Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47833 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 47833 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPUANO LUIGI N. IL 13/05/1942
SAUTTO GIUSEPPE N. IL 20/05/1972
avverso la sentenza n. 3085/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO
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Data Udienza: 07/11/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 41.795/2012 R.G. *

Udienza del 7 novembre 2013

1. — Con sentenza, deliberata il 9 ottobre 2007 e depositata il
24 ottobre 2007, il Tribunale ordinario di Varese, ritenuta la
continuazione tra tutti i reati, ha condannato Capua no
Luigi alle pene principali della reclusione in anni cinque e della multa in euro duemila, per i delitti di detenzione illegale di
arma comune da sparo (pistola Tokarev T 33), di ricettazione
della succitata arma, e di cessione, ai sensi dell’articolo 23,
comma 2, della legge 18 aprile 1975, n. 110, della medesima pistola, consegnata a Luigi Sautto, reati commessi in Varese e altrove in data prossima e anteriore al 3 settembre 2001; ha condannato, inoltre, Sautto alle pene principali della reclusione
in anni quattro e mesi sei e della multa in euro millecinquecento, per i delitti di ricettazione dell’arma in parola (cedutagli dal
Capuano), di porto illegale di arma comune da sparo e di cessione, ai sensi dell’articolo 23, comma 2, della legge citata, della arma de qua consegnata a tale Antonio Artistico, reati commessi in Modena il 3 settembre 2001.

2. — Con sentenza, deliberata il 12 giugno 2012 e depositata il
14 giugno 2012, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha assolto gli appellanti
Luigi Capuano e Giuseppe Sautto dai delitti di cessione di arma clandestina, loro rispettivamente ascritti, perché il fatto
non sussiste; ha dichiarato non doversi procedere nei confronti
del (solo) Sautto in ordine al delitto di ricettazione, essendo il
reato estinto per prescrizione; ha riqualificato le condotte
di detenzione illegale di arma comune da sparo e di porto illegale di arma comune da sparo, contestate, rispettivamente, a
Capuano (capo sub A della relativa rubrica) e a Sautto (capo
sub B della rispettiva rubrica), come detenzione e porto
illegali di arma da guerra; ha rideterminato le pene principali per Capuano in due anni e sei mesi di reclusione, euro
seicento di multa, in relazione ai reati di ricettazione e di detenzione illegale di arma da guerra, siccome riqualificato (pena
base: anni due di reclusione e cinquecentoventi euro di multa,
aumentata in ragione di mesi tre e di quaranta euro per la reci-

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Rileva

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

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Udienza del 7 novembre 2013

3. — Sulla base delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche tra gli imputati, nonché tra Sautto e il cessionario Artistico, sulla base del sequestro del corpo del reato, eseguito nei
confronti del suddetto Artistico, sulla base delle dichiarazioni
di reità dell’Artistico e della moglie di lui, Antonietta Buono, e
sulla base della consulenza balistica, i giudici di merito hanno
accertato che Capuano aveva ceduto a Sautto e costui, a sua
volta, aveva ceduto all’Artistico una pistola semiautomatica
Tokarev T 33, calibro mm. 7,62, di fabbricazione cinese (illegalmente importata), in cattivo stato di conservazione per
corrosione dovuta alla ruggine, ma perfettamente funzionante.
In punto di qualificazione delle condotte concernenti le
armi, il Tribunale, pur prendendo atto del responso del consulente balistico del Pubblico Ministero il quale aveva accertato
che la pistola detenuta da Capuano e portata in luogo pubblico
da Sautto era arma da guerra, ha, tuttavia, divisato
che, «in difetto di puntuale contestazione da parte del Pubblico
Ministero», dovesse, ciò non ostante, ritenersi, in virtù «del
principio del favor rei», la «ipotesi — più lieve — riferita alle armi
comuni da sparo», enunciata nelle imputazioni.
4.

5. — Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a
quanto serba rilievo nel presente scrutinio di legittimità, la
Corte territoriale ha osservato quanto segue.

5.1

Nei confronti di Capuano non è maturata la prescrizione,
né in ordine al delitto di detenzione illegale di arma da guerra,
né in ordine al delitto di ricettazione.

Infatti i termini prescrizionali «devono essere maggiorati per la
contestazione della recidiva».

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diva e in eguale misura, a titolo di continuazione, per la ricettazione) e per Sautto in due anni di reclusione e in duecentodieci euro di multa, in relazione al residuo delitto di porto di
arma da guerra, siccome riqualificato; ha revocato tutte le pene accessorie irrogate in prime cure; e ha confermato, nel resto,
la sentenza appellata.

