assolto con formula piena.

censurando gli elementi valorizzati dal giudicante per fondare la colpa grave ostativa al
riconoscimento dell’indennizzo, sul rilievo che la condotta colposa era stata erroneamente
individuata in una telefonata tra due soggetti estranei ( un coimputato ed il fratello).
Sostiene che la colpa non può essere fondata su quella circostanze relative alla condotta
già oggetto della pronuncia assolutoria, conseguendo da tale valutazione una violazione
del giudicato penale; deve, invece, concretarsi “in comportamenti di tipo processuale
esterni ai temi dell’imputazione, come un’autoincolpazione, un silenzio cosciente su di un
alibi, una fraudolenta creazione di tracce o prove a proprio danno”.
Si assume che nel caso in esame l’istante aveva sempre sostenuto la propria estraneità ai
fatti e, rispondendo all’interrogatorio, aveva fornito una ricostruzione dei fatti, fondata su
elementi investigativi, accolta dalla sentenza assolutoria.
Con il secondo motivo deduce il travisamento della prova, sostenendo che il diniego alla
riparazione era stata fondato su di una telefonata contraddittoria, non effettuata
dall’odierno ricorrente, in contrasto con la confessione resa dal principale imputato, tale
Gjoli, organizzatore del traffico di stupefacenti, il quale aveva contestato il coinvolgimento
dello Zogu e con la testimonianza resa da tale Bardhi Marjan. Si sostiene, infine, la
mancata acquisizione di ogni elemento idoneo a smentire la ricostruzione offerta
dall’istante.

E’ stata ritualmente depositata memoria di costituzione nell’interesse del Ministero

Prospetta, con il primo motivo, l’ erronea applicazione dell’art. 314 c.p.p., analizzando e

dell’Economia e Finanze con la quale è stata rilevata la infondatezza del ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.

Va, innanzitutto chiarito, che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la colpa
grave può essere ravvisata anche con riguardo a circostanze relative alla condotta già
oggetto della pronuncia assolutoria e non deve necessariamente concretarsi in
comportamenti di tipo processuale esterni ai temi dell’imputazione.

2

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Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, il giudice di merito,
chiamato a pronunciarsi sull’ingiusta detenzione, per valutare se chi l’ha patita vi abbia
dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo
autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento
alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza
o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una
motivazione che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al

esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà
personale, al fine di stabilire, con valutazione

ex ante

(e secondo un iter logico-

motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito), non se
tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia
ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza
della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di
“causa ad effetto” (cfr., tra le tante, la già citata sentenza Sezione IV, 11 aprile 2012,
Hilario).

Va sottolineato, pertanto, che gli elementi di vakazione non devono essere diversi,
mentre è differente l’oggetto di verifica: non più la responsabilità dell’imputato (ragion
per cui ita sua ~assoluzione può non avere alcun rilievo) ma se la sua condotta
– seppur in presenza dell’errore altrui – sia stato presupposto della falsa apparenza di
integrazione dell’illecito penale, e sia legata in rapporto di causa-effetto con la
detenzione.

In questa prospettiva la censura con la quale si prospetta la violazione del giudicato
penale da parte del giudice della riparazione è manifestamente infondata.

La Corte di merito ha proceduto secondo le suindicate indicazioni di principio, attraverso
l’analisi degli elementi acquisiti in atti [gli esiti delle intercettazioni telefoniche tra
coimputati, che avevano preceduto l’incontro tra l’istante, cittadino albanese, e
l’organizzatore del traffico di sostanze stupefacenti di allarmanti proporzioni, nelle quali si
faceva riferimento all’arrivo dello Zogu e a quei documenti di interesse del Gjoli; la
condotta equivoca dell’istante, dettagliatamente descritta dal giudice della riparazione,
mettendo in evidenza le modalità ambigue dell’incontro, oggetto di osservazione da parte
della polizia giudiziaria, la quale rilevava un sospetto andirivieni in autovettura dello Zogu
e del Gjoli tra l’appartamento di quest’ultimo e destinazioni non individuate, ponendo in
evidenza la presenza di una borsa, riposta all’andata cautamente nel portabagagli* ed al
ritorno apparentemente vuota) ritenuti tali da fondare la colpa grave dell’ istante.

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riguardo, il giudice deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi,

La motivazione sul punto fornita è congrua e resiste alla lettura di segno diverso operata
nel ricorso laddove si sostiene che le dichiarazioni rilasciate dallo Zogu in sede di
interrogatorio avevano chiarito il reale svolgimento dei fatti, come poi accertato dal
giudice penale.

Sul punto si rileva che, a prescindere dalla genericità della doglianza, che non chiarisce
quale sia stata la versione dei fatti accolta dalla sentenza assolutoria, il sindacato del

dell’ingiusta detenzione è limitato alla correttezza del procedimento logico giuridico con
cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l’ottenimento del
beneficio. Resta invece nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a
motivare adeguatamente e logicamente il suo convincimento, la valutazione sull’esistenza
e la gravità della colpa o sull’esistenza del dolo ( v. tra le ultime, Sezione IV, 11 aprile
2012, Hilario).

E l’ordinanza impugnata sfugge 4a censure in questa sede, perché, partendo proprio dai
dati sopra indicati, attestanti gli ambigui contatti tra lo Zogu e l’organizzatore del traffico
di stupefacenti, preceduti da una criptica telefonata tra altri coimputati, ha poi
sottolineato che il quadro non era stato alleggerito in alcun modo dalle giustificazioni
fornite dallo Zogu, che evocavano una improbabile e indimostrata attività di
collaborazione in una transazione avente ad oggetto il pagamento di un terreno, peraltro,
in contrasto con il contenuto della telefonata del giorno precedente all’incontro dove si
faceva riferimento all’arrivo di Marian con la motivazione che costui doveva ritirare
documentazione per la quale aveva un amico interessato.

Vale solo precisare, per corrispondere alla doglianza sull’asserito travisamento della
prova, che l’ordinanza gravata non è basata sull’inammissibile valorizzazione di una
telefonata assolutamente dubbia, contrastante con l’istruttoria svolta in dibattimento.

giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il procedimento per la riparazione

Come emerge dalla sentenza assolutoria in atti, la cui consultazione è consentita dalla
natura della censura, la telefonata non è di contenuto dubbio e non è stata smentita.
Oltretutto la telefonata in questione è stata dal giudice della riparazione richiamata solo a
supporto della condotta gravemente colposa dell’istante,come sopra delineata, ma,
ovviamente, non al fine di attribuirla a titolo di colpa all’istante, in quanto svolgentesi tra
altre persone.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali. La resistenza puramente formale dell’Avvocatura in sede di merito, che
aveva già giustificato la compensazione delle spese tra le parti, e la inammissibile
prospettazione per la prima volta davanti alla Corte di cassazione delle ragioni ostative

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all’accoglimento della istanza, costituiscono gravi ed eccezionali ragioni per disporre la
compensazione delle spese anche in questo giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Compensa le spese tra le parti.
Così deciso nella camera di consiglio del 24 ottobre 2013

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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