Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47863 del 08/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 47863 Anno 2013
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MELLONE SALVATORE N. IL 10/11/1978
avverso l’ordinanza n. 44/2012 GIP TRIBUNALE di SALERNO, del
30/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
le conclusioni del PG Dott. A
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 08/11/2013

AL,

Ritenuto in fatto.

1.11 30 aprile 2012 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno,
in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza avanzata da Salvatore
Mellone, volta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato ex
art. 671 e.p.p.. Osservava che dalla lettura delle sentenze non emergeva alcun

complessiva, costituente l’espressione di un medesimo disegno criminoso e,
inoltre, che nessun elemento giuridicamente rilevante era stato in proposito offerto
dalla difesa.
2.Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione
personalmente Mellone, il quale lamenta violazione degli artt. 81 cpv c.p. e 671
c.p.p., carenza ed illogicità della motivazione per non avere il giudice
dell’esecuzione valutato gli elementi emergenti dalle sentenze e, soprattutto, per
non avere tenuto conto del fatto che già il giudice della cognizione aveva ritenuto
la continuazione nell’ambito della stessa sentenza.
Osserva in diritto.
Il ricorso è fondato.
1. L’art. 671 c.p.p. attribuisce al giudice il potere di applicare ” in executivis”
l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i reati
separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati dall’art.
81 c.p. Peraltro, la possibilità di applicazione della disciplina della continuazione in
sede esecutiva ha carattere sussidiario e suppletivo rispetto alla sede di cognizione,
stante il carattere più completo dell’accertamento e la mancanza dei limiti imposti
dagli artt. 671 c.p.p. (Sez.6, 8.5.2000, sent.n. 00225, ric. P.G. in proc. Mastrangelo e
altri, riv. 216142). Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso non
possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della
condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la
causale, le condizioni di tempo e di luogo. Anche attraverso la constatazione di
alcuni soltanto di detti indici – purché siano pregnanti e idonei ad essere privilegiati
in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione – il giudice
deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa le singole
violazioni (Sez. 1, n. 01587 del 20 aprile 2000).
1

elemento comprovante la riconducibilità dei reati ad un’iniziale ideazione

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, per aversi unicità del
disegno criminoso occorre che in esso risultino ricomprese le diverse azioni od
omissioni sin dal primo momento e nei loro elementi essenziali, nel senso che,
quando si commette la prima azione, già si sono deliberate tutte le altre, come
facenti parte di un tutto unico. Le singole condotte, quindi, devono essere
ricollegate ad un’unica previsione, di cui i diversi reati costituiscano la concreta
realizzazione, cosicché i reati successivamente commessi devono essere delineati

requisito psicologico indicato nell’art. 81 c.p. con un generico programma
delinquenziale.
2.Ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p.
la “cognizione” del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di possibile
collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle
sentenze di condanna conseguite alle azioni od omissioni che si assumo essere “in
continuazione”. Le sentenze devono essere poste a raffronto per ogni utile disamina,
tenendo presenti le ragioni enunciate dall’istante e fornendo del tutto esauriente
valutazione. La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è
sindacabile in sede di legittimità (Sez. 1, n. 5518 del 30 gennaio 1995; Sez. 1, n.
2229 del 7 luglio 1994; Sez. 5, n. 1060 del 7 maggio 1992).
3.L’ordinanza impugnata non appare conforme ai principi giuridici in
precedenza illustrati, in quanto ha omesso di valutare il contenuto delle diverse
sentenze, oggetto dell’istanza di applicazione dell’istituto ex art.. 671 c.p.p. e di
mettere in luce elementi specifici e concreti emergenti dalle stesse, idonei a
comprovare l’assenza di un’originaria deliberazione criminosa unitaria.
Il giudice dell’esecuzione non ha, inoltre, considerato la circostanza
che,nell’ambito della sentenza n. 596/2008 del 24 ottobre 2008, il giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Salerno aveva riconosciuto la continuazione
tra il delitto di cui all’art. 74 d.P.R.. n. 309 del 1990 e il delitto di cui agli artt. 110
c.p. e 73 d.P.R. n. 309 del 1990, e che, nell’ambito della sentenza n. 531 del 2010,
pronunciata il 24 settembre 2010, la medesima Autorità giudiziaria aveva
riconosciuto la continuazione tra i singoli episodi di spaccio.
Tale omesso apprezzamento appare tanto più rilevante, laddove si consideri che
tutte le sentenze oggetto dell’istanza ex art. 671 c.p.p. riguardano attività di spaccio

2

fin dall’inizio nelle loro connotazioni essenziali, non potendo identificarsi il

di sostanze stupefacenti commesse in concorso con le medesime persone, in territori
limitrofi e in un contesto temporale ravvicinato.
Il mancato esame di tutti i profili sintomatici sinora indicati si traduce in una
carenza della motivazione su aspetti fondamentali ai fini della completezza dell’iter
argomentativo del provvedimento impugnato, contraddistinto da assoluta
indeterminatezza.

rinvio per nuovo esame al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Salerno in diversa composizione, tenuto conto della sentenza n. 183 del 2013 della
Corte Costituzionale.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Salerno in diversa composizione.
Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2013.

Per tutte queste ragioni s’impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il

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