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5.2 — In rito deve essere respinta la richiesta del ridetto appel-

La richiesta è finalizzata alla dimostrazione che l’oggetto di
conversazione interessata concerneva non la pistola, bensì la
documentazione in parola.
Orbene, il mezzo di prova postulato non concerne circostanze
nuove, emerse dopo il giudizio di primo grado.
Né si ravvisa la assoluta necessità della rinnovazione della istruzione dibattimentale. L’accertamento postulato, circa la
richiesta di finanziamento, non è decisivo. Non è, infatti, plausibile che la raccomandazione rivolta (nel corso della conversazione intercettata) da Capuano a Sautto «.. di non portala in giro ..» potesse concernere i documenti, anziché la pistola.

5.3

Nel merito la responsabilità di Capuano è ampiamente
provata, alla stregua della intercettazione delle conversazioni
telefoniche e, precipuamente, di quella del 29 agosto 2001, che
concerne, senza alcun dubbio, la pistola Tokarev (successivamente sequestrata ad Artistico).

Lo stesso appellante ha ammesso, nell’interrogatorio del 27
novembre 2002, che Sautto, avendo notato la presenza nel suo
ufficio di alcuni albanesi, gli aveva chiesto di procuragli una
pistola.
E Capuano è, peraltro, gravato da numerosi precedenti specifici per reati in materia di armi.

5.4

Capuano è immeritevole della concessione delle invocate
circostanze attenuanti generiche.

Non si ravvisa, in proposito, alcuna apprezzabile circostanza
che consigli la concessione delle attenuanti in parola, laddove
l’appellante ha riportato numerose condanne anche per reati

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lante per la rinnovazione della istruzione dibattimentale per la
escussione del direttore della filiale del Credito Varesino di Daverio in ordine alla richiesta di finanziamento avanzata da
Sautto con l’appoggio di Capuano e mediante produzione di
«documentazione non regolare».

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della stessa indole e non è positiva la valutazione della condotta processuale.

Non è dato apprezzare alcun elemento che suffraghi la concessione delle circostanze attenuanti generiche al ridetto appellante, laddove costui ha, peraltro, riportato altre condanne e non
ha tenuto buona condotta processuale.
La pena (per il residuo delitto di porto di arma da guerra) è equamente rideterminata nella osservanza dei criteri stabiliti
dall’articolo 133 cod. pen. nella congrua misura di due anni di
reclusione e di duecentodieci euro di multa.

6. — Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, col ministero dei rispettivi difensori di fiducia: Capuano,
mediante atto del 27 luglio 2012, redatto dall’avvocato Alfonso
Brighina; Sautto, mediante atto recante la data del 10 agosto
2012 (depositato il giorno successivo) redatto dall’avvocato
Giovanni Tavernari.
7. — Capuano dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi
dell’articolo ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettere b), d)
ed e), cod. proc. pen. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tenere
conto nella applicazione della legge penale, in relazione
all’articolo 157, 62-bis, cod. pen., 192 e 530 cod. proc. pen.,
mancata assunzione di prova decisiva, in relazione all’articolo
603 cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione.
Il difensore deduce: la Corte territoriale ha disatteso la richiesta difensiva di rinnovazione della istruzione dibattimentale
con «motivazione generica e probabilistica» che si risolve in «denegata giustizia»; nel merito è illogica la deduzione del Collegio
che la mera richiesta di «procacciamento» della pistola rivolta
da Sautto al ricorrente e i precedenti penali «assai lontani nel
tempo» del giudicabile disvelerebbero la disponibilità del Ca-

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5.5 — Non meritano accoglimento i motivi di gravame di Sautto il quale ha chiesto la concessione delle circostanze attenuanti generiche e, comunque, la riduzione della pena.

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puano alla fornitura delle armi; si tratta di meri indizi privi di
certezza, univocità e concordanza; né, poi, la Corte di merito
ha dato contro della reiezione della richiesta di declaratoria
della prescrizione relativamente alla ricettazione, in quanto si è
limitata a operare laconico riferimento alla recidiva, senza
spiegare, perché «in violazione palese dell’articolo 157 cod. pen.»
abbia valutato «la recidiva come aggravante a effetto speciale»;
infine la Corte di appello ha contraddittoriamente respinto la
richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche pur avendo dato atto della «leale dichiarazione [del ricorrente] di aver ricevuto da Sautto la richiesta di una pistola», richiesta beninteso respinta.

