Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47898 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 47898 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MONZANI STEFANO N. IL 08/08/1971
avverso la sentenza n. 163/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
12/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Gnerale in nersona del Dott.
che ha concluso per_,p
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Data Udienza: 24/10/2013

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Ritenuto in fatto

MONZANI Stefano ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, nel confermare quella di
primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 186, comma 7, del codice
della strada, per essersi rifiutato di sottoporsi all’accertamento dello stato di alterazione
psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze alcoliche ( fatto del 7.12.2009).

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 186, comma 7, del codice della
strada, sul rilievo che l’imputato aveva prestato il consenso a sottoporsi agli accertamenti di
cui all’art. 186, comma 3, dello stesso codice, come attestato dal verbale di accertamento
preliminare. In questa prospettiva il successivo rifiuto di sottoporsi all’accertamento urgente di
cui all’art. 379 del Regolamento di esecuzione del codice della strada non era idoneo a
configurare il reato de quo.
Con il secondo motivo si duole della contraddittoria motivazione in punto di dolo, giacchè,
come emergeva dal verbale redatto dalla polizia locale, l’imputato non era stato informato
correttamente delle conseguenze del rifiuto ma solo che questo costitutiva violazione
amministrativa.
Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 597, comma 3, c.p.p. laddove la Corte
territoriale ha revocato la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con quella dei lavori di
pubblica utilità affermando trattarsi di revoca obbligatoria ex lege, che può essere disposta
d’ufficio anche dal giudice di appello, essendo stata già concessa una volta

Considerato in diritto

Il ricorso è parzialmente fondato con riferimento all’ultimo motivo.

Osserva, in primo luogo, il Collegio che correttamente è stato ritenuto sussistente il reato di
rifiuto di sottoporsi al test alcolimetrico, a nulla rilevando che il Monzani si era reso disponibile
ai primi accertamenti compiuti dalla polizia.
La contravvenzione contestata, infatti, come emerge anche dal tenore letterale della norma, si
perfeziona con il rifiuto dell’interessato a sottoporsi a qualsiasi ( e quindi anche ad uno solo)
degli accertamenti alcolemici tassativamente previsti dai commi 3,4, 5 dell’art. 186 del codice
della strada.
L’accertamento di cui al comma 4 è previsto come facoltativo e successivo a quello di cui al
comma 3 e quello di cui al comma 5 è previsto solo laddove il soggetto sia rimasto coinvolto in
incidente stradale e sottoposto a cure mediche in strutture sanitarie.
E’ incontestato, pertanto, che il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7, reintrodotto con il
D.L. n. 92 del 2008 convertito in legge n. 125 del 2008, rimane integrato anche dal rifiuto di

2

:

sottoporsi agli accertamenti degli organi di polizia stradale a mezzo di strumenti portatili (c.d.
“etilometro”) di cui al comma 3 della detta norma.

Nel caso in esame, il rifiuto è stato opposto dall’imputato ai sensi del comma 3 del citato
articolo 186 proprio al fine di impedire il completamento degli accertamenti alcolimetrici che
avrebbero dovuto attuarsi tramite etilometro.

legge non dedotte con i motivi di appello e, in ogni caso, afferisce a circostanza di fatto
(l’erronea indicazione—~trrz delle conseguenze del rifluto),oltre che indimostrata- non
essendo previsto l’accesso agli atti da parte di questa Corte- anche ininfluente ai fini della
esclusione del dolo, che presuppone esclusivamente la volontà dell’agente di non sottoporsi
all’accertamento e non la esatta conoscenza delle conseguenze del rifiuto.

Fondato è invece il terzo motivo.
Deve ritenersi illegittima l’applicazione di ufficio da parte del giudice di appello della revoca
della pena sostitutiva applicata in primo grado, se la questione specifica non sia stata devoluta
con il gravame del pubblico ministero, in quanto tale statuizione viola la previsione dell’art.
597, comma 3, c.p.p- che sancisce il divieto della “reformatio in peius” quando appellante sia il
solo imputato (v. in tal senso, con riferimento alla revoca di ufficio da parte del giudice di
appello del benefielfdella sospensione condizionale della pena, Sez.III, 20 dicembre 2007, n.
6313, Pagano, rv. 238831).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla revoca della sostituzione della
pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità; revoca che elimina.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in data 24 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Il secondo motivo è manifestamente infondato sotto un duplice profilo: lamenta violazioni di

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