Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47854 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 47854 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAFARANA MARIO N. IL 20/11/1971
avverso l’ordinanza n. 68/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
06/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI; ‘,
tte/seteite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 11/10/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa in data 6/02/2012 la Corte D’appello di Catania,
pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettato la richiesta, avanzata
da Mario Zafarana, di applicazione della continuazione in ordine ai reati
giudicati con tre sentenze indicate nell’istanza, in quanto aventi ad oggetto
fatti commessi a distanza di circa un anno tra loro ed integranti diverse
fattispecie di reato, mentre per la quarta sentenza non era stata prodotta

2.Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del suo difensore, il quale ha lamentato:
a) manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, per non avere la
Corte territoriale rilevato che la distanza temporale tra gli episodi criminosi
era limitata a circa due mesi tra il maggio ed i primi di agosto 1995;
b) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 81 cpv. cod.pen., manifesta
illogicità e contraddittorietà della motivazione con riguardo all’esclusione
dell’omogeneità delle fattispecie, trattandosi di reati contro il patrimonio,
mentre gli altri riguardavano tutti violazioni alle leggi doganali;
c) violazione della legge penale per aver la Corte d’Appello respinto l’istanza
in ragione della mancata produzione della sentenza del Tribunale di Catania
del 24/05/2001, mentre per principio giurisprudenziale, sul condannato
grava soltanto l’onere di allegazione dei fatti dai quali dipende l’applicazione
della continuazione, mentre spetta al giudice dell’esecuzione l’eventuale
ricerca ed acquisizione delle sentenze necessarie.
3. Con requisitoria scritta depositata 30 aprile 2013 il Procuratore
Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Gabriele Mazzotta, ha chiesto
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo i motivi di
gravame.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
1.L’ordinanza impugnata con motivazione di estrema sintesi e ben poco
illustrativa ha ritenuto di dover respingere la richiesta di applicazione in sede
esecutiva della continuazione perché “con riferimento alle prime tre sentenze
sopra indicate, non sussistono i presupposti… atteso che non solo trattasi di
fatti commessi a distanza di circa un anno tra loro, ma soprattutto non
possono ritenersi espressione di un unico disegno criminoso giacché hanno
ad oggetto diverse fattispecie di reato”, condizioni considerate ostative al
riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso. Ha poi escluso la
1

alcuna documentazione da parte dell’istante.

possibilità di apprezzare la fondatezza della richiesta in ragione della
mancata produzione della sentenza del Tribunale di Catania del 24 maggio
2001. In tal modo il provvedimento in verifica risulta supportato da
giustificazione carente ed erronea anche nell’apprezzamento dei dati fattuali.
1.1 In primo luogo, la sentenza della Corte di Appello di Catania
dell’1/04/2008 ha giudicato e condannato lo Zafarana per il delitto di cui
all’art.648 cod. pen., commesso in data 24/05/1995 e non 1996, il che ha
una diretta refluenza sulla valutazione dell’epoca di commissione di tutti gli

episodi criminosi oggetto delle prime tre sentenze, che non sono stati
perpetrati nell’arco di un anno, ma in un più breve intervallo compreso tra il
24/5/1995 ed il 2/8/1995, circostanza non correttamente intesa dal giudice
dell’esecuzione.
1.2. Sotto diverso profilo, anche il rilievo della disomogeneità delle
fattispecie giudicate non è corretto, dal momento che furti e ricettazioni
ledono tutti lo stesso bene giuridico, ossia il patrimonio del soggetto passivo.
Inoltre, pur a fronte dell’oggettiva differenza tra tali illeciti e le violazioni alle
leggi doganali, la Corte territoriale avrebbe dovuto più attentamente
valutare la possibilità di unificare fra loro i reati per gruppi omogenei e non
soltanto con riferimento alla totalità di quelli per

i quali l’istante aveva

riportato condanna.
1.3 Infine, anche il rilievo in ordine alla mancata produzione di una
delle sentenze di condanna, indicate nell’istanza, non ha effetti preclusivi
della possibilità del suo accoglimento: per quanto tale documento non sia
presente tra gli atti del procedimento, ciò non esentava il giudice
dell’esecuzione dall’attivarsi d’ufficio alla sua acquisizione, così come
disposto dalla norma di cui all’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. e dal
condurre una successiva puntuale disamina delle fattispecie ivi giudicate.
2.Più in generale, giova ricordare che, per poter applicare in sede di
cognizione, come in quella esecutiva, l’istituto della continuazione è
necessario che ricorrano sotto il profilo oggettivo una pluralità di azioni od
omissioni e più violazioni di legge e, dal punto di vista soggettivo, che la loro
commissione sia avvenuta in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
Tale ultimo requisito di natura psicologica e quindi interiore al soggetto
agente, postula la rappresentazione dei singoli episodi criminosi, individuati
almeno nelle loro linee essenziali sin dall’inizio dell’attività illecita, ossia che
l’autore abbia già previsto e deliberato in origine ed in via generale l'”iter”
criminoso da percorrere ed i singoli reati attraverso i quali attuarlo, che nella
loro oggettività si devono presentare compatibili giuridicamente e posti in
essere in un contesto temporale di successione o contemporaneità. Resta
comunque escluso che l’unicità di disegno criminoso possa identificarsi con