8.

Sautto sviluppa tre motivi con i quali dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’articolo ai sensi
dell’articolo 606, comma 1, lettere b), c) ed e), cod. proc. pen.,
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale (con tutti e tre i mezzi di impugnazione), inosservanza di norme processuali (primo motivo), vizio di
motivazione (secondo e terzo motivo).

8.1

Col primo motivo il ricorrente censura la riqualificazione
della condotta operata dalla Corte territoriale, eccependo la
violazione del divieto della reformatio in peius, laddove il primo
giudice aveva ritenuto di non poter modificare il titolo del reato contestato.

Il difensore invoca gli arresti della Corte europea dei diritti
dell’uomo ( 11 dicembre 2007, Drassich) e della giurisprudenza
di legittimità (n. 6487 del 28 ottobre 2011, Finocchiaro); sostiene che, alla stregua della contestazione di porto illegale di
arma comune da sparo, il delitto risulta prescritto; e che, comunque, la Corte territoriale avrebbe dovuto contenere la sanzione nel minimo edittale (un anno e quattro mesi di reclusione) previsto in relazione al resto contestato.

8.2

Col secondo motivo di ricorso il difensore si duole della
mancata concessione della speciale diminuente di cui all’ arti—

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8.3 — Col terzo motivo il difensore lamenta la omessa elargizione della sospensione condizionale della esecuzione della pena
(sebbene non richiesta), censurando che la Corte territoriale in
proposito «non ha speso un parola» e richiamando un arresto di
legittimità in punto di concessione ex officio del beneficio e di
motivazione della relativa decisione.
Stigmatizza ancora il ricorrente la mancata di munizione «della
pena in punto di continuazione».
9. — Nessuna delle impugnazioni merita accoglimento.
Il ricorso di Sautto è infondato; quello di Capuano è inammissibile.
9.1 — Erroneamente Sautto (peraltro sulla base dell’isolato e
non condivisibile arresto di questa Corte suprema di cassazione, citato nel ricorso) invoca la pronuncia del Giudice europeo
per censurare la riqualificazione della condotta di porto del!’
arma confiscata operata dalla Corte territoriale, la quale ha
dato al fatto definizione giuridica più grave (ai sensi dell’ articolo 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, sostituto dall’articolo
12 della legge 14 ottobre 1974, n. 497), senza aver preventivamente invitato le parti a «interloquire sul punto».
Questa Corte di legittimità ha successivamente chiarito che
«l’osservanza del diritto al contraddittorio in ordine alla natura e
alla qualificazione giuridica dei fatti di cui l’imputato è chiamato
a rispondere, sancito dall’articolo 6 CED U, comma primo e terzo,
lett. a) e b), e dall’art. 111, comma terzo, Cost., è assicurata anche
quando il giudice d’appello provveda alla riqualificazione dei fatti
direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione sul punto, in quanto l’imputato può comunque pienamente esercitare il diritto di difesa proponendo ricorso per cassazione ai sensi dell’art.

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colo 5 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, assertivamente invocata nel corso della discussione finale ai sensi dell’articolo 597,
comma 5, cod. proc. pen., deducendo che l’arma era scarica;
che le munizioni non erano reperibili in Emilia — Romagna; che
cessionario intendeva restituire la pistola considerata «una
schifezza».

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Fermo il potere, attribuito dall’articolo 597, comma 3, cod.
proc. pen. al giudice di appello di dare al fatto, pur in carenza
di gravame del Pubblico Ministero «una definizione giuridica
più grave» nei limiti della competenza del primo giudice, la
Corte territoriale non è incorsa nella denunziata inosservanza
del divieto della reformatio in peius.
Ha, infatti, irrogato, con congrua motivazione, la sanzione per
il delitto ritenuto (ragguagliando la reclusione al minimo edittale e contenendo l’importo della multa in prossimità del minimo) in misura inferiore alla pena base (anni quattro di reclusione ed euro mille di multa), applicata dal Tribunale per il delitto di cui all’articolo 23 della legge 18 aprile 1975, n. 110
(considerato il più grave tra tutti i delitti uniti in continuazione per i quali il ricorrente aveva riportato condanna in prime
cure).
9.2 — Privo di giuridico pregio è il secondo motivo.
Laddove la sentenza impugnata narra che col gravame il giudicabile postulò esclusivamente la elargizione delle circostanze attenuanti generiche e la riduzione della pena e che nella discussione finale del dibattimento di secondo grado si limitò
a instare, oltre che per l’accoglimento dei motivi, anche per
l’assoluzione dal delitto di cui all’articolo 23 della legge 18 aprile 1975, n. 110, il ricorrente, genericamente asserendo di aver
«fatto presente» in udienza che ricorrevano le condizioni per il
riconoscimento di ufficio della diminuente dell’articolo 5 della
legge 2 ottobre 1967, n. 895, non ha, tuttavia, offerto, come
era suo onere alla luce del principio della autosufficienza
del ricorso, la dimostrazione del proprio assunto, di aver
cioè — mediante memoria, ovvero mediante dichiarazione fatta

