Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4787 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4787 Anno 2013
Presidente: COSENTINO GIUSEPPE MARIA
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) CASELLATO PAOLO N. IL 31/07/1964
avverso la sentenza n. 250/2010 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
BOLZANO, del 16/06/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. d.2,1-»”ecz,
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che ha concluso per Ji in•-■ elry-r1 ‘
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. 9,.ryn
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Data Udienza: 15/11/2012

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 16 giugno 2011 la corte d’appello di Trento, sezione distaccata di
Bolzano, decidendo a seguito di rinvio della Suprema Corte di Cassazione, concesse a Casellato
Paolo le circostanze attenuanti generiche, riduceva la pena inflitta, confermando nel resto la
condanna per violazione dell’articolo 356 codice penale.
La Corte di Cessazione, sezione 6° Penale, con la sentenza 5.10.2010, in accoglimento del

28.5.2008 che, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Trento del 30 novembre
2007, aveva qualificato il fatto contestato al Cesellato come violazione dell’articolo 355
comma 1 e 3 codice penale.
La Corte di Cassazione aveva ritenuto fondato il vizio di contraddittorietà della motivazione
della decisione del giudice d’appello riguardo alla affermata mancanza della consapevolezza da
parte dell’imputato. In particolare i giudici d’appello avevano trascurato di considerare un
elemento di prova rilevante ai fini della decisione, ossia le conversazioni intercettate il
21/9/2005, dalle quali emergeva il dolo dell’imputato.
La corte d’appello in sede di rinvio, ritenuto che le conversazioni intercettate il 21 settembre
2005, comprovavano incontrovertibilmente la sussistenza del dolo della frode, in quanto dalle
stesse emergeva in maniera inequivoca la precisa volontà di coprire la propria inadempienza
attraverso la falsificazione dei patentini, riteneva sussistente il reato contestato di cui
all’articolo 356 codice penale.
Ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del proprio difensore deducendo che la sentenza
impugnata è incorsa in vizio della motivazione. Contesta la valutazione operata dalla corte con
riguardo al contenuto della intercettazione richiamata. Lamenta inoltre che non sono state
oggetto di valutazione ulteriori conversazioni intercettate, in particolare le conversazioni 11 e
14 novembre 2005 che allega al ricorso, conversazioni telefoniche dalla quale il ricorrente trae
diverse valutazioni rispetto a quelle operate dalla corte di merito.
Il ricorso investe censure in fatto non azionabili in questa sede.

ricorso del procuratore generale aveva annullato la sentenza della corte d’appello di Trento del

Lamenta il ricorrente un vizio di motivazione. Sul punto va ricordato che anche alla luce del
nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006,
n. 46, non è consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei
fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di
apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Con riferimento alle intercettazioni devono innanzitutto essere respinte le censure volte a
contestare il significato attribuito dai giudici alle conversazioni. Infatti, l’interpretazione del
linguaggio adoperato nelle conversazioni intercettate è questione di fatto rimessa alla
valutazione del giudice di merito (( Cass n. 17619/2008 RV 239724 N. 3643 del 1997 Rv.
209620, N. 117 del 2006 Rv. 232626, N. 15396 del 2007 Rv. 239636) e si sottrae al giudizio di
legittimità se tale valutazione risulta logica in rapporto a massime di esperienza. Nella specie, i
1

,or

giudici hanno offerto una ricostruzione del significato della conversazione intercettata il 21
settembre 2005 – in alcuni passi particolarmente esplicita – del tutto coerente. Ne consegue
che le critiche mosse al senso e al significato dato ai colloqui registrati devono ritenersi del
tutto infondate.
Deve aggiungersi che in sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio
su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è stata disattesa dalla
motivazione della sentenza complessivamente considerata. Per la validità della decisione non è
confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del
vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della
deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Qualora il
provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si
sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, in modo da consentire
l’individuazione dell’iter logico – giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non
vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione ((Cass. Pen. Sez. 5,
2459/2000; Cass Sez. 2 N. 29439/2004; Cass Sez.2 n.29439/2009)
Il giudice di merito non è infatti tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni
delle parti ed a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo
invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e
risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo
convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo. Devono, infatti,
considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. Nel caso in esame la
Corte territoriale si è attenuta a tali principi dando conto, con motivazione coerente e priva di
,a~p,

vizi logici che dalla conversazione intercettata il 21 settembre 2005q1 maniera inequivoca la
precisa volontà del ricorrente4c. oprire la propria inadempienza attraverso la falsificazione dei
patentini
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso segue a norma di legge la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma, stimata equa stante il tenore dell’impugnazione, di
1.000,00 Euro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q,M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma il 15.11.2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

infatti necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita

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