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l’abitualità criminosa o con scelte di vita ispirate alla continua violazione
delle norme penali, così come, sul fronte opposto, non può nemmeno
pretendersi che tutti i singoli reati siano stati in dettaglio progettati e previsti
nelle varie occasioni temporali e nelle modalità specifiche di commissione
delle loro azioni, atteso che la disciplina normativa richiede identità del
“disegno” criminoso, ossia che i singoli reati siano mezzo per il
conseguimento di un unico intento, sufficientemente specifico e rintracciabile
sin dalla commissione del primo di essi sulla scorta di un apprezzamento in

motivato, insuscettibile di censura nel giudizio di legittimità (Cass. sez. 5, nr.
23370 del 14/5/2008, Pagliara, rv. 240489; sez. 1, nr. 18340
dell’11/2/2011, Scarcia, rv. 250305; sez. 1, nr. 12905 del 17/03/2010,
Bonasera, rv. 246838; sez. 5, n. 49476 del 25/9/2009, Notaro, rv. 245833)
2.1 A tal fine l’analisi, da condurre sulla base degli accertamenti di
fatto contenuti nelle sentenze che hanno giudicato le singole vicende
criminose, deve riguardare una pluralità di indici sintomatici, rivelatori
dell’ideazione e della determinazione volitiva unitaria, quali la prossimità
temporale di commissione, l’omogeneità delle condotte sotto il profilo
oggettivo, le circostanze concrete di tempo e luogo dell’azione, il bene
giuridico leso, le finalità perseguite, le abitudini programmate di vita, con la
specificazione che non è necessario rintracciare la connpresenza di tutti
questi elementi, potendo assumere valore significativo anche la ricorrenza di
uno o più di essi e che tanto maggiore è il novero degli elementi indicativi
tanto maggiore sarà la possibilità di riconoscere la continuazione.
2.2 La disamina dell’ordinanza impugnata alla luce dei superiori
principi convince che è stata omessa l’analisi delle singole fattispecie
criminose già giudicate alla luce degli argomenti rappresentati dall’istante,
né è stata approfondita la tematica all’interno dei due gruppi di violazioni,
concludendo per l’assenza di una matrice genetica comune in assenza di una
specifica giustificazione riferita alle caratteristiche di consumazione dei
singoli episodi criminosi. Difettando dunque una “approfondita disamina dei
casi giudiziari” risolti nelle sentenze oggetto dell’istanza (Cass. , sez. 1, n.
802 del 10/2/1995, Spadaro, rv. 200586; sez. 1 n. 6587 del
10/12/1996,Pancione, rv. 206403; sez. 1., n. 19987 del 29/04/2010,
Oussaifi, rv. 247593), la motivazione del provvedimento impugnato risulta
carente ed affetta da vizi logici perché non rende comprensibili le ragioni
della decisione.
2.3 Va aggiunta una sola precisazione: non viene qui in rilievo la
valutazione

condotta

dal

Tribunale

nella

sua

discrezionalità

e

nell’apprezzamento delle circostanze di fatto, che, in quanto tali, nonA_

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punto di fatto spettante al giudice di merito, come tale, se congruamente

potrebbero essere oggetto del sindacato conducibile nel giudizio di
legittimità, quanto la completezza ed adeguatezza dell’apparato giustificativo
della decisione, che, avrebbe potuto anche essere reiettiva dell’istanza, ma
avrebbe dovuto essere corredata dalla congrua esposizione delle relative
ragioni in aderenza ai dati concreti, riguardanti i singoli episodi criminosi, modalità dell’azione, oggetto materiale, tempi, luoghi di commissione,
correi, moventi della condotta-, già giudicati.
Ne va dunque disposto l’annullamento con rinvio al fine di procedere

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di
Appello di Catania.
Così deciso in Roma, 1’11 ottobre 2013.

ad un nuovo esame dell’istanza del ricorrente.

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