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606, lett. b), cod. proc. pen., trattandosi di questione di diritto la
cui trattazione non incontra limiti nel giudizio di legittimità»
(Sez. 2, n. 32840 del 09/05/2012 – dep. 21/08/2012, Damjanovic
e altri, Rv. 253267; cui adde: Sez. 2, n. 45795 del 13/11/2012 dep. 23/11/2012, P.C. e Tirenna, Rv. 254357; Sez. 3, n. 2341 del
07/11/2012 – dep. 17/01/2013, Manara e altro, Rv. 254135).

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Peraltro — è appena il caso di aggiungere —la Corte territoriale,
mediante l’operato apprezzamento (in punto di dosimetria della pena) della «gravità» della condotta delittuosa (v. sentenza, p. 6), ha comunque dato conto — adeguatamente e congruamente — della esclusione della diminuente del «fatto di lieve
entità».

9.3 Il precedente di legittimità evocato col terzo motivo nel
ricorso non suffraga l’assunto del ricorrente circa la supposta
legittimazione «a dolersi in sede di legittimità — pur in difetto della formulazione di alcun richiesta in proposito nel giudizio di merito — del mancato esercizio del potere-dovere da parte
del giudice d’appello, attribuitogli dall’articolo 597, comma 5, cod.
proc. pen.» di concedere di ufficio il beneficio della sospensione
condizionale della esecuzione della pena.

A dispetto della massima ufficiale (fedelmente riportata dal ricorrente, ma non correttamente estratta) dal testo integrale
della sentenza risulta che nel caso giudicato il beneficio in parola era stato «richiesto espressamente dalla difesa
[dell’appellante] in sede di conclusioni rassegnate in udienza»
nel dibattimento di secondo grado (v. Sez. 5, n. 37461 del
20/09/2005 – dep. 14/10/2005, Zoffoli, p. 4 della sentenza).
E per vero la giurisprudenza di questa Corte suprema di cassazione è pacificamente orientata nel senso che «il giudice di appello non é tenuto a concedere d’ufficio la sospensione condizionale
della pena quando l’interessato non ne formuli alcuna richiesta di
applicazione né nell’atto di impugnazione, né in sede di discussione, sicché il mancato riconoscimento del beneficio
non costituisce violazione di legge e non configura
mancanza di motivazione» (Sez. 4, n. 43113 del 18/09/2012
– dep. 07/11/2012, Siekierska, Rv. 253641; cui adde: Sez. 4, n.
11941 del 24/06/1991 – dep. 22/11/1991, Nannavecchia ed altri,

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inserire nel verbale, ovvero, infine, mediante la formulazione
delle conclusioni in esito alla discussione finale — sollecitato la
concessione, ai sensi dell’articolo 597, comma 5, cod. proc.
pen., della attenuante in parola.

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Rv. 188763; Sez. 1, n. 6908 del 08/04/ 1992 – dep. 11/06/1992,
Mortara, Rv. 190548; Sez. 1, n. 11642 del 03/11/1992 – dep.
04/12/1992, Lo Giudice, Rv. 192577; Sez. 1, n. 4977 del
05/04/1993 – dep. 13/05/1993, Costantini, Rv. 194563; Sez. 3,
n. 7911 del 12/08/1993 – dep. 21/08/1993, Todisco, Rv. 194662;
Sez. 5, n. 41126 del 24/09/2001 – dep. 19/11/2001, Casamassima,
Rv. 220254; e Sez. 3, n. 21273 del 18/03/2003 – dep. 15/05/2003,
Gueli, Rv. 224850; cfr., anche, in tema di mancata concessione
di ufficio di circostanze attenuanti: Sez. 6, n. 6880 del
27/01/2010 – dep. 19/02/2010, Mezini, Rv. 246139; cui adde:
Sez. 1, n. 3214 del 21/02/1992 – dep. 18/03/1992, Schiavone ed
altri, Rv. 189583; Sez. 5, n. 5553 del 18/03/1992 – dep.
12/05/1992, Zito, Rv. 190099; Sez. 1, n. 4978 del 12/10/1995 dep. 09/11/1995, Schirripa, Rv. 202675; Sez. 5, n. 496 del
17/11/1998 – dep. 16/01/1999, Bonotti, Rv. 212152; Sez. 6, n.
7960 del 26/01/2004 – dep. 24/02/2004, Calluso, Rv. 228468).
10. — Il ricorso di Capuano e le residue censure di Sautto sono
manifestamente infondati.
10.1 — Per Capuano, secondo le norme vigenti all’epoca della
commissione del fatto, ultrattivamente applicabili ai sensi
dell’articolo 2, comma 4, cod. pen. perché più favorevoli al reo,
considerati il titolo del delitto punito con pena non inferiore ad
anni cinque (ricettazione), l’epoca della commissione (3 settembre 2001), e il prolungamento, in ragione della metà, conseguito agli atti interruttivi, il termine della prescrizione massima (anni quindici) non è ancora spirato (a tacere del periodo
di sospensione del relativo decorso pari a duecentosessanta
giorni, v. sentenza impugnata, p. 6).
È appena il caso di ribadire che per il ricorrente la applicazione
delle disposizioni vigenti sulla prescrizione, alla stregua della
novella del 5 dicembre 2005, n. 251, risulta meno favorevole.
La recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale (sebbene
non riportata — per mero errore materiale — nelle epigrafi delle
sentenze di primo e di secondo grado, ma contestata all’ imputato alla udienza del 9 ottobre 2007, v. la trascrizione della re-

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10.2 Per il resto non ricorre — alla evidenza — il vizio della
violazione di legge:

—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a
quo applicato una determinata disposizione in relazione
all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
—né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo Corte di
appello esattamente interpretato le norme applicate, alla luce
dei principi di diritto fissati da questa Corte.

10.3 Neppure manifestamente ricorre vizio alcuno della motivazione.

Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come
illustrato nella narrativa che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione
(v. per tutte: Cass., Sez. I, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella,
massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. IV, 2 dicembre
2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta
a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.
Questa Corte non rileva nel tessuto motivazionale del provvedimento impugnato:

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lativa registrazione fonica, p. 9, e pacificamente ritenuta e applicata dai giudici di merito in entrambi i gradi del giudizio)
comporta, il duplice effetto della elevazione da otto a dodici
anni del termine ordinario di prescrizione (trattandosi di circostanza aggravante a effetto speciale) e dell’ulteriore elevazione
da dodici a venti anni del termine massimo, prolungato per le
interruzioni.

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— né il vizio della illogicità manifesta che consegue alla
violazione di alcuno degli altri principi della logica formale e/o
dei canoni normativi di valutazione della prova ai sensi
dell’articolo 192 cod. proc. pen., ovvero alla invalidità (o
scorrettezza) dell’argomenta zio ne per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di
inferenza tra le stesse e la conclusione (v., per tutte, da ultima:
Sez. Un. n. 20804 del 29/11/2012 — dep. 14/05/13, Aquilina e altri, non massimata sul punto).
Epperò i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di v itia della
motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di
merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’
termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.

11. — Conseguono il rigetto del ricorso di Sautto, la declaratoria
della inammissibilità del ricorso di Capuano, la condanna di
entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e del
solo Capuano — valutato il contenuto dei motivi e in difetto
della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua
ed equa, infra indicata in dispositivo.

P. Q. M.
Rigetta il ricorso di Sautto Giuseppe; dichiara inammissibile il
ricorso di Capuano Luigi; condanna i ricorrenti al pagamento

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— né il vizio della contraddittorietà della motivazione
che consiste nel concorso (dialetticamente irrisolto) di proposizioni (testuali ovvero extra testuali, contenute in atti del procedimento specificamente indicati dal ricorrente), concernenti
punti decisivi e assolutamente inconciliabili tra loro,
tali che l’affermazione dell’una implichi necessariamente e univocamente la negazione dell’altra e viceversa;

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Udienza del 7 novembre 2013

delle spese processuali e Capuano anche al versamento della
somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.

Così deciso, il 7 novembre 2013